Ho colto con piacere l'invito di Renzo Comuzzi di Birra di San Giorgio all'inaugurazione del nuovo Gustà "Al Lepre", locale udinese che dispone tra l'altro di una carta delle birre artigianali (per la cronaca quelle di Garlatti Costa, oltre a San Giorgio). Con l'occasione sarebbe stata infatti presentata la nuova Ripa (red Ipa) di San Giorgio, che si aggiunge al repertorio della casa (la pale ale 43, la stout Otello, e la honey ale Cjastine).
Dal colore ambrato rossastro - come del resto ci si sarebbe aspettati dal nome - e leggermente torbida, è caratterizzata in maniera non particolarmente intensa ma decisa dai due luppoli utilizzati - Comet e Columbus: al naso spiccano infatti note agrumate, con una punta tra il terroso e lo speziato; e il corpo snello e beverino, che non lascia alcun compromesso alla componente maltato-caramellato-tostata (come accade in alcune red ipa), si risolve presto in un finale amaro netto e secco, che richiama i toni dell'aroma con in aggiunta una leggera nota erbacea. Non si tratta comunque di un amaro soverchiante, per cui non si crea una sensazione di squilibrio a fronte del corpo più esile. Nel complesso una birra semplice e rinfrescante, per gli amanti delle ipa più "all'antica" che non concedono troppo al fruttato.
Sicuramente va riconosciuto che quest'ultima birra rappresenta un passo avanti nel percorso di San Giorgio: se la 43, pur essendo definita come apa, ha un po' faticato a trovare la sua fisionomia come tale (data la luppolatura più tendente al "floreal-continentale" che all'americano, e ad una leggera acidità da malto prima della chiusura amara che non sarebbe propria dello stile), e la Otello si pone come "sui generis" tra le stout (dato l'utilizzo del farro e i sentori arrostiti che personalmente ho sempre trovato anche un po' troppo pronunciati), già con la Cjastine si è trovato un equilibrio apprezzabile tra la componente amaro-balsamica del miele di castagno e dell'achillea e quella dolce del malto e del miele stesso; e con la Ripa, oltre ad aggiungere al repertorio uno stile che mancava, ci si è inoltrati nell'insidioso terreno del "fare le cose semplici", cosa che spesso risulta in realtà più complicata rispetto a stupire con aromi e sapori insoliti.
Ultima nota per il locale: per quanto la (comprensibile) folla dell'inaugurazione non mi abbia permesso di apprezzarlo al meglio, apprezzato è stato invece il repertorio di prodotti tipici friulani serviti (dai prosciutti di San Daniele, ai formaggi, ai vini, alle birre artigianali per l'appunto). Una fermata che può certamente risultare gradevole agli appassionati di questo filone dell'enogastronomia di passaggio in centro a Udine.
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