lunedì 31 marzo 2014

Cucinare, parte quarta: la teoria del Kaos

Come già anticipato, tra i vari stand c'era quello di Valscura: probabilmente uno dei birrifici che conosco meglio, per quanto la lista delle loro produzioni sia lunga e non possa ancora vantarmi di averla provata tutta. Dietro alle spine come di consueto c'era Gabriele, che senza nemmeno dire nulla mi ha messo davanti un mezzo bicchiere di Valscura (chi non la conoscesse, legga qui). "Assaggiala adesso - mi ha intimato perentorio - . Mi hanno fatto togliere tutti quei malti e quelle spezie che danno il sentore di cioccolata, è rimasto solo quello di caffè. Mah, a me piaceva di più prima".

In effetti, uno dei capisaldi della scuola di pensiero di Gabriele è la sperimentazione: per quanto ammetta che parte della bravura di un mastro birraio artigianale stia nella capacità di saper riprodurre esattamente la stessa birra, appunto perché le variabili sono moltissime e difficili da controllare, dall'altro diffida dal considerarsi "arrivati" quando si ha messo a punto una ricetta e dal ripeterla sempre identica - cosa che, a volte, è una battaglia persa.


E a questo proposito l'occhio mi è caduto su una bottiglia che non avevo mai visto, la Kaos Ale. "Nasce proprio per questo - mi ha spiegato -, come birra aperta alla sperimentazione, sempre in lavorazione. Insomma, un grande caos, che in fin dei conti è ciò che muove il mondo". In realtà, la cosa non nasce solo da un'idea balzana di Gabriele: "Diversi birrifici a fine anno brassano con le rimanenze di magazzino - mi ha raccontato -, e ho preso spunto da questo: luppoli che nessuno mai sceglie, o lieviti che di solito vengono usati in maniera diversa". Ogni cotta, quindi, è una cosa a sé: "Si osa, ci si permette anche l'errore. Direi che nasce dal caos mentale nostro". L'unica cosa a rimanere uguale è il grado plato. A dire il vero, nel parlare della Kaos Ale sarebbe meglio usare il futuro: le bottiglie in bella mostra sullo stand a Pordenone erano infatti un'anteprima, non ancora bevibile perché bisogna aspettare il tempo di maturazione necessario. Però se non altro la cosa incuriosisce, per quanto sia ancora presto per esprimersi sui risultati.


Nel frattempo, dunque, meglio darsi a cose concrete: così, data la Pasqua che si avvicina, ho portato a casa una bottiglia di Passionale, la birra pasquale, che ho poi stappato la sera successiva. Se siete amanti dei luppoli e delle birre beverine dimenticatela, ma se vi dilettate nel malto e nei sapori caldi, al contrario, non la dimenticherete: un'ambrata doppio malto a tripla fermentazione, dagli aromi vinosi e da bere a piccoli sorsi, data la complessità del corpo - che ricorda il moscato, unito alle note di malto ben decise  - e la gradazione alcolica - otto gradi. Poco persistente, lascia in bocca un sentore dolce notevole, quasi a far credere che il luppolo non ci sia proprio. Impegnativa, ma che dà soddisfazione alla fine dello sforzo (capirai che fatica). Insomma, ho spuntato un'altra birra da provare nella lista di Valscura; ma, se adesso parte la produzione della Kaos Ale, in fondo non si arriverà mai...

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