venerdì 28 novembre 2014

Un felice "matrimonio" per la New Morning e la Mater

Da qualche tempo non partecipavo alle serate degustazione della Brasserie; ma data la stagione - e il meteo irrimediabilmente ostile -, che invoglia a qualcosa di "caldo" e autunnale, l'ultima porposta di menù elaborata da Matilde e Norberto mi incuriosiva: lasagne alla zucca abbinate alla New Morning, una saison del Birrificio del Ducato, e pollo alle castagne e luppolo con patate al forno accompagnate dalla Mater, strong ale ambrata del Birrificio Un Terzo. Entrambi due nomi di tutto rispetto, per cui mi sono ripromessa di non perdere l'occasione.

Ancor prima delle lasagne ci è arrivato il bicchiere di New Morning, da cui saliva un notevole aroma di spezie e fiori - molto ben equilibrati dato che non ho sentito prevalere nessuno sugli altri, pur avendo colto il coriandolo e lo zenzero - ma soprattutto di pane fragrante: o almeno è stata questa la mia impressione, confermata anche al palato, a cui la New Morning appare in un primo momento discretamente dolce per poi virare verso un amaro delicato e una chiusura secca e dissetante. Il dolce della zucca - chapeau alle lasagne di Matilde, per inciso - vi si abbinava in maniera soprendente, creando un amalgama perfetto con la speziatura della birra e contrastando al punto giusto l'amaro finale, mentre per analogia vi si accompagnavano le note di pane - dopotutto, il pane alla zucca è un classico che non perde mai colpi.

Soddisfatta della prima portata, sono passata alla seconda di ben altro genere: la Mater è infatti una birra piuttosto impegnativa, come già fanno presagire da sotto il denso cappello di schiuma pannosa gli aromi di resina e quasi di liquore. Nel corpo assai robusto - in cui gli otto gradi si sentono tutti - il malto domina in maniera molto netta arrivando al caramellato, con qualche sentore caldo e pungente che mi ha ricordato il whisky in chiusura; quasi del tutto impercettibile il luppolo, per cui rimane una persistenza calda e dolce. Una birra così ha bisogno di un abbinamento "forte": e se la carne di pollo tendenzialmente non lo è, la salsa di malto e castagne lo rendeva tale, in uno sposalizio per analogia che quasi faceva venir voglia di bagnare la carne con la birra - no, intingere il cosciotto come fosse un cornetto no, non esageriamo. Anche questo un accostamento del tutto indovinato, e apprezzabile soprattutto dai palati forti.

Tirate le somme, la definirei una delle degustazioni meglio riuscite della Brasserie: non tanto e non solo per i piatti ben cucinati e per le birre di ottima qualità, ma soprattutto per gli abbinamenti che hanno saputo valorizzare al meglio gli uni e le altre. Una nota di merito va quindi ai mastri birrai, alla cuoca (Norberto, Matilde mi ha detto che ha cucinato lei, quindi se non è vero vedetevela voi) e a chi ha pensato gli abbinamenti: una conferma che il lavoro di squadra tra birrifici e ristorazione è una strada promettente.

giovedì 20 novembre 2014

Piccoli brassatori per grandi birre


Chiedo perdono all'Associazione Homebrewers Fvg se ho plagiato il loro slogan per il titolo di questo post: ma è appunto questa la notizia, ossia la fondazione di questa associazione che intende riunire gli appassionati di homebrewing della regione - a quanto pare numerosi e che ci sanno pure fare, come hanno dimostrato concorsi quali "Luppolando" o la notevole mole di discussioni in materia che si svolge sulla pagina Facebook di Accademia delle Birre (e non a caso gli accademici erano presenti in buon numero).

A quanto pare, quindi, i tempi erano maturi per dare una veste istituzionale alla cosa: e così martedì 18 alla Brasserie di Tricesimo, che ha sostenuto la costituzione dell'associazione, il fondatore dell'Accademia delle Birre - nonché primo socio onorario - Paolo Erne ha tenuto a battesimo l'Associazione homebrewers Fvg, alla presenza di Severino Garlatti Costa appena rientrato dalla sua esperienza di giudice al Brussels Beer Challenge. Presidente è Walter Cainero, il pluripremiato homebrewer di "Luppolando": se da un lato si può obiettare che sono sempre gli stessi nomi a ritornare, dall'altro è la dimostrazione che una volta creato un circuito e una "massa critica" di appassionati questo rappresenta un humus fertile per concorsi, incontri, tavole rotonde, serate di degustazione e qualsiasi altra iniziativa, di cui possono beneficiare tutte le realtà del territorio.


Fa quasi sorridere che, come ha sottolineato Walter (a sinistra nella foto insieme a Paolo Erne), l'associazione sia nata quasi in controtendenza rispetto al gran fermento - letteralmente - che c'è in rete: tutto a scapito dell'incontrarsi di persona ed avere uno scambio di idee e informazioni più "genuino", oltre al fatto che di certo le birre non si possono assaggiare via Facebook. C'è da dire infatti che l'interesse per l'homebrewing è in crescita, ma per ora gli appassionati sono riuniti un maniera preponderante da forum e simili: io stessa, nello scrivere qualche tempo fa un post in merito, ho avuto le mie difficoltà a reperire informazioni. Senz'altro dare una veste anche istituzionale a questa passione aiuterà ad avere una maggiore presenza mediatica al di là di questi forum e pagine Facebook, che, pur essendo magari molto frequentati, hanno il limite di arrivare ai soli interessati. Un passo avanti dunque per promuovere non solo l'homebrewing, la sensibilizzazione più al largo per quanto riguarda il consumo "consapevole" (passatemi il termine) di birra artigianale.

Nella serata di apertura l'Associazione ha raccolto una trentina di adesioni, ma le iscrizioni sono ancora aperte: per completezza di informazione, concluido dicendo che chi volesse tesserarsi può ancora farlo contattando la Brasserie.

martedì 18 novembre 2014

A tavola con la birra, parte seconda

Data la buona impressione che mi aveva fatto la prima serata "A tavola con la birra" organizzata dal "brewrestaurantpizzeria" (come l'ho scherzosamente definito) Sancolodi, la distanza tra Udine e Mussolente non è bastata per farmi desistere dal partecipare alla seconda: tanto più che questa volta era a base di pesce, con il significativo titolo "Un mare di birra". E di cibo, detto tra noi: dall'antipasto al dolce, erano previste otto portate accompagnate da altrettante birre di cui cinque della casa. Insomma, c'era letteralmente da affogare.

Anche questa volta ad aprire è stato un aperitivo di concentrato di pesca e Grizzly; questa volta ho avuto modo di assaggiarla anche "pura", e devo dire che, per quanto possa di primo acchito dare un po' l'impressione di "morire" in bocca, il gusto abbastanza netto di miele ritorna a scoppio ben ritardato, con una persistenza del tutto peculiare. Nota di merito poi all'aroma, che unisce abilmente il dolce del miele allo speziato del ginepro. A seguire, dei crostoni di pane di trebbie (ciò che resta dei cereali usati nella lavorazione della birra, per i non addetti ai lavori...la foto a loro beneficio) con ragù di alici sfumato nella lager "La Vita è bella" che accompagnava il piatto: indovinato l'accostamento perché creava un buon continuum, per quanto abbia trovato la lager assai meno agrumata e molto più secca della scorsa volta.

La prima birra non indigena - chiamamola così - è arrivata con la terza portata, le sardine ripiene alla birra in pastella di "Saison de Doittignes": birra stagionale estiva direttamente dal Belgio, che il buon Luca ha usato sia per bagnare il ripieno di pangrattato, olio, agli e acciughe che per la pastella. Un piatto da gustare alternando ciascun boccone ad un sorso, per "sgrassare" al meglio la sardina. Di più ho però apprezzato i moscardini confit cotti ne "La Vita è bella" con polentina al latte: proprio quest'ultima è stata la sorpresa, perché creava un'armonia di contrasti - perdonate l'espressione un po' ossimorica, ma non trovo altra definizione - tra i tre sapori, ed ho trovato che fosse proprio la polenta a "legarli".

Siamo poi passati ai ravioli di pasta fresca ripieni di crotacei sfumati nella birra e conditi con ristretto della stessa e "schie" (sorta di gamberetti), accompagnati dalla "Luna bianca": la blanche di avena e segale di casa Sancolodi, i cui netti aromi di coriandolo, cardamomo e pepe si sono confermati un ottimo abbinamento con il pesce. La sorpresa è però probabilmente staa il trancetto di tonno in crosta di nocciole e pinoli con la stout Guilty (nella foto): ammetto che non avrei mai abbinato un pesce ad una stout, invece la frutta secca ha fatto da ponte tra i due sapori, creando un connubio che mi ha sorpresa. Stessa cosa si può dire delle seppioline in purea di torbata, altro "sposalizio" che non avrei osato, e che invece ha funzionato questa volta in virtù della patata.

Devo ammettere che non mi ha invece entusiasmato l'abbinamento del cucchiaino (in realtà un cestino di pane) di sgombro e triglie con la lambic Boon: non ho apprezzato l'acidità della birra - per quanto funzionasse da ottimo sgrassante - perché ho trovato cozzasse con quel tipo di pesce. Opinione mia, magari, ma si sa che verso le lambic sono un po' prevenuta. In chiusura, la crema di imperial stout Samuel Smith ricoperta di granella alle nocciole. Anche qui, devo dire, avrei gradito un po' di stout piuttosto che la birra alle castagne: una bassa fermentazione che, pur avendo un corpo assai delicato all'interno del genere (non usa infatti castagne arrostite), ho trovato mal si abbinasse al dessert portando un gusto non solo troppo diverso ma anche che non si accompagnava. Insomma, dieci e lode a tutti i piatti, di qualità anche le birre prese singolarmente, unica pecca gli ultimi due abbinamenti dato che tutti i precedenti erano ben riusciti.

Un'ultima nota trovo doveroso rivolgerla all'ospitalità dei Sancolodi: mi sono infatti trovata a dire a Roberto che non solo è un locale "di famiglia" in quanto gestito da padre, madre e tre figli - con relative famiglie a loro volta -, ma anche perché riescono a far sentire "in famiglia" chi vi entra. E si sa che un buona birra è più buona se bevuta in un ambiente di "vera" compagnia.

martedì 11 novembre 2014

Una raffica di vento

Come promesso al birrificio Campagnolo, ieri sera ho fatto il sacrificio di stappare la Refolo: una lager scura tra le ultime novità del birrificio di Muggia, anche in questo caso battezzata ispirandosi alla proverbiale ventosità della zona - "refolo" significa "raffica", termine del dialetto veneziano tuttora in uso in terra triestina. Diciamocelo: la lager scura è un genere un po' infido. Perché, avendo in virtù dei malti torrefatti molto in comune con la ben più nota cugina ad alta fermentazione stout - dal colore, alle note di tostato e di caffè -, rischia di deludere chi, molto banalmente, si aspettava una Guinness: facile quindi cadere nella critica "Buona, ma c'è qualcosa che non mi torna", dimenticandosi che si tratta di due generi diversi e quindi non direttamente confrontabili - per quanto, almeno a sentire Meni e la storia della sua Pirinat, si possa riuscire a confondere le acque, anzi le birre.

La Refolo, comunque, sicuramente non lascerebbe insoddisfatto nemmeno il più accanito estimatore della stout - schiuma a parte, dato che è a grana piuttosto grossa e di color cappuccino. All'aroma il tostato è intenso e deciso, e al palato il caffè la fa da padrone pur senza risultare squilibrato rispetto al tostato di cui sopra: non sfigurerebbbe affatto a fine pasto, al posto della tradizionale "tazzulella" (no, non sono napoletana, ma l'espressione mi è sempre stata simpatica). Interessanti anche i sentori di fave di cacao - mi ha ricordato quelle che ho mangiato "a km 0" in Guatemala, per cui sì, vi garantisco che quello è il sapore delle fave - che arrivano a chiudere, e lasciano quasi una punta di asprigno che comunque non persiste.

La definirei una birra che non cerca di stupire, ma piuttosto di cercare quell' "eccellenza all'interno del genere canonico" verso cui tanti birrai artigianali sembrano ormai tornare dopo periodi di sperimentazione più o meno audaci: e se non mi sbilancio nel dire che sia "eccellenza", avendo pochi termini di confronto in quanto a lager scure tra le birre che ho assaggiato, senza dubbio è una birra di ottima qualità e ben riuscita. E senz'altro consigliabile ai caffeinomani: probabilmente è più salutare una pinta di Refolo che tre o quattro espressi in una mattina...

lunedì 10 novembre 2014

Django uncorked

Ok, so che non è bene infarcire i titoli di citazioni - tanto più in inglese - perché poi non si può pretendere che tutti le capiscano; ma anche questa volta cadeva davvero "a fagiuolo" il parallelo tra "Django unchained", "Django scatenato" (nel senso di liberato dalle catene), film di Quentin Tarantino, e "Django uncorked", "Django stappato". Perché Django non è solo il personaggio della pellicola, ma anche la nuova imperial stout del Birrificio Estense, che, come detto in un mio precedente post, mi ero ripromessa di assaggiare una seconda volta "a bocca pulita". E così, motivata anche da una giornata particolarmente intensa che ha imposto la necessità di ristorare adeguatamente corpo e spirito - letteralmente -, un paio di sere fa ho stappato la bottiglia che il buon Nicola mi aveva gentilmente affidato.

A colpirmi è stata in primo luogo la schiuma: per quanto non sia densa e cremosa come in buona parte delle stout, ma a grana piuttosto grossa, è di un color nocciola particolarmente carico, come non ricordo di averne visti altri. Il colore poi è di un corvino altrettanto intenso, tanto che Enrico ha esclamato scherzosamente "Se non sapessi che è birra, potrei confonderla con la Coca Cola". Meno male che non lo è, oserei aggiungere...
Per quanto l'aroma - su cui risalta molto il tostato, forse a scapito delle altre sfumature tipiche del genere - non sia particolarmente forte, una volta messo in bocca il primo sorso i conti vengono pareggiati: il cioccolato è infatti inaspettatamente intenso, tanto che mi sono immaginata la birra calda in tazza con un po' di panna sopra - forse non poi così tanto un sacrilegio, dato che esiste pur sempre la McChouffe calda. Anche le note di caffè e liquirizia non mancano e si armonizzano egregiamente, per finire con una punta di acido non particolarmente persistente che contribuisce a "pulire" il palato da una birra che può risultare impegnativa - anche dal punto di vista alcolico, dati i sette gradi.

Senz'altro una birra da ricordare per la sua intensità, e da bere con calma, magari davanti al caminetto - accompagnata da una buona fetta di birramisù - in una serata fredda, umida e piovosa: e dato il clima di questi ultimi giorni, temo proprio che bisognerà fare rifornimento...

giovedì 6 novembre 2014

Il re dei luppoli

In uno dei miei giri alla Brasserie, approfittando del fatto che si trattava della birra a rotazione in quel momento alla spina, ho colmato una delle mie lacune in quanto al birrificio Toccalmatto: ho infatti assaggiato la Re Hop, una American Pale Ale che definirei scherzosamente una American-German Pale Ale, data la sua peculiarità di unire un luppolo americano come il cascade a due tedeschi come il perle e il tradition. Insomma, un connubio tra vecchio e nuovo continente.

Il nome "Re Hop" (hop sta per luppolo, per i non anglofoni) è indubbiamente indovinato: basti dire che l'amica al tavolo con me, quando sono arrivati i bicchieri, ha messo da parte la sua blanche per annusare la mia Re Hop perché le era arrivata una zaffata di profumo così forte da incuriosirla. In effetti l'aroma intenso è il punto di forza di questa birra, tra il floreale e l'agrumato - ammetto di non aver percepito lo speziato, per quanto la descrizione lo magnificasse. Complice la schiuma abbastanza sottile e non molto persistente, mi sono gettata abbastanza presto sul primo abbondante sorso: ristoratore per la sete, devo ammettere, perché è parecchio beverina dato il corpo non troppo intenso - per quanto nettamente amaro - e la chiusura secca e aromatica, che fa da controparte a quanto "annusato" prima.

L'abbinamento con il petto di pollo alla griglia non era stato propriamente meditato, ma non è stato un errore: tanto più che la carne era leggermente speziata, per cui una luppolatura di questo genere faceva da buon accompagnamento. In conclusione la definirei una birra di qualità che mantiene la semplicità nella sua originalità - cosa non semplice da ottenere: detta in altri termini, di quelle che rifuggono dal "famolo strano" a volte di difficile beva e che ti verseresti con piacere bicchiere dopo bicchiere...