Complice la campagna elettorale di fatto mai conclusa, e diversi avvenimenti sia di cronaca che nell'agone politico legati a questioni fiscali, da qualche tempo la tassazione che pesa sulle tasche degli italiani - e soprattutto delle imprese - sta tornando a ricevere i più o meno meritati strali. Le stime sulla pressione fiscale non sono sempre concordi, anche perché i metodi usati per calcolarla non sempre coincidono; ammetto, non avendo fatto studi di economia, di non avere la competenza per giudicare quali siano più o meno attendibili, per cui non azzardo pareri su quale di queste percentuali sia più vicina alla realtà.
Ho trovato tuttavia particolarmente istruttivo andare a spulciare il rapporto Paying taxes 2013 di Doing Business, progetto della Banca Mondiale, sul carico fiscale alle imprese. Lo studio mette a confronto i vari Paesi del mondo, raggruppati per area geografica, prendendo in considerazione tre aspetti: il numero medio di pagamenti che un'impresa deve effettuare, le ore di lavoro necessarie a tal fine, e il carico fiscale complessivo in percentuale. Secondo quanto si legge, a livello mondiale un'azienda si trova a fare in media 27 pagamenti all'anno, impiegando 267 ore di lavoro, per un carico fiscale medio del 44%; ce la passiamo un po' meglio in Europa, dove bastano in media 13 pagamenti e 184 ore, devolvendo al fisco "solo" il 42% della base imponibile.
Andando a vedere l'Italia, però, c'è di che stupirsi: se infatti il numero di pagamenti annuali è 15 - quindi non singificativamente sopra la media -, deve essere particolarmente difficile districarsi tra le scartoffie, dato che servono 269 ore. Ancor più strabiliante è la pressione fiscale sulle imprese, che la Banca Mondiale stima addirittura al 68%, la più alta del continente: a titolo di esempio - al di là dell'isola felice del Lussemburgo con il 21%, e di Cipro, il cui 23% non ha risparmiato ben altri guai - la Germania è al 46,8%, il Regno Unito al 35,5%, la Spagna al 38,7%; solo la Francia e l'Estonia ci sono vicine, con il 66 e 67% rispettivamente, tutti gli altri ci staccano di almeno 10 punti.
Ancor più istruttivo è però forse andare a vedere la scomposizione di queste tasse: a fare la parte del leone sono infatti le imposte sul lavoro, che pesano da sole per il 43,4%. Vero è che Francia e Belgio arrivano al 50%; ma tutti gli altri Paesi hanno tassazioni nettamente inferiori sulle buste paga, fino al 3,6% della Danimarca. Relativamente alte anche le imposte sugli utili, con il 22,9% - soltanto Malta e la Norvegia le hanno poco più alte. Ribadisco, mi esimo da giudizi perché non ne ho le competenze; ma, appunto per la mia ignoranza, il fatto che ci discostiamo significativamente da buona parte d'Europa con queste percentuali, qualche domanda me la fa nascere.
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