Domenica scorsa, su invito dell'amica wineblogger Elena Roppa di It's a wine world, sono stata a Rosso DiVino, una degustazione - come il nome stesso lascia intuire - organizzata dalla cantina Ronc Soreli di Prepotto. Veramente il vino in sé e per sé non mi entusiasma, ma non sia mai che si rifiuti un invito; tanto più che di contorno alle degustazioni ci sarebbe stato un mercatino di prodotti artigianali ed enogastronomici locali, che sicuramente avrebbe meritato un'occhiata. Così mi sono avventurata con Enrico ed una famiglia di amici, sfidando le condizioni meteo non proprio promettenti.
Non mi lancerò in dotte dissertazioni sulla qualità dei vini, pena il rischio di uscirmene con delle enormi corbellerie: non è il mio lavoro, lasciamolo fare a chi ne sa - come appunto Elena. Mi esprimerò piuttosto sul resto delle bancarelle presenti, di cui alcune parecchio curiose: ad attirare l'attenzione di Enrico è stato un antiquario che esponeva gli oggetti più bizzarri, da vecchi ferri da stiro a candelabri; una signora che lavorava il feltro, realizzando accessori per la casa e per l'abbigliamento; nonché il banco della latteria di Savorgnano, che offriva tre tipi di formaggio davvero particolari - un gorgonzola stagionato, un ubriaco e un frant aromatizzato al cren, la vera chicca della casa.
Ad attirare la mia è invece stata piuttosto la pasticceria Giudici di Trieste, lì rappresentata dal buon Alessandro, ormai alla terza generazione di pasticceri: ad iniziare è stato il nonno, 33 anni fa, mentre lui ha le mani in pasta - letteralmente - da 15. La pasticceria offriva tra le sue creazioni tre tipi di biscotti: al cioccolato bianco e tè earl grey, al cioccolato bianco e caffè - "Altresì detti al capo-in-b", come chiamano a Trieste il macchiato servito nel bicchiere - e al cioccolato e fior di sale. Se i primi non mi hanno del tutto convinta, perché il cioccolato era un po' troppo marcato per i miei gusti, con i secondi ho dovuto ammettere che i due sapori si sposano davvero bene; mentre i terzi, che all'inizio lasciano intendere soltanto il cioccolato, al retrogusto - come una buona birra, mi verrebbe da dire - riservano la sorpresa di una punta di salato veramente spettacolare. Insomma: se sui primi si può fare di meglio e sui secondi si comincia a ragionare, i terzi sono il pezzo unico.
Lì accanto c'era però anche una sorta di tortino, a proposito del quale una signora ha chiesto "E questo come si chiama, Meraviglia?". "A dire il vero, non ci ho ancora dato un nome" ha risposto Alessandro. Al che il mio alter ego Chiara-faccia-di-bronzo ha preso possesso di me, chiedendo spudoratamente un assaggio pur avendo già ampiamente pascolato sui biscotti. Devo dire che ne è valsa la pena: trattasi infatti di un tortino di cioccolato, frutta secca e grappa del collio. Quest'ultima la definirei il segreto della ricetta, perché dà alla pasta un aroma che non avevo mai trovato prima: se vi piace la grappa del collio, tanto meglio perché il sapore è molto marcato, ma anche se non vi piace fidatevi che ne vale la pena, perché accompagna in maniera egregia il resto dei sapori. Insomma, se i romani dicevano "dulcis in fundo" perché il meglio sta alla fine, un motivo ci sarà...
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