lunedì 28 settembre 2015

Tu vo' fa' l'artigianale

Sono "reduce" da due intense giornate a Gusti di Frontiera, delle quali renderò conto più calma - il tour siciliano del mio libro chiama, per cui mi devo dare a quello, ma state tranquilli: non mancherò di tediarvi a tempo debito con il racconto delle nuove birre e nuovi birrifici che ho conosciuto. Però non posso non fare un breve appunto, per così dire, preliminare.

Girando per le strade di Gorizia ho notato come un gran numero di stand, baracchini, camioncini - chiamateli un po' come vi pare - che vendevano roba da mangiare di ogni genere - dai semplici panini alle wienerschnitzel - sembravano sentire l'impellente bisogno di specificare nelle lavagnette e cartelli "birra artigianale". Non un nome del birrificio, né due parole su che genere di birra fosse: alla richiesta di ulteriori spiegazioni, di solito la risposta era "non ne so nulla, io sono solo qui a fare panini e spillare". Ora: supponiamo pure che i fusti arrivassero da un qualche birrificio che possa definirsi artiginanale, vuoi per numero di persone impiegate, vuoi per volumi di produzione; fatto sta che i birrifici artigianali propriamente detti preferivano piuttosto esporre a più chiare lettere il nome del birrificio e delle birre a disposizione, e solo in seconda battuta - e nemmeno tutti, peraltro: a titolo di esempio, Zahre esponeva semplicemente la dicitura "l'integrale di Sauris" - aggiungevano il termine "artigianale".

La differenza appare quindi evidente: mentre per gli uni il brand - così come oggi si usa chiamarlo, come se in italiano non esistesse la parola "marchio"....perdonatemi, sono una purista - è "birra artigianale", per gli altri è il nome del proprio birrificio e delle proprie birre; esemplari in questo senso sono i birrifici di più lunga tradizione o più solida reputazione, di cui basta appunto il nome - ho citato Zahre, ma potrei fare lo stesso discorso per Foglie d'Erba o Garlatti Costa o Meni, nonché per Antica Contea a Gorizia nello specifico - per dire tutto. Non parliamo poi di Le Baladin, che attorno al nome del birrificio ha costruito un intero mondo. Voi direte che è perché per legge non può comparire la dicitura "artigianale" sulle bottiglie, però di fatto per chi gode di questa reputazione si tratta quasi di un'informazione secondaria. Il problema sta nell'aggettivo "artigianale", che è diventato un brand - come appunto Musso non manca mai di ricordare? Nel caso di specie probabilmente sì, però allora non rimangono che due strade: o riassociare - più o meno forzosamente - il termine "artigianale" solo alla birra che esce da realtà di una certa dimensione e che lavorano in un certo modo, o comunicare in altra maniera il valore del prodotto. Ma sembrerebbe che i birrifici abbiano di fatto già scelto quale strada percorrere.

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