Eppure un minimo di attenzione la meritavano, dato che, a vedere i numeri forniti dal servizio statistica della regione, c'è poco da stare allegri: dopo una crescita del Pil dello 0,6 per cento nel 2011, il 2012 l'ha visto cadere del 2 per cento; e anche il 2013, per quanto (secondo un'indagine della stessa Confindustria Udine) quasi la metà degli imprenditori preveda un aumento della produzione, dovrebbe portare un timido miglioramento soltanto nella seconda parte dell'anno.
Eppure, in mezzo ad indicatori quasi interamente con il segno meno, un settore che se la cava meglio di altri c'è: guarda un po' te, è quello agricolo, che nel 2011 ha messo a segno un +1,8 per cento nel valore aggiunto, addirittura un + 4 per cento nel 2012, e prevede un +1,6 per il 2013. Forse anche i tanti disoccupati dovrebbero farci un pensierino, visto che le assunzioni sono cresciute del 15,2 per cento. Numeri che stridono con quelli del settore industriale: ha perso il 5,1 per cento lo scorso anno, prevede un – 0,5 per il 2013, e ha visto le assunzioni diminuire del 17,6 per cento; per non parlare di quello delle costruzioni, il cui valore aggiunto è diminuito del 5,8 per cento nel 2012, e ha tagliato addirittura del 24,7 per cento le assunzioni. Non a caso anche l'industria alimentare, che a rigor di logica si suppone strettamente collegata, è stata uno di quelle che se l'è passata meglio: a trainarla sono state soprattutto le esportazioni, cresciute dell'8,9 per cento. In fondo, lo sapevamo che le bontà italiane all'estero fanno gola.
I prodromi di un ritorno alla terra? Presto per dirlo, anche perché come sempre i numeri vanno interpretati prima di trarre conclusioni; però ci sono diversi casi di giovani che ci fanno un pensierino. Mi limito a citare il caso dei fratelli De Rosso di Farra di Soligo (di cui ho parlato in questo articolo su Città Nuova, insieme a Maddalena Maltese), che dopo aver preso in mano il vigneto di un anziano agricoltore hanno aperto la loro cantina, lanciando il proprio brand (le Volpere) con tanto di sito internet. A sentir loro, le nuove generazioni possono giocare un ruolo importante nel rilanciare il settore, con la loro volontà di aprirsi al nuovo pur senza stravolgere le tradizioni e saperi atavici appresi dai più vecchi: magari le famose braccia rubate all'agricoltura torneranno davvero nei campi, non in senso dispregiativo, ma per fare quel lavoro in cui possono dare del loro meglio.
Evviva, tutti a lavorare la terra, allora! Ce lo auspichiamo!
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