mercoledì 25 settembre 2013

Festival di Fiume, seconda tappa: La Furia dee Venexiane

La nostra prima nuova conoscenza della serata è stata quindi il Birrificio Artigianale Veneziano (Bav per gli amici), di Maerne di Martellago (Venezia): un'avventura nata un anno fa da sei giovani soci - di cui due a tempo pieno nello stabilimento - che hanno rilevato un birrificio già in attività. Proprio perché hanno potuto appoggiarsi ad una realtà già esistente brassano anche birre a bassa fermentazione, più difficili a trovarsi tra i microbirrifici di giovane età per una questione di impianti; ma si sa che non bastano gli impianti a fare una buona birra, per cui i nostri sei eroi avevano comunque davanti una bella sfida. Sfida a quanto pare vinta già ad un anno dall'apertura, dato che sul banco esibivano ben due attestati di birre prime classificate in diverse categorie al concorso "Birra dell'anno" 2013 di Unionbirrai.


Ce n'era di che incuriosirsi: così ci siamo avvicinati al loro stand dove ci hanno accolto Luigi, uno dei ragazzi del birrificio, e Roberto, uno dei loro agenti commerciali. Oltre che direttamente al birrificio e nei locali della zona, infatti, il Bav distribuisce le sue birre tramite una rete di agenti: e quale il nostro compiacimento nel venire a sapere che Roberto sta appunto curando l'espansione in Friuli, così che sarà più facile anche per noi rifornirci senza fare troppa strada. Il Bav, ci ha quindi spiegato Luigi, brassa due linee di birre non filtrate e non pastorizzate: "Le Furia - la pils, la rossa e la nera -, che abbiamo ereditato dalla precedente gestione; e le Venexiane, che invece abbiamo creato noi. E queste, beh, sono più buone" ha ammiccato. Non ne avevamo alcun dubbio, però dovevamo assaggiarle per crederci.

Pur non avendo nulla contro la Pale Ale - un'alta fermentazione in stile inglese - la nostra scelta è caduta sulle due birre che si erano classificate prime nelle rispettive categorie al concorso di cui sopra: così Enrico ha optato per la Pilsner, bassa fermentazione in stile tedesco, e io per la Bitter, alta fermentazione in stile inglese. Devo dire che non mi sono affatto pentita della scelta: una bella schiuma compatta, un gusto maltato ma non dolce - per quanto le descrizioni lo indicassero come "caramellato", non l'ho onestamente trovato tale - e un amaro finale che - questo sì - concordo nel definire "secco e pulito", senza "sorprese" di ritorno nel retrogusto - che tendenzialmente, nel caso del'amaro, tendo a non apprezzare.

Soprese che ho invece trovato nel bicchiere di Enrico: non ho certo assaggiato tutte le pils al mondo, ma questa di sicuro non ha nulla a che vedere con quelle usuali. L'aroma è di un erbaceo pungente; e se al gusto non lo è altrettanto, così da renderla parecchio beverina, il retrogusto riserva - appunto - un'inaspettata sorpresa ben dopo aver finito il sorso, ritornando con un'amaro che ricorda l'aroma iniziale. Insomma, per quanto la Bitter fosse più vicina ai miei gusti, riconosco che questa qui vince sotto il profilo dell'originalità.

Rimane poi la Unika, una birra speciale realizzata con luppoli freschi, che faceva bella mostra di sé in una bottiglia da litro e mezzo conservata con tutte le cure in una scatola di legno: ma considerando che ci mancavano ancora diversi stand, mi sa che sarà per la prossima volta...

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