venerdì 22 agosto 2014

Oh oh cavallo

Quando mi hanno suggerito di farmi un giro al Samarcanda, birreria di Plaino assai difficile da trovare a meno che già non sappiate dov'è, la domanda mi è sorta spontanea: che il nome sia ispirato alla nota canzone di Roberto Vecchioni? E infatti è stata questa la prima domanda che ho fatto a Beppe, ex fotoreporter che ad un certo punto della vita alla macchina fotografica ha preferito la spina della birra. In effetti, avevo visto giusto: a tenere a battesimo il locale sono stati due due cavalli scolpiti nel legno, che nelle intenzioni di Beppe avrebbero dovuto far bella mostra di sé ai lati del bancone, evocando il celebre "Oh oh cavallo" della canzone. Almeno finché non ha visto il prezzo, assolutamente proibitivo: ma ormai il nome era scelto e registrato in Camera di Commercio, e così Samarcanda fu.

La prima cosa a colpire entrando al Samarcanda rimane comunque l'arredamento: tavolini e sedie d'antiquariato, una vastissima collezione di bottiglie, un tecnigrafo degli anni '50 dell'istituto Malignani, e una cassa di legno ottocentesca usata per spedire birra con tanto di timbro del Regno Sabaudo. Il tutto, assicura Beppe, recuperato quà e là nei mercatini, o rovistando nelle soffitte degli appassionati. Ne risulta quindi un ambiente assai curioso in cui sedersi a bere un bicchiere, il che non guasta come cornice.

A colpire ancor di più è però il listino: circa 400 birre - Beppe assicura che le tiene tutte...-, di cui alcune vere rarità più o meno sconosciute. Insomma, è da mettersi le mani tra i capelli nel districarsi tra tanto bendidio. La selezione è particolarmente notevole nel campo delle birre belghe e britanniche, con tanto di listino a parte dedicato alle Brewdog: e su una di queste a me ignota è caduta la mia scelta, la Libertine Black Ale. La scheda la definiva "una stout trasformata in Ipa", e devo dire che come descrizione è azzeccata: se all'aroma risaltano soprattutto il tostato e il caffè tipico delle stout, il corpo e ancor di più la persistenza rendono piena giustizia ai luppoli americani caratteristici della Ipa, equilibrando bene il contrasto così che non risulti sgradevole. Certo è parecchio corposa ed ha un grado alcolico non trascurabile (7,2), per cui forse prenderla in una calda serata d'estate non è stata l'idea migliore; ma l'ho comunque apprezzata, se non altro per l'unicità.

Il Samarcanda è aperto da solo un anno, ed è quindi in fase di evoluzione e sperimentazioni: una di queste è la prima edizione di "Luppolando", concorso per homebrewers aperto fino al 1 settembre, che si concluderà con la scelta delle cinque migliori opere da parte di una giuria di esperti sia italiani che stranieri (inutile dire che sarei assai curiosa di intrufolarmi, date le belle sorprese che mi hanno sempre riservato gli homebrewers, come già avevo scritto in questo post). Insomma, le idee non mancano, per cui le premesse per futuri sviluppi ci sono. Unica osservazione da fare, forse, la selezione di birre piuttosto sbilanciata verso quelle di una certa qualità e rarità e conseguentemente di un certo prezzo: il che certo risponde ad una precisa scelta di mercato e ad una altrettanto precisa "filosofia birraria", ma che magari - per quanto non manchino le birre più "abbordabili", in particolare tra quelle alla spina - può scoraggiare il non intenditore. In tutto e per tutto però, appunto per questo, un posto da consigliare in primo luogo agli appassionati - nonché a chi intenditore (ancora) non è, ma intende accostarsi a questo mondo -, perché quello che troverete qui non lo troverete altrove: corri cavallo, corri ti prego, fino al Samarcanda io ti guiderò...




venerdì 8 agosto 2014

Dal mastro birraio al mastro gelataio

Il gelato alla birra non è una novità: diversi birrifici, gelaterie, fiere e manifestazioni di settore da tempo lo propongono e in diverse varianti, da quelle più semplici fatte con una birra "qualsiasi" - passatemi il termine -, a quelle più ricercate, come il gelato alla Seducente (una american ale) di Birra Camerini, o quelli che saranno proposti all'Expo della Birra Artigianale di Monastier il prossimo ottobre. A Udine, però, non mi era mai capitato di trovarlo: così non ho potuto resistere alla curiosità quando ho visto un tipico carretto dei gelati a Spirito di Birra, la manifestazione a cui ero stata qui a Udine il mese scorso (e che mi ha destato qualche perplessità, che si fosse perso il post clicchi qui). Come del resto è accaduto in tutti gli altri stand, però, la gentile ragazza che mi ha fatto assaggiare il gelato non è stata in grado di dirmi nulla di più: così - meglio tardi che mai, lo so - sono andata ad informarmi direttamente dal "mastro gelataio", Mario Zanitti della gelateria Gusto Antico, a pochi passi da casa mia.

C'è da dire, innanzitutto, che la gelateria in questione non è una gelateria qualunque: aderisce infatti al progetto "Artisti del gelato", una rete promossa da Agrimontana, che richiede agli aderenti dei precisi standard negli ingredienti utilizzati - in questo caso latte rigorosamente di pezzata rossa friulana, solo frutti di stagione e comunque prodotti naturali. Misure certo osservate sempre più spesso dalle gelaterie artigianali, ma che in questo caso vengono garantite dalla rete come marchio di qualità. Per cui nell'assaggiare sono andata fiduciosa, anche perché avevo già avuto modo di testare le creazioni di Mario rimanendone soddisfatta.

Che avesse usato una birra bionda, era intuibile sinb dalla prima cucchiaiata; il nostro gelataio ha però salvaguardato il "segreto industriale" - "Mica posso sbandierare la ricetta..."-, dicendo soltanto che si tratta di una bionda tedesca su base "ibrida" tra crema e sorbetto. Va bene, non me la prendo, capisco, anch'io probabilmente farei lo stesso. Coerentemente con il fatto che sia stata usata una birra di questo genere, il sapore non è particolarmente forte: "Ne ho usato un litro e mezzo per quattro kg di gelato, non si ubriacherebbe nemmeno un bambino" ha scherzato Mario. In effetti l'alcool non era percepibile, per quanto un leggero pizzicorino sulla lingua ci fosse.


Gusto Antico ha offerto questo gusto anche in negozio per tutta la durata della manifestazione e per alcuni giorni al seguito; "Ma poi l'ho tolto - ha spiegato Mario - perché, per quanto di curiosi che l'hanno provato ce ne siano stati parecchi, la gente alla fin fine vuole sempre la nocciola". I gusti classici, insomma, che non tramontano mai. In effetti, devo dire che mi trovo d'accordo: non l'avrei provato se non per curiosità, semplicemente perché, per quanto fosse buono, se ho voglia di una birra bevo una birra, e se ho voglia di un gelato mangio un gelato. Insomma, se passate da lì vi consiglierei piuttosto di provare i gusti di stagione, per apprezzare al meglio il lavoro del gelataio.

Ad ogni modo, una cosa la devo ammettere: dato che la curiosità comunque ormai è suscitata, attendo di provare i gelati dell'Expo di Monastier...


lunedì 4 agosto 2014

Una birra...."randagia"

Dato che iniziavo a sentire la mancanza di una qualche birra nuova - non è che non abbia bevuto nulla per tutto questo tempo, cosa credete, è che erano tutte birre già conosciute...- ho optato per una puntatina in Brasserie, tanto più che da tempo non mi facevo vedere da quelle parti; e così come di consueto ne ho approfittato per provare la birra a rotazione, in questo caso la Stray Dog di Toccalmatto, una session ale inglese.

Dalla descrizione prometteva bene, tenuto conto che avevo una gran sete: veniva infatti definita "un'ambrata molto beverina", con "note di agrumi". Anche il grado alcolico basso (4,2) la qualificava come birra indicata in caso di gran caldo, per cui ho preso in mano il bicchiere fiduciosa.

In effetti è una birra insolitamente fresca all'interno del panorama delle ambrate, con note non solo di agrumi ma anche di frutta tropicale ben marcate sia al corpo che all'olfatto, al quale risaltano molto bene anche i luppoli. Nonostante non risulti particolarmente amara all'inizio, il finale ben secco prepara la bocca a una persistenza quella sì tutt'altro che dolce, in cui mi è sembrato di percepire anche una punta di acido: il che, pur non essendo particolarmente nelle mie corde a livello di gusti personali, riconosco che è una degna chiusura a quanto descritto sopra. Per quanto la mia preferita di Toccalmatto rimanga la Grand Cru - seguita a ruota dalla Zona Cesarini -, direi che anche in questo caso il birrificio di Fidenza ha fatto un buon lavoro.

Occhio però a non esagerare: essendo così beverina e poco alcolica va giù che è un piacere, specie se di fronte a te hai una birraia che ti rabbocca il bicchiere perché "prima ti ho dato troppa schiuma, aspetta che ti aggiungo un po' di birra sennò non bevi niente". Quando si dice la generosità...