Ho avuto modo di conoscere la storia del locale alla presentazione del progetto regionale Imprenderò per la consulenza alle startup - tra cui, appunto, il ristorante in questione. In
momenti difficili, puntare su chi già ha problemi può sembrare
azzardato: ma al di là del fatto che «non posso nascondere che
esistono sovvenzioni significative per questi lavoratori – mi ha confidato
Enos Ceschin, membro della cooperativa presente alla presentazione – tutto nasce dal pensare al
futuro di chi è meno fortunato». Peraltro, non è detto che si
tratti di una pazzia: come ha notato Alessandra Groppi, tutor del progetto,
«le dinamiche sociali che si creano attorno ad un ristorante di
questo tipo sono notevoli, e consentono di integrare lo sforzo di più
persone sul territorio. È la forza del sociale». Inoltre, è
sbagliato credere che questi lavoratori siano un ostacolo: «spesso
non sono affatto svantaggiati dal punto di vista relazionale, e se
vado al ristorante e ho voglia di un sorriso, me lo sa dare meglio
una persona così. Sarebbe un peccato chiuderla in una fabbrica a
fare assemblaggio».
Così Il Piccolo
Principe ha deciso di coprire un “segmento di mercato” - le
famiglie e i ragazzi – per il quale non esistevano spazi adeguati
in città. Rimesso a nuovo, “Al Posta” ha riaperto a marzo 2012. Ormai ero incuriosita, così sono andata a vedere di persona.
I locali sono arredati con le opere d'arte – dai quadri ai
lampadari – realizzate dagli ospiti del centro: e sembra ci
sappiano fare, dato che alcuni clienti hanno chiesto di fare delle
mostre. All'ingresso troneggia lo scaffale dei prodotti equosolidali
in vendita, gli stessi serviti al bar: se non siete convinti del
caffè, potete prima fare un test – anche questo è marketing.
In quanto al menù
del ristorante, non è possibile fare anticipazioni: «Lavoriamo con
i produttori locali e con “La volpe sotto i gelsi”, una rete di
serre che impiega persone svantaggiate – mi ha spiegato la direttrice, Francesca Colussi – per
cui offriamo piatti diversi a seconda della stagione e cene a tema».
Insomma, non chiedete la parmigiana di melanzane a gennaio: qui tutto
è a km zero.
Ma al
Posta c'è più che il buon cibo: un'area è stata attrezzata per i
bambini con giochi, materiale per disegnare e giardino dove correre
in libertà. Non mancano eventi culturali, presentazioni di libri,
mostre e corsi di cucina: di particolare successo è stato quello di
cake design
(decorazione di torte, per i non adepti), ed è in cantiere quello di
praline al cioccolato.
Al Posta lavorano
stabilmente quattro persone, più alcuni volontari e i ragazzi
svantaggiati che godono delle borse lavoro. Secondo la direttrice, è
presto per i bilanci: «Abbiamo aperto da poco, e scontiamo la dubbia
reputazione della gestione precedente. Inoltre, per quanto tra
clienti e ragazzi del centro nasca spesso uno scambio interessante, a
volte c'è diffidenza». A far ben sperare è il web: la maggior
parte degli avventori arriva qui grazie alla pagina Facebook del
locale. Sarà la rete a riscattare il sociale, chiave – secondo la
Groppi – per risollevare le sorti del territorio in crisi?
Nessun commento:
Posta un commento