Data la giornata avuta al lavoro, ancor prima di arrivare in Brasserie per una degustazione di tre birre in formato colibrì - ossia da 15 cl - avevo commentato che, più che di tre colibrì, per tirarmi su avrei avuto bisogno di tre pinte; ma mi sono anche detta che forse era meglio calmare gli animi, dato che le tre birre in questione erano pubblicizzate come birre "di carattere". Almeno così diceva il sito del birrificio Toccalmatto, una mia nuova conoscenza di Fidenza (Parma...e scusate la rima) a cui la degustazione era dedicata. Sono quindi arrivata da Matilde e Norberto con buone speranze, dato che la serata prometteva bene sia sotto il profilo birraio che gastronomico.
La prima creazione di Toccalmatto, abbinata ad un timballino di riso con crema di taleggio e noci, aveva un nome forse più adatto a stare per ultima: "Zona Cesarini", espressione con cui vengono indicati gli ultimi minuti di una partita di calcio. Trattasi di una Ipa particolarmente luppolata, che tuttavia non lascia troppo la sensazione di amaro al retrogusto dati i sentori decisi di agrumi: un mix decisamente particolare tra questi sapori, che non ho trovato in altre birre dello stesso genere. Unico punto di domanda, onestamente non mi è chiaro il senso dell'abbinamento con il timballino: per quanto apprezzatissimi entrambi, non mi è sembrato che i sapori si sposassero alla perfezione.
Abbinamento invece del tutto chiaro nel caso del crostino al pecorino con polpettine al sughino... - pardon, al sugo - , accompagnato dalla Rude Boy: una Ipa rossa che Ipa forse non sembra, dal gusto ben pieno e quasi liquoroso che fa un tutt'uno con la carne. Aspettate un po' prima di inghiottirne un altro boccone, però: l'amaro che, a onor del nome, definirei rude, fa capolino a scoppio ritardato.
Il meglio, giustamente, è però arrivato alla fine: non solo perché gli occhi di Enrico si sono illuminati davanti a uno dei suoi sfizi preferiti, il medaglione di polenta con il gorgonzola fuso, ma soprattutto perché si sono illuminati i miei dopo il primo sorso di Grand Cru. Trattasi di una belgian strong ale chiara, che nasconde i suoi nove gradi sotto un gusto che ho trovato in fin dei conti equilibrato al di là di quella che il mastro birraio definisce "una forte personalizzazione data dal lievito" (mi perdoni per il fruttato intenso, che onestamente non ho sentito). Discretamente dissentante peraltro, nonostante la gradazione, e la definirei decisamente la chicca della serata.
Volendo quindi azzardare un podio, direi che giusto per un soffio la Grand Cru conquista l'oro, per quanto la Zona Cesarini possa ben vantarsi del premio originalità pur fermandosi all'argento. Bronzo alla Rude Boy, non perché non mi sia piaciuta, ma perché, mi spiace dirlo al mastro birraio, ha fatto un lavoro troppo di fino con le altre due...
Senti, ma un portaborse per queste imprese degustative.. Serve? No perchè io mollo tutto.
RispondiEliminaSei il benvenuto....
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