lunedì 16 settembre 2013

Friulidoc, parte seconda: vegano è bello, se c'è la Toz

Come ho scritto nell'incipit dell'articolo per Il Gazzettino, pubblicato nell'edizione di Udine sabato 14, "Un ristorante vegetariano e vegano nel cuore del regno della salsiccia qual è Friulidoc suona quantomeno fuori luogo": eppure era proprio lì, alla Cucina Carducci, che mi avevano chiesto di andare per fare una recensione. Tamponata la birra col Pan di sorc, quindi, mi sono diretta verso Piazza XX settembre, dove la Elite Events & Design - società organizzatrice di eventi - ha usato gli spazi dell'ex libreria Carducci per proporre qualcosa che aveva davvero il sapore di sfida: che speranza può avere un locale del genere in mezzo ai cultori del frico e del San Daniele?

E infatti, quando sono entrata, il ristorante era piuttosto vuoto: ne ho così approfittato per fare due chiacchiere con Luca e Stefano, i due organizzatori, e capire che cosa era passato loro per la testa. In effetti, hanno ammesso, "Volevamo entrare a Friulidoc in maniera provocatoria: ma soprattutto offrire a tutti, vegeriani e non, una vera e propria esperienza gastronomica, e dimostrare che i vegetariani non mangiano solo insalate scondite". E in effetti, a onor del vero, nel menù l'insalata non c'era proprio: dai piatti tradizionali come la parmigiana di melanzane - rigorosamente senza formaggio, però: questa è vegana, ossia senza derivati animali - e la panzanella, a quelli più esotici come il chapati con l'hummus (nella foto) e gli straccetti di seitan con i funghi - non sapete cosa sono? Beh, è l'occasione buona per provarli - c'era di che smentire simili credenze. Il tutto condito con i vini della tradizione friulana, dalla ribolla gialla al refosco.

La novità della proposta, oltre che nel listino, stava nell'arredamento: tutto recuperato da cantine e rigattieri, mettendo insieme con sapienza vecchi tavoli e sedie scompagnate che apparentemente non avrebbero mai potuto stare a meno di dieci metri di distanza senza contravvenire ai più elementari canoni estetici, fino a creare un ambiente davvero originale. «Non abbiamo comprato niente - hanno assicurato i due, nella foto - la nostra filosofia è quella del riuso e del riciclo, stoviglie biodegradabili comprese. E del dare nuova vita al locale anche se solo per pochi giorni». Già, perché la Cucina Carducci è durata solo il tempo di Friulidoc: un azzardo sostenere le spese e l'impegno logistico - sono serviti due mesi di lavoro - per così pochi giorni? No, grazie a partner e sponsor, hanno assicurato: in primis i proprietari della libreria. Prova del tutto, i prezzi effettivamente contenuti.

Man mano che si avvicinava l'ora di pranzo, a dispetto delle previsioni, il locale ha iniziato a riempirsi: tanti curiosi, che entravano solo per dare un'occhiata al menu e poi finivano per sedersi, tanto che trovare un vegetariano lì dentro era classica storia dell'ago nel pagliaio. Soltanto uno tra tutti i clienti da me interpellati ha affermato di esserlo: gli altri erano frequentatori di Friulidoc stufi di frico, ex clienti della libreria, o persone richiamate dai ricordi perché "le sedie che ci sono qui dentro sono come quelle del nonno". Insomma, l'effetto curiosità paga. Tutti, poi, affermavano di aver mangiato bene: l'unica lamentela ricorrente è stata quella delle porzioni limitate da nouvelle cuisine, problema comunque aggirabile in una manifestazione enogastronomica dove il cibo certo non manca.

Se, come ha affermato Luca, "Il miglior commento da parte del cliente è il piatto vuoto", di commenti positivi in giro ce n'erano parecchi: a partire dal mio, che ho letteralmente spazzolato l'hummus e la crema di melanzane. A coronamento del tutto, la birra artigianale Toz: una bionda ad alta fermentazione, prodotta a Cividale dall'azienda Alturis - la stessa della birra Gjulia -, che essendo fresca e beverina si abbina praticamente a tutto senza cozzare con i sapori. Insomma, perfetta per me che di solito preferisco bere acqua ai pasti appunto per evitare simili conflitti.

«Spero scriverai bene di noi, allora» ha osservato Stefano, vedendomi felice e satolla. «Tranquillo - l'ho rassicurato - anche se qualcosa dovesse andare storto, il modo di dirlo senza sminuire il positivo c'è sempre». E in effetti, qualcosa che è andato storto c'è stato : dello strudel di pere e cioccolato mi è stata servita la parte finale, cosa che non sopporto - e vabbè, non potevano saperlo, direte voi - perché ha poco ripieno e tanta pasta sfoglia. Pasta sfoglia che però, in questo caso, aveva il merito di essere senza burro e aprire le porte di simili prelibatezze anche agli intolleranti come la sottoscritta: è proprio vero che anche negli errori qualcosa di buono - letteralmente - c'è sempre...


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