Sì, lo so, Enrico ha ragione a lamentarsi: a tenermi compagnia durante i pasti sono solo le rassegne stampa di RaiNews, e così anche oggi, come ogni mattina, ho fatto colazione con la Tv sintonizzata.
Come presumibile, buona parte della rassegna era dedicata all'annivesario del naufragio della Concordia, e alle celebrazioni sull'isola del Giglio. Per carità, giusto e doveroso ricordare: il dolore dei parenti delle vittime non è certo diverso un anno dopo, né chi ha vissuto quei momenti li ha meno vivi nella propria memoria. Però suppongo siano in tanti a trovare limitativo raccontare soltanto di Schettino, inchini e riverenze: personalmente preferisco ricordare questo anniversario con le parole di uno dei pescatori che quella notte c'era e non si è fatto domande prima di mettersi in mare per dare una mano, riportate in questo articolo di Città Nuova.
Sia chiaro: le parole dell'articolo non aggiungono nulla al già detto, né possono rendere giustizia fino in fondo a quanto parlare con lui mi abbia colpito; ma al di là di ciò che il pescatore mi ha raccontato, si capiva come nell'animo non solo suo, ma di tutta la popolazione del Giglio, non c'era né ci sarebbe stato tempo né intenzione di andare a distribuire colpe: anche il clamore mediatico sul comportamento dell'equipaggio è notevolmente ridimensionato nelle parole di chi ha visto di persona.
Per questo, piuttosto che ricordare quella «piccola parte dell'equipaggio che non ha fatto il suo dovere», preferisco ricordare i molti di più che nel cuore della notte sono saliti sulle loro barche, hanno aperto le porte delle loro case, e offerto cibo e coperte ai superstiti. Credo lo meritino molto di più. Non è questione di buonismo: giustizia non è solo riconoscere le responsabilità di chi ha sbagliato, ma anche i meriti di chi ha fatto il bene.
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