Dopo una lunga deviazione in terreno gastronomico, eccomi ritornata all'ovile - ossia alle birre, e più specificatamente alla Brasserie. Veramente eravamo andati lì con i migliori propositi, ossia comprare una bottiglia a scopo regalo, bere qualcosa di veloce giusto per la compagnia, e andarcene; ma poi abbiamo casualmente trovato lì il nostro buon amico Giovanni - arrivato nel locale perfettamente insieme a noi: mai successo che ci incontrassimo con puntualità - insieme ad un collega, e la serata ha preso tutt'altra piega.
Ultimamente in Brasserie sono arrivate diverse birre nuove, per cui l'imbarazzo della scelta era più pesante del solito; ma per pura curiosità mi sono diretta subito su di un birrificio che non conoscevo, l'Extra Omnes, di cui troneggiavano in frigorifero una serie di bottiglie dalle descrizioni l'una più bizzarra dell'altra. Meglio la Zest, "dorata con "vibrazioni" verdi, con un netto fruttato
maturo di pesca noce bianca, uva spina e litchi quasi a coprire una
delicata speziatura"? Oppure la Bruin, dalla schiuma "color cappuccino" con "dolci tostature olfattive di polvere di cacao e cioccolato amaro che vengono esaltate dal fruttato di marrons glacés"? O forse la Hopbloem, di cui "al naso spiccano i riconoscimenti di citronella, melissa e di un fruttato che vira dall''agrumato al tropicale"?
Alla fine a convincermi è stata la Migdal Bavel, se non altro per la lista di gusti e profumi che esibiva - e che mi ha ricordato un po' la Pannepot, non tanto per i sapori che sono diversi, quanto appunto per la loro ricchezza: "Schiuma bianca molto compatta.
Dorato brillante con un netto riflesso rame.
Spezie, incenso, lime, cera d’api.
In bocca si alternano l’amaro vegetale del luppolo, verticale e svelto, con quello semantico della mirra, profondo e persistente". Della serie, va bene le spezie, ma l'incenso, la cera e la mirra non mi erano proprio mai capitate: unite al nome del birrificio - la frase pronunciata all'inizio del conclave, quando i cardinali fanno uscire tutti dalla Cappella Sistina - ce n'era di che soprannominarla una birra, se non papale, quantomeno ecclesiastica.
Devo dire che l'aroma non ha deluso: avvicinando il naso al bicchiere, la girandola di profumi era davvero unica, e allo stesso tempo così ben amalgamata che non avrei saputo nemmeno distinguere bene l'uno dall'altro se non mi fossi aiutata con la descrizione - e vabbè, sarò pure una principiante...A lasciarmi un po' perplessa è purtroppo stato il sapore: non perché sia deludente, anzi, la luppolatura è notevole e piacevolmente dissetante; ma piuttosto perché tutti quegli aromi che avevano stuzzicato l'olfatto sembrano sparire, salvo poi ritornare almeno in parte al retrogusto. Insomma, dulcis in fundo, volendo rimanere nel latino. In tutto e per tutto, comunque, una birra da provare, così come credo lo siano anche le altre della casa.
Enrico invece, giusto per rimanere in tema papale, ha scelto senza esitazioni la Gregorius: una birra trappista prodotta però in Austria, che aveva stuzzicato anche me, ma mi aveva scoraggiata con i suoi 10 gradi dopo l'esperienza di difficile nottata post Pannepot. E in effetti qualcosa in comune con la Pannepot oltre al grado ce l'ha - ovviamente l'ho assaggiata, che credete? -: anche questa è scura, dalla schiuma pannosa, e dal gusto tostato tendente al caramello e al miele. Però non è speziata, e il finale è notevolmente più liquoroso: pienamente nelle corde di Enrico dunque, che predilige le birre di questo genere, e meno nelle mie. Insomma, perfetta a parte questo.
A chiudere la serata, la curiosità per la birra che avevamo comprato per un regalo e che speriamo che il beneficiario ci faccia assaggiare: ma questa è un'altra storia, sennò gli roviniamo la sorpresa...
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