Una delle cose che a me - e soprattutto a Enrico - manca del Belgio è la Kwak (o Quack, a seconda delle grafie), un'ambrata doppio malto ad alta fermentazione dall'incomparabile retrogusto amarognolo. Embè, direte voi, per trovarla, seppur a fatica, la si trova: il problema è che in Italia viene di solito commercializzata soltanto in bottiglia, perdendo il tocco della spinatura e soprattutto il gusto di berla nel caratteristico bicchiere ad ampolla, così sagomato per essere tenuto a cassetta dai cocchieri delle diligenze.
Sarà pur vero che molti paesini friulani sono degli autentici "buchi", ma perlomeno in quanto a birre non si scherza: e infatti poco distante da Udine si trova l'unico posto di nostra conoscenza a disporre per l'appunto di Kwak alla spina, il saloon birreria Mondelli di Flumignano. Come dice il nome stesso, stiamo parlando di un locale che ricorda il vecchio west: l'idea è stata del figlio del fondatore - soprannominato Mondello -, che alla fine degli anni settanta ha iniziato a trasformare il ristorante di famiglia spinto dalla passione per i cavalli e per la cultura dei pellerossa. Ne è uscito un vero e proprio saloon in legno e muri grezzi, con tanto di foto storiche originali recuperate direttamente negli Stati Uniti e sbalzi in rame di Philippe Goffe. Non credo gli indiani d'Amercia bevessero birra, ma è piacevole sorseggiare un buon bicchiere in un ambiente così originale, percursore di molti altri - tra cui diverse catene - che si sono ispirati a questo stile. Così qualche sera fa, approfittando anche della festa del paese, io e consorte siamo andati in spedizione a Flumignano.
Come spesso accade, il locale era discretamente pieno, soprattutto nei tavoli sotto il porticato: data la temperatura, era decisamente più piacevole stare all'aperto. Ci siamo così rassegnati a sederci all'interno, nonostante il caldo soffocante - ragione in più, si dirà, per dissetarsi. Enrico, manco a dirlo, ha optato per l'usato sicuro, ordinando appunto la Kwak - che ben conosce - nonostante l'afa suggerisse magari qualcosa di più leggero rispetto ad una birra di nove gradi; io invece ho il pallino della sperimentazione, per cui sono andata in cerca nel lungo listino di qualcosa che non avessi ancora provato. In realtà anch'io mi sono diretta su una delle mie certezze, ossia le rosse belghe doppio malto: nella fattispecie una Abbaye de Bonne Esperance alla spina, su consiglio anche della mia dolce metà - anzi, del mio dolce doppio, come molti più propriamente lo chiamano. In effetti è stata di mio gradimento, per quanto forse non una scelta indovinata dato il caldo: il retrogusto è decisamente dolce, quasi caramellato, il che fa sì che gli otto gradi si sentano tutti e non possa propriamente qualificarsi come una birra beverina. Comunque il gusto è assai più equilibrato, per cui non mi ha certo lasciata insoddisfatta.
Non abbiamo cenato lì, per quanto anche il menù promettesse bene: al di là dei classici panini e piatti da pub, la cucina offre anche piatti messicani e carne alla griglia come da tradizione western, per cui prima o poi bisognerà fare un collaudo. Enrico non si è comunque fatto mancare i suoi anelli di cipolla fritti, nonostante le mie rimostranze e minacce riguardo al tenersi lontano da me causa alito: ah, l'amour...
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