mercoledì 21 febbraio 2018

Tre novità al Cucinare

Pur con notevole ritardo, eccomi a scrivere qualche riga sulla mia esperienza al Cucinare di quest'anno. Come di consueto ho avuto il piacere di guidare le degustazioni di birra artigianale: quest'anno con (in ordine rigorosamente casuale) Birra di Naon, Couture, Birra di Meni, B2O, Birra Follina, Sognandobirra, Birra Galassia, Il Maglio e Birrificio dei Perugini (nuova conoscenza per me). Ad accompagnarli, gli abbinamenti gastronomici di Trota Blu, Alessio Brusadin, Adelia Di Fant, Danieli - Il Forno delle Puglie, Trattatibene, Il Cacio com'era, Pasticceria artigianale di Lenardo e Salumificio Billy Mio - che ringrazio per la disponibilità.

Non andrò nel dettaglio di tutti e nove gli assaggi e abbinamenti, sia per non tediarvi che per non farvi venire inutilmente sete; mi permetto solo una nota, essendo un birrificio nuovo per me, sul curiosamente azzeccato abbinamento tra strudel di mele-porter (nella fattispecie lo strudel di Di Lenardo e la porter del Birrificio dei Perugini, più improntata sui toni del tostato "acre" che su quelli tendenti al cioccolato, che ha creato un interessante contrasto con il dolce e l'acidulo della mela a cui faceva da "ponte" l'uva passa). Mi soffermo piuttosto su tre novità trovate lì, di cui due presentate proprio per l'occasione.

La prima è il barley wine de Il Maglio, "Inverno 1936", risultato di una cotta "sui generis" fatta nel 2016 - con un'importante luppolatura, mi è stato riferito, così da arrivare a bilanciare poi la dolcezza finale - maturata 10 mesi in botti di Amarone Superiore. In effetti l'Amarone risalta bene sin dall'aroma, tanto da caratterizzarlo subito come barley wine decisamente "veneto"; al palato è pieno e caldo, anche qui con note generose di frutta matura e legno che si fanno ben sentire sopra a quelle del malto; per chiudere poi in maniera calda ma senza lunghe persistenze dolci (come del resto mi era stato anticipato), aiutando così anche a mascherare la nota alcolica data dai 13 gradi. Per chi cerca sapori forti ma con un equilibrio d'insieme, e non disdegna il vino oltre alla birra.

La seconda è la Apollo di Galassia, definita "American Kolsch": verrebbe da dire che, nel proliferare degli stili, forse non si sentiva il bisogno di crearne un'altro ancora, ma i ragazzi di Galassia hanno a più riprese dimostrato di saper essere sì creativi ma con giudizio - del resto non ho mai nascosto il mio apprezzamento per la loro "saison ipa" - e quindi glie lo si può perdonare. La dicitura "American" è dovuta ai toni agrumati all'aroma insoliti per una Kolsch, anche se in questo caso la nota caratteristica è data da un luppolo tedesco, il mandarina bavaria - usato peraltro fresco. E in effetti la luppolatura è insolitamente evidente per una Kolsch, pur rimanendo nei limiti dell'eleganza; al palato è fresca e snella, come si conviene allo stile, per chiudere poi su un amaro secco e netto in cui ritorna, in seconda battuta, il mandarina. Per chi apprezza sì la discrezione ed eleganza della tradizione tedesca, ma anche qualche nota di colore in più.

Da ultimo la bitter che Meni produce per il Barile di Maniago, battezzata Pals, e definita "la bitter del nonno del birraio". E in effetti, come definizione è azzeccata, nella misura in cui vuole essere la bitter più semplice e tradizionale a cui si possa pensare: aroma tra l'erbaceo e il terroso di luppoli inglesi con una lievissima nota di tostato, corpo sfuggente ma non inconsistente sempre sugli stessi toni, e chiusura di un amaro secco e deciso ma non invadente, ad invogliare al sorso successivo.

Non mi resta che concludere ringraziando di nuovo tutti, dallo staff del Cucinare, ai birrifici, agli altri espositori.