lunedì 18 febbraio 2013

Da night club a ristorante, il sociale sfida la crisi

In principio fu il night: a Casarsa della Delizia, in provincia di Pordenone, il “Posta” era conosciuto come locale notturno. Poi, complice forse la reputazione non proprio cristallina, il proprietario ha deciso di cedere l'attività ormai in perdita. A rilevarla è stata la cooperativa sociale “Il Piccolo Principe”, che gestisce un centro per disabili e persone svantaggiate e cura il loro inserimento nel mondo del lavoro. Di fronte all'assottigliamento dei fondi pubblici a questi enti, il vil denaro diventa una preoccupazione: e avendo già avuto una collaborazione con un ristorante, hanno deciso di scommettere su quest'idea.

Ho avuto modo di conoscere la storia del locale alla presentazione del progetto regionale Imprenderò per la consulenza alle startup - tra cui, appunto, il ristorante in questione. In momenti difficili, puntare su chi già ha problemi può sembrare azzardato: ma al di là del fatto che «non posso nascondere che esistono sovvenzioni significative per questi lavoratori – mi ha confidato Enos Ceschin, membro della cooperativa presente alla presentazione – tutto nasce dal pensare al futuro di chi è meno fortunato». Peraltro, non è detto che si tratti di una pazzia: come ha notato Alessandra Groppi, tutor del progetto, «le dinamiche sociali che si creano attorno ad un ristorante di questo tipo sono notevoli, e consentono di integrare lo sforzo di più persone sul territorio. È la forza del sociale». Inoltre, è sbagliato credere che questi lavoratori siano un ostacolo: «spesso non sono affatto svantaggiati dal punto di vista relazionale, e se vado al ristorante e ho voglia di un sorriso, me lo sa dare meglio una persona così. Sarebbe un peccato chiuderla in una fabbrica a fare assemblaggio».

Così Il Piccolo Principe ha deciso di coprire un “segmento di mercato” - le famiglie e i ragazzi – per il quale non esistevano spazi adeguati in città. Rimesso a nuovo, “Al Posta” ha riaperto a marzo 2012. Ormai ero incuriosita, così sono andata a vedere di persona. I locali sono arredati con le opere d'arte – dai quadri ai lampadari – realizzate dagli ospiti del centro: e sembra ci sappiano fare, dato che alcuni clienti hanno chiesto di fare delle mostre. All'ingresso troneggia lo scaffale dei prodotti equosolidali in vendita, gli stessi serviti al bar: se non siete convinti del caffè, potete prima fare un test – anche questo è marketing.

In quanto al menù del ristorante, non è possibile fare anticipazioni: «Lavoriamo con i produttori locali e con “La volpe sotto i gelsi”, una rete di serre che impiega persone svantaggiate – mi ha spiegato la direttrice, Francesca Colussi – per cui offriamo piatti diversi a seconda della stagione e cene a tema». Insomma, non chiedete la parmigiana di melanzane a gennaio: qui tutto è a km zero.

Ma al Posta c'è più che il buon cibo: un'area è stata attrezzata per i bambini con giochi, materiale per disegnare e giardino dove correre in libertà. Non mancano eventi culturali, presentazioni di libri, mostre e corsi di cucina: di particolare successo è stato quello di cake design (decorazione di torte, per i non adepti), ed è in cantiere quello di praline al cioccolato.

Al Posta lavorano stabilmente quattro persone, più alcuni volontari e i ragazzi svantaggiati che godono delle borse lavoro. Secondo la direttrice, è presto per i bilanci: «Abbiamo aperto da poco, e scontiamo la dubbia reputazione della gestione precedente. Inoltre, per quanto tra clienti e ragazzi del centro nasca spesso uno scambio interessante, a volte c'è diffidenza». A far ben sperare è il web: la maggior parte degli avventori arriva qui grazie alla pagina Facebook del locale. Sarà la rete a riscattare il sociale, chiave – secondo la Groppi – per risollevare le sorti del territorio in crisi?

Nessun commento:

Posta un commento