Sconosciuto infatti non era solo il nome del birrificio, ma anche lo stile di una delle birre pronte sulla spina - la Foxy Lady - definita come "California common beer": dato che non ne avevo mai assaggiata una prima, era d'obbligo andare a scoprire di che cosa si trattasse. In effetti, mi ha confermato il mastro birraio Nino, questo è l'unico birrificio in Italia - o perlomeno l'unico di cui lui abbia notizia - a brassare secondo questa tecnica: una ricetta nata appunto in California all'epoca della corsa all'oro, quando - a causa della calura di quelle zone - ci si trovò nella necessità di far lavorare i lieviti da bassa fermentazione a temperatura più alte. Una fermentazione "ibrida", che al Bad Guy usano per produrre quello che definiscono "un classico del pre-proibizionismo americano" dal colore ramato.
In realtà, all'inizio, sono rimasta piuttosto perplessa: sarà stato il raffreddore, ma come aroma non sentivo proprio nulla. "No no, tanquilla, è normale - mi ha rassicurata Nino - non è una birra pensata per questo". Va bene, allora assaggiamo. Anche qui, nulla di che: corpo leggero, con note di malto delicate, però...dov'era la particolarità? "No no aspetta, fidati", ha aggiunto Nino. E infatti non sono bastati più di cinque secondi per capire dove stava la peculiarità: un finale notevolmente amaro e assolutamente inaspettato, forse impegnativo per certi versi, ma senz'altro diverso da qualsiasi altra birra che abbia provato prima. Bene, mi sono detta, abbiamo capito il perché della California Common Beer: che altro c'è?
Siamo così passati alla Rocket Queen, una Ipa; "Anzi, una Pipa - ha specificato Nino -, una Pacific India Pale Ale. Però abbiamo preferito commercializzarla con il nome classico, a scanso di equivoci...".Beh, si capisce, anche se magari sul mercato una birra con un nome del genere avrebbe fatto furori. Ad ogni modo, qui il vero gioiello sono i luppoli: ben cinque - tra americani, europei e neozelandesi - su una base di malto Pilsener. E' forse su questa girandola di aromi e sapori che più si nota la maestria del mastro, perdonatemi il gioco di parole, perché risultano ben equilibrati tra loro, in un mix che non finisce per essere eccessivo. Una di quelle birre che ti invita a berne ancora dato il finale discretamente secco, alla faccia dei sette gradi e mezzo che, oltre un certo limite, possono porre problemi.
A questo punto mancava solo la Anastasia, una American pale ale. Diciamo che questa rimane più sul classico del genere: ben luppolata, tendente all'agrumato, con una persistenza amara assai decisa. Buon lavoro indubbiamente, ma ha confermato la mia idea che, per quanto il "pezzo unico" del Bad Guy in quanto a stile sia la Foxy Lady, in quanto a gusto è decisamente la Pipa - checché se ne dica dei doppi sensi.
Ultima curiosità: la ragazza allo stand mi ha raccontato che il nome del birrificio è nato sentendo Dick Cheney, allora vicepresidente degli Stati Uniti durante l'amministrazione Bush junior, dire che nelal guerra al terrorismo avrebbero stanato i "bad guys", i cattivi ragazzi: insomma, si sono scelti un nome che è tutto un programma.
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