giovedì 5 aprile 2018

Da Benevento con furore, capitolo primo

Ho avuto il piacere qualche tempo fa di conoscere, anche se non di persona ma soltanto attraverso le sue birre - e cos'altro, direte voi? Vabbè, ma andare di persona è sempre diverso - il birrificio Maltovivo, dalla provincia di Benevento. Già avevo letto alcuni articoli e recensioni a proposito del birrificio, ed era quindi nata la curiosità di saperne di più; per cui un pacco degustazione con le sei birre prodotte era quanto di meglio potessi a tal fine farmi recapitare a casa, data la distanza fisica da Udine a Ponte.

Non le ho degustate secondo quello che sarebbe l'ordine canonico: dato che non le ho assaggiate tutte e sei nello stesso momento, la scelta è stata in base a quella che era l'occasione, o l'abbinamento che avevo tra le mani. La prima che ho bevuto è stata la dark belgian ale Farenheit, dall'aroma "belga" da manuale - frutta gialla, pera in particolare, spezie e una nota caramellata. Il malto del corpo dolce e robusto fa risaltare i toni frutta secca, soprattutto nocciole, con qualche lieve nota alcolica e quasi di legno; prima di un finale decisamente secco per il genere, che non concede nulla al dolce virando piuttosto su una punta di amaro. Direi che ho apprezzato soprattutto l'equilibrio, trattandosi di una birra sì molto robusta ma che non risulta pesante né stucchevole.



In seconda battuta la stout Black Lizard. Notevole la schiuma color cappuccino, densa e compatta, da cui salgono aromi tostati tententi quasi al torbato e di caffè. Il corpo è ben pieno ma rotondo e scorrevole, dai sapori di cioccolato che virano poi in liquirizia, fino ad un finale anche qui decisamente secco in cui ritorna l'amaro del caffè. Come tutte le stout riserva comunque interessanti evoluzioni al salire della temperatura: compaiono infatti note di liquore - per un attimo vi ho percepito addirittura del whiskey - tanto che, se non fosse per il grado alcolico relativamente contenuto (6,5), la si direbbe quasi strizzare l'occhio alle imperial in quanto a robustezza.




Ultima di questo capitolo, la american ipa Noscia: luppolatura ben percepibile ma non invadente, tra agrumi e resina di pino, più qualche nota di caramello ben amalgamata; caramello che si ripropone in forze nel corpo, prima di una chiusura che contrasta però in forze questa dolcezza con un'agrumato resinoso. Da notare anche la nota balsamica sul finale, quasi da liquore alle erbe, che contibuisce a dare un tocco di freschezza - nonché di originalità.

Nota di merito anche alla brochure descrittiva delle birre, ben fatta sotto il profilo informativo - descrizioni dettagliate delle caratteristiche e dei possibili abbinamenti, acocmpagnate da tutte le note tecniche di produzione quali luppoli usate in amaro e in aroma, ibu, tipo di lievito e di malti, original e final gravity e grado alcolico.

Per ora, dunque, tutte birre che mi hanno positivamente colpita, e per le quali faccio una nota di merito al birrificio; senz'altro come marchio di fabbrica, potrei citare l'attenzione all'equilibrio complessivo e la tendenza ai finali secchi, che lasciano la bocca pulita e invogliano ad un altro sorso. Ci risentiamo per il prossimo capitolo...

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