Come credo sia intuibile, una tipa come me preferisce di gran lunga festeggiare il carnevale con una buona birra piuttosto che con crostoli e frittelle (che comunque non disdegno: ma se proprio bisogna scegliere, non c'è paragone). E così ho riesumato il mio autentico vestito cinese in pura seta - o che almeno mi ha venduto come tale una vispissima dodicenne con gli occhi a mandorla al mercato di Porta Portese, facendo da interprete tra il romanesco e il mandarino per l'anziana nonna proprietaria della bancarella - e truccata di tutto punto sono andata con Enrico alla Brasserie, dove Matilde e Norberto avevano preparato una festa di carnevale con estrazione a premi per chi si fosse presentato in maschera.
Come di consueto, ho per prima cosa dato un'occhiata a che cosa c'era alla spina: la Brasserie tiene sempre a rotazione delle birre che diversamente sono disponibili soltanto in bottiglia, e qualsiasi esperto vi dirà che alla spina "è tutta un'altra cosa". Ammetto di non riuscire sempre a cogliere la differenza tra le due opzioni all'interno dello stesso tipo di birra, ma mi sono detta che stavolta ne doveva valere la pena dato che la birra in questione era la Hot Night at the Village (chiamata così in onore del Villaggio della Birra di Siena) di Foglie d'Erba: alias una signora porter che si è agguindicata la medaglia d'oro al Brussels Beer Challenge, nonché un posto d'onore nella mia personale classifica. Gino me ne aveva infatti procurata una bottiglia in occasione di Friuli Doc, che con Enrico avevo gustato a casa con estremo piacere; per cui a questo punto provarla alla spina era d'obbligo.
Rispetto alla bottiglia, in questo caso un di più che offre la spina è sicuramente la schiuma: densa e compatta, quasi cremosa - vabbè, non immaginatevi una Guinness che è tutt'altra cosa, però non c'è male - che offre un ottimo biglietto da visita insieme all'aroma ben tostato ancor prima di aver bevuto un solo sorso. Il corpo, nonostante la tostatura e la maltatura decisa, non è eccessivamente robusto: le note di liquirizia e di caffè, pur ben distinguibili, non sono particolarmente persistenti, così come i luppoli che danno il loro contributo alla rosa di profumi e smorzano il dolce del malto. Una birra che definirei quindi equilibrata nonostante tutto questo bendidio di aromi e gusti, e quindi assai più beverina rispetto ad altre dello stesso tipo - peraltro non è nemmeno molto alcolica, poco più di 5 gradi. Insomma, alla spina o in bottiglia, si conferma tra quelle che più gradisco.
Al di là della birra, una nota di merito va riservata agli stuzzichini che Matilde, Norberto e collaboratori avevano preparato con le loro mani ed elargivano con generosità (fin troppa, oserei dire, sono uscita che ero ben sazia) in occasione del carnevale: soprattutto a
i muffin salati con prosciutto e funghi, particolarmente ben riusciti, e alle fettine di polenta con uovo e formaggio (si, avete letto bene: le avevo prese per una frittata e detto così suona assai strano, però merita). Nota tecnica, all'estrazione a premi non ho vinto nulla. Vabbè, ho capito: da oggi quaresima...
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