lunedì 17 ottobre 2016

Festival Nonsolobirra, capitolo primo: alla corte di Cangrande

Sono tornata anche quest'anno, e con molto piacere, al festival della birra artigianale Nonsolobirra: che però, e Stefano Gasparini mi perdonerà, per me rimarrà sempre "Arte, Cultura e Luppolo" perché così l'ho conosciuto, e così mi è rimasto nei ricordi come uno dei primi a cui ho partecipato e a cui ho fatto alcune tra le conoscenze che reputo più care nel mondo della birra artigianale. Pur nelle dimensioni relativamente contenute, continua a confermarsi come evento di qualità all'interno di un panorama di fiere, sagre, feste e festini sempre più fitto. I birrifici presenti quest'anno erano sia vecchie conoscenze della kermesse - Birrone, Mastino, Ofelia, Jeb, Trami, Benaco 70, Estense, e Diexe distribuzione con Zahre, Fiemme e Montegioco ed altri ancora - che novità - Foglie d'Erba, Birra Perugia, ed alcune portate da Diexe: un festival che allarga i suoi orizzonti quindi, senza risultare ripetitivo di edizione in edizione.

Anche perché sono i birrifici stessi ad essere propositivi in quanto a novità: già alla prima tappa del pellegrinaggio, in casa Mastino, ho avuto modo di trovarne qualcuna - assaggiata nel contesto diuna piacevole chiacchierata con Oreste Salaorni, che ringrazio. La prima che ho provato è la loro nuova pils battezzata Milledue91 in onore di Cangrande della Scala (il 1291 è infatti il suo anno di nascita), brassata in decozione: già all'aroma colpisce per i profumi molto intensi ma armoniosi tra lo speziato e il floreale (i luppoli dichiarati sono Mittelfrüh e Tettnanger in dryhopping), cha fanno da preludio ai torni altrettanto robusti di cereale. Per quanto il corpo, coerentemente con l'insieme, sia più robusto della media delle pils, lascia comunque presto spazio ad una chiusura ben amara e secca e molto persistente: una birra che ci siamo trovati scHerzosamente a definire "imperial pils" - facendo il verso alla mania del giorno d'oggi di mettere l'aggettivo "imperial" davanti a qualsiasi stile, solo per indicare che si tratta di una birra più robusta (non sotto il profilo alcolico, però perché fa 5 gradi) - e che sicuramente si addice a tutti coloro a cui buona parte delle pils "non dicono niente". Oreste l'ha peraltro definita "un parto difficile", una birra frutto di un lungo lavoro: e del resto si capisce che nulla è lascitao al caso, per ottenere un tale equilibrio dell'insieme pur lavorando con toni forti all'interno di uno stile "delicato".

Dopo un breve passaggio per la belgian strong ale Vicarium - in stile, senza particolari fronzoli - sono approdata alle sour: fronte su cui Mastino negli ultimi anni ha saputo distinguersi, tanto da essere una presenza costante nella bottaia dell'Arrogant Sour Festival. La prima che ho provato è stata la Duchesse, una saison a cui è stata aggiunta uva fragola per avviare la fermentazione spontanea, marasche e ciliegie. In effetti ricorda il fragolino, in particolare all'aroma; in bocca a risaltare è invece la fragola vera e propria, che si impone sulle marasche (nonostante Oreste mi abbia riferito che, in proporzione, questa sono quattro volte tante rispetto alle fragole). La chiusura è decisamente dolce, pur senza obliterare del tutto la punta di acido che "pulisce" la bocca: una sour gradevole e del tutto abbordabile anche chi si accosta per la prima volta alle acide, nonché da consigliare agli amanti delle birre alla frutta.

Da ultima, dato che il meglio arriva sempre alla fine, Oreste ha calato l'asso con la sour all'Amarone: il frutto di oltre due anni di lavoro e paziente attesa, tra una prima fermentazione in acciaio, una seconda in tonneaux con l'aggiunta del 20% di mosto completo di Amarone, e otto mesi di riposo in barrique (Oreste mi correggerà se ho sbagliato qualcosa, del resto davanti a premesse di questo genere è chiaro che l'attenzione agli appunti cala). Anche qui i sentori caldi e pieni di vino rosso la fanno da padroni, con profumi di frutta matura (amarena su tutte); note di legno e di tannino sì presenti, ma in maniera del tutto equilibrata ed armoniosa (anzi, quelli tanninici proprio nelle retrovie direi), senza essere invasivi. Personalmente l'ho molto apprezzata, per come ha saputo sposare birra ed Amarone in maniera encomiabile. Vale la pena peraltro precisare che stiamo parlando di una birra di dodici gradi alcolici: da bene (ed apprezzare) a piccole dosi.

E mi fermo qui per quanto riguarda la prima tappa: rimanete sintonizzati...

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