sabato 31 agosto 2013

Zahre e patate

Ok, sarà pure una battutaccia; ma quando Enrico mi ha detto che la Sagra delle patate di Godia (Udine) è stata ribattezzata al plurale perché il nome originale di "Sagra della patata" aveva originato qualche doppio senso, non ho potuto trattenere le risate....insomma, i soliti maliziosi! Devo ammettere che inizialmente non ero molto interessata; ma dopo aver dato un'occhiata al sito della sagra in questione, che magnifica la qualità di suddette patate e soprattutto degli gnocchi - fatti a mano sul momento davanti agli occhi degli avventori -, ho deciso che valeva la pena farsi un giro. Dopotutto, da casa mia a Godia si può arrivare in bicicletta, evitando fastidiosi problemi di parcheggio.

Arrivati al tendone, la coda alla cassa per i ticket è stata sorprendentemente corta: ohibò, vuoi vedere che stasera siamo fortunati? Pia illusione: dopo essersi procurati il biglietto dell'ordinazione, ciascun piatto va ritirato al relativo stand, facendo una coda per ognuno di questi - consigliabile essere in gruppo, così ci si divide - staccando il bigliettino come dal salumiere. E qui ho rischiato l'infarto: per gli gnocchi il responso della macchinetta sputanumeri è stato 945, mentre stavano servendo il numero 801. Se non fosse stato per un'anima pia che aveva ritirato un numero in più e mi ha offerto un 871, probabilmente avrei mangiato dopo mezzanotte. Meglio è andata ad Enrico che, per procacciarsi lo stinco al forno e il frico, ha dovuto attendere "solo" una trentina di turni. A onor del vero, c'è da dire che gli inservienti - l'intero paese: in un borgo così piccolo si mobilitano tutti quanti, ed è anche questo il bello - sono lodevolmente veloci, e davvero si fanno in quattro per i clienti.


Ad ogni modo, i piatti sono valsi l'attesa: la generosa porzione di gnocchi al sugo di capriolo ha fatto la felicità di Enrico, che - parametrando qualsiasi piatto a quelli che cucina sua madre - ha garantito che erano davvero buoni, gustosi e morbidissimi. Si vabbè, li ho assaggiati: confermo che erano speciali, ma mi manca il termine di confronto... A fare la felicità mia è invece stato il morbidissimo stinco, ben cotto, saporito e non troppo grasso: e se io lodo la carne di maiale, che tendenzialmente non apprezzo, vuol dire che davvero c'è qualcosa di strano. Ma ancor di più mi hanno soddisfatta le patate al cartoccio, che ancora con la buccia e senza alcun condimento consentono di apprezzare davvero fino in fondo la particolarità della varietà di patate coltivata qui. Ovviamente Enrico non si è fatto mancare il frico, anche questo croccante al punto giusto e non troppo unto, come a volte capita di trovare.

A coronamento del tutto, però, - insieme ad una band divertentissima oltre che molto brava, i Gone with the swing - stava la birra di Sauris: ebbene sì, anche qui, pur non accostata allo speck. Devo ammettere che abbinare la rossa allo stinco non è stata una grande idea, non tanto perché i gusti non si accompagnino - anche se col maiale è meglio l'affumicata -, quanto perché questo non mi ha permesso di apprezzarla fino in fondo. E così ha avuto buon gioco il diavoletto tentatore che me ne ha offerta un'altra dopo cena, procurandomi sogni a colori durante la notte: ma almeno una volta al mese lo stravizio si può fare, e ormai siamo al 31 di agosto...

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