mercoledì 16 ottobre 2013

Chissà com'è la birra in Nepal

Forse chi di voi conosce me e famiglia, avrà immaginato che la birra in regalo di cui avevo parlato nel penultimo post fosse per mio fratello, neo dottore in ingegneria industriale. Glie l'ho portata il giorno della proclamazione, ma, in ossequio alla massima secondo cui chi beve senza offrire all'inferno va a finire, ha gentilmente atteso che fosse presente anche Enrico - che quel giorno non c'era - per stappare. Del resto, l'aveva detto anche Matilde: quella è una birra che va condivisa, perché è così corposa che berla tutta da soli diventa impegnativo.

Trattasi di una Embrasse del birrificio De Dochter, direttamente dalle Fiandre in produzione limitata con tanto di bottiglia numerata: una scura in stile belga prodotta - come magnifica l'etichetta - usando esclusivamente malti, senza alcuna aggiunta di zucchero - e ce ne devono essere parecchi se raggiunge i 20 gradi plato (per i non adepti, l'unità di misura della densità di zuccheri disciolti: per avere un termine di paragone, una birra "normale" ne ha attorno ai 12). Come direbbe il buon Gino del Foglie d'Erba, comunque, tanto meglio: se usi il malto invece che lo zucchero per fare grado (alcolico, questa volta) vuol dire che dà meno alla testa.

Già all'aroma le peculiarità si notano: sembra quasi di avere a che fare con un vino o con un liquore, più che con una birra. In quanto al gusto, mi sono trovata scherzosamente a definirla la versione alcolica - 9 gradi, per la precisione - dell'orzo caldo che tante volte mi faccio la sera: perché davvero il malto è così preponderante da far sentire quasi esclusivamente l'orzo, che rimane quasi intatto al retrogusto. Retrogusto che comunque non è affatto dolce, perché a quel punto fa finalmente capolino quella punta di luppolo che lascia - senza però alcuna connotazione negativa in questo caso - l'amaro in bocca.

Una birra da intenditori, insomma: buona, ma da bere con cognizione di causa e moderazione, perché è così corposa che ogni sorso è un impegno - e l'alcol si sente tutto, per quanto mi tocchi ancora una volta dar ragione a Gino sul fatto che il problema in realtà è lo zucchero.


Detto ciò, è ora di spiegare il titolo di questo post: spento il computer partirò per un trekking di due settimane in Nepal, insieme a mio fratello. Il programma prevede di raggiungere al campo base dell'Himlung due amici di nostro padre, e quindi proseguire con loro attorno all'Annapurna attraverso il Mustang: un tragitto particolarmente interessante in quanto tocca zone da poco aperte al turismo, e quindi pressoché sconosciute. Che dire? Ci rivediamo su questi schermi tra due settimane, e chissà com'e la birra in Nepal...

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