venerdì 22 aprile 2022

Un tris di birre analcoliche

Come già anticipato sulla mia pagina Facebook, mi sono data in questi giorni, facendo di necessità virtù, alle birre analcoliche; che ultimamente hanno avuto un certo rilievo mediatico nel mondo birrario artigianale, complice la presentazione della linea "Alcol Fri" da parte del Birrificio L'Olmaia e Birra Salento a Hospitality Riva e Beer Attraction. Una strada seguita anche dal birrificio altoatesino Pfefferlechner, che ha lanciato un'iniziativa simile - la Freedl - tre anni fa esatti, nell'aprile del 2019.

Il segmento delle birre analcoliche è ancora poco battuto dai birrifici artigianali italiani; ma personalmente avevo già avuto modo di confrontarmi con la questione nel 2016, quando - come racconto in questo post - avevo fatto visita al birrificio svedese Nils Oscar. Lì mi era stata presentata appunto un'analcolica, spiegando come fosse una risposta ad un'esigenza di mercato sentita; in particolare, così mi era stato riferito, per la severità dei controlli in quanto ad alcol alla guida. Pensando al mercato italiano, e guardando anche ad alcuni sondaggi in proposito, direi tuttavia che la ragione principale per la scelta di una birra analcolica è quella salutistica: amanti della birra che non possono (donne incinte o in allattamento, chi assume farmaci, o deve controllare il peso, o ha qualche patologia che rende controindicato il consumo di alcolici) o semplicemente non vogliono, per evitare i rischi legati all'acol, consumare la birra classica. Del resto, porre attenzione al grado alcolico nella scelta di una birra - commisurandolo alle proprie condizioni fisiche, e al fatto che si sia bevuto o meno qualcos'altro - è parte integrante di quel consumo consapevole di cui tanto si parla: per cui anche una birra analcolica può trovare spazio in questo processo. Insomma, al di là del pregiudizio che le birre analcoliche possono scontare, hanno la loro ragion d'essere - e il fatto che si tratti di un mercato in crescita lo conferma.

Nel caso delle Alcol Fri e delle Freedl, l'intento dichiarato è analogo: fare birre analcoliche che sappiano soddisfare anche i gusti del consumatore abituale di birre artigianali, e che rifuggano la scarsa caratterizzazione - per non parlare, spesso, della scarsa qualità - che ahinoi finiscono per contraddistinguere le birre analcoliche che solitamente si trovano sul mercato. E in effetti, ciascuna a sua modo, sono birre che esprimono una precisa personalità.

La prima che ho assaggiato è stata la Ipa Fripa, capostipite della collaborazione tra Olmaia e Salento (seguiranno la Coffri e la Friberry, una Coffee Stout e una Fruit Beer rispettivamente), dealcolata grazie ad un particolare ceppo di lieviti. Volontà dichiarata era quella di creare una birra fortemente caratterizzata dai luppoli americani - e questo per compensare il fatto che è necessario, per questa particolare tipologia di lieviti, realizzare un mosto a basso contenuto di zuccheri e quindi esile sotto il profilo organolettico: e senz'altro mantiene questa promessa, perché sin dal momento in cui si apre la lattina si è letteralmente inondati da tutta la rosa possibile immaginabile relativa a queste varietà - dagli agrumi, alla frutta tropicale, alle resine. Aromi che si tramutano poi in sapori, dato che il corpo - per l'appunto - esile viene sovrastato da una tale esuberanza; a meno di non aspettare che la birra si scaldi un po', quando diventano più percepibili i toni di pane e finanche una nota di miele, a beneficio di un maggior equilibrio. Chiusura poi su un lungo e persistente amaro resinoso, che lascia la sensazione di aver avuto tra le mani luppolo puro. Insomma, una birra che mantiene quanto aveva promesso, superfluo specificare che devono piacere i luppoli americani - e in generale le birre sbilanciate verso il profilo aromatico e amarotico. Rimango curiosa di provare anche le altre, su cui a mio avviso - contando la presenza del caffè in un caso, e della frutta nell'altro - c'è del potenziale per ottenere dei risultati interessanti; così come interessante è il fatto che si tratti di un progetto che copre tre stili, dando un respiro ampio che può andare incontro a diversi gusti ed esigenze di consumo.

Per certi spetti si può dire che risponda in modo diverso alla stessa domanda - ossia come dare personalità ad una birra che, in ragione del processo produttivo, deve avere un corpo esile - la versione classica della Freedl. Anche questa è infatti una Pale Ale; che sceglie però di mantenere un profilo aromatico improntato essenzialmente sull'agrumato, che resta tuttavia delicato per quanto ben evidente. Altrettanto delicata al palato, dove si possono più facilmente cogliere i (pur sempre tenui) toni di cereale analoghi a quelli descritti sopra; in ragione appunto della minore "muscolarità" del luppolo, da cui si intuisce l'intento di cercare sì la caratterizzazione ma anche l'equilibrio - cosa del resto connaturata alla tradizione tedesca, a cui Pfefferlechner è legato in ragione della sua collocazione geografica. Chiusura su un amaro netto tra l'erbaceo e il resinoso, non particolarmente persistente. Per chi apprezza appunto l'equilibrio e la facilità di beva, senza cercare toni forti. Si potrebbe obiettare che, se la Fripa può prestarsi alla critica di essere "troppo", questa può prestarsi alla critica di essere "troppo poco"; ma in realtà si capisce che questi vogliono essere al tempo stesso i punti di forza di ciascuna di queste due birre, con l'una che intende essere esuberante, e l'altra gradevole nella sua sobrietà. Volendo semplificare al massimo, potremmo quindi dire che preferire l'uno o l'altro approccio è solo questione di gusti.


Risposta ancora diversa arriva poi dalla seconda versione della Freedl, battezzata Calma, aromatizzata con basilico prodotto a 1500m di altitudine all'interno del Parco dello Stelvio. Qui l'aroma erbaceo si amalgama con quello dei luppoli, risultando sì ben percepibile ma non soverchiante; e contribuisce anche a dare sapore al corpo, che risulta pertanto più caratterizzato rispetto alla Freedl classica - unendo cereale e basilico, quasi a mo' di focaccia. Il basilico risalta poi nella sua componente amara sul finale, esattamente come il luppolo, conferendo una nota amarotica erbacea. Anche qui, superfluo specificare che deve piacere il basilico; anche se, essendo usato in maniera sobria e dosata rispetto agli altri luppoli, finisce di fatto per integrarsi nell'insieme e può quindi risultare gradevole anche a chi non ne fosse un patito.

Sempre riguardo alle due Freedl, c'è poi da notare che l'ideatrice è una donna, Maria-Elisabeth Laimer; a conferma di una particolare sensibilità femminile su questo fronte, già evidenziata da precedenti ricerche. E, non da ultimo, è significativo il fatto che sulle birre analcoliche compaia in etichetta - a differenza delle altre birre di Pfefferlechner - la tabella con i valori nutrizionali: a riprova che birre di questo tipo fanno appello ad un segmento di mercato che dà importanza agli aspetti relativi a nutrizione e salute, con una conseguente opera comunicativa e di marketing.

Nel complesso, le definirei tre birre gradevoli e di facile beva, che danno appunto tre risposte diverse alla stessa domanda: una risposta più vivace e caratterizzata nel caso della Fripa, più sobria ed equilibrata nel caso delle due versioni della Freedl, ma in ogni caso valida.

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