venerdì 17 maggio 2013

Cjarsons e bire, benvignude in Friul

Rieccomi, dopo un lungo silenzio - giusto per citare il titolo del mio ultimo post. Non starò a sciorinare scuse del tipo "quanto ho dovuto lavorare", vi basti sapere che non ho trovato le risorse né temporali né di concentrazione per scrivere: per cui non mi dilungo oltre.

A darmi l'occasione per tornare su queste pagine è stata ancora una volta la buona vecchia (in senso affettuoso) birraia Matilde, che ha organizzato una degustazione Alla Brasserie di Tricesimo invitando ben due mastri birrai: Severino Garlatti Costa, del birrificio omonimo di Forgaria, e Gino Perissutti, del birrificio Foglie d'Erba di Forni di Sopra. Dato che la cosa sarebbe caduta in concomitanza con il compleanno di Enrico, la coincidenza era perfetta.

Oltre ad aver finalmente avuto l'occasione di assaggiare i cjarsons direttamente dalla Carnia (non furlanofoni, cliccate qui), la parte più interessante della serata è stata il dialogo con Gino e Severino: perché, diciamocelo, sorseggiare una birra mentre qualcuno ti spiega quello che stai facendo e come l'ha prodotta ti apre un mondo - oltre a costringerti a far finta di conoscere la differenza tra i diversi tipi di malto - e rende il tutto non soltanto una bevuta, ma una vera e propria esperienza culturale - e quindi meglio non esagerare, sennò poi da brillo non ti ricordi più nulla.


La serata è iniziata con la Saison di Foglie d'Erba, abbinata appunto ai cjarsons: sei gradi e non sentirli, dato che la filosofia di Gino prevede che "La birra ideale è quella che puoi bere quasi senza pensarci" (almeno fino al giorno dopo, chiaro). Del resto, qualche trucco aiuta: "Meglio non mettere troppo zucchero, come nelle birre belghe - ha consigliato - perché è quello che poi te la fa pesare". Ah, ecco perché in Belgio mi svegliavo sempre col mal di pancia. Per quanto avessi timidamente ammesso che le birre di quel genere, con una punta di acido, non sono tra le mie preferite, non ho potuto alla fine che mostrargli il bicchiere vuoto: insomma proprio così male non era, anche se a detta di Gino sarebbe mancata ancora qualche settimana di maturazione.

Più vicino ai miei gusti avrebbe in teoria dovuto essere la seconda birra, la Babel (sempre di Foglie d'Erba), una pale ale in stile inglese che ha ricevuto diversi riconoscimenti: ma devo ammettere che, specie se in abbinamento con un piatto degustazione - in questo caso frittata alle erbe, opera di Matilde - apprezzo di più qualcosa con un gusto meno deciso e in cui si senta meno l'alcol - anche se, paradossalmente, è meno alcolica della Saison. Ad ogni modo buonissima, sia chiaro.

Tra le opere di Severino ho invece avuto modo di provare la Lupus, una birra chiara, ben luppolata e asciutta. Non male, ma nulla in confronto alla Liquidambra che avevo assaggiato qualche tempo prima e che ricordo con estremo piacere: un'ambrata - come dice il nome stesso - che, pur con un principio quasi caramellato, lascia un contrasto luppolato nel retrogusto decisamente sorprendente.

Tutto questo è successo nel corso di una lunga chiacchierata, in cui ho avuto modo di farmi raccontare come lavorano i due birrifici e le filosofie di produzione - con tanto di dibattito tra Gino, accanito avversario dello stile belga, e Severino, che invece non lo disdegna: due realtà artigianali che lavorano su piccoli volumi - per quanto Foglie d'Erba arrivi a circa 2000 litri l'anno - e che per la promozione e la distribuzione si basano soprattutto sul web e sul contatto diretto con il cliente. "Entrare nella rete di distribuzione e mantenerla non è facile - ha ammesso Gino - per cui sfruttiamo soprattutto i circuiti di appassionati: un prodotto buono e fatto con passione non conosce crisi". Del resto, l'essere piccoli consente anche di sperimentare, uno dei passatempi preferiti di Severino: "Cerco continuamente nuove ricette usando anche i prodotti locali - ha raccontato - e i risultati sono sempre una sorpresa: essendo un prodotto artigianale, la stessa birra può variare anche considerevolmente da cotta a cotta".

Se poi si crede che tra i birrai ci sia grande rivalità, bastava vederli bere convivialmente attorno allo stesso tavolo per ricredersi: del resto i due hanno anche brassato insieme, e Foglie d'Erba ha collaborato con altri birrifici come Opperbacco, Dada, Busker's e Derek Walsh. Da ricordare poi è che i primi a consigliare di non esagerare sono proprio i produttori: come si legge nella brochure di Foglie d'Erba, "Promuoviamo un consumo moderato e consapevole: la birra buona è arte, non va sprecata". Prosit!