
In effetti, uno dei capisaldi della scuola di pensiero di Gabriele è la sperimentazione: per quanto ammetta che parte della bravura di un mastro birraio artigianale stia nella capacità di saper riprodurre esattamente la stessa birra, appunto perché le variabili sono moltissime e difficili da controllare, dall'altro diffida dal considerarsi "arrivati" quando si ha messo a punto una ricetta e dal ripeterla sempre identica - cosa che, a volte, è una battaglia persa.
E a questo proposito l'occhio mi è caduto su una bottiglia che non avevo mai visto, la Kaos Ale. "Nasce proprio per questo - mi ha spiegato -, come birra aperta alla sperimentazione, sempre in lavorazione. Insomma, un grande caos, che in fin dei conti è ciò che muove il mondo". In realtà, la cosa non nasce solo da un'idea balzana di Gabriele: "Diversi birrifici a fine anno brassano con le rimanenze di magazzino - mi ha raccontato -, e ho preso spunto da questo: luppoli che nessuno mai sceglie, o lieviti che di solito vengono usati in maniera diversa". Ogni cotta, quindi, è una cosa a sé: "Si osa, ci si permette anche l'errore. Direi che nasce dal caos mentale nostro". L'unica cosa a rimanere uguale è il grado plato. A dire il vero, nel parlare della Kaos Ale sarebbe meglio usare il futuro: le bottiglie in bella mostra sullo stand a Pordenone erano infatti un'anteprima, non ancora bevibile perché bisogna aspettare il tempo di maturazione necessario. Però se non altro la cosa incuriosisce, per quanto sia ancora presto per esprimersi sui risultati.

Nessun commento:
Posta un commento