venerdì 4 febbraio 2022

L'affaire Birra del Borgo e affini: un assist comunicativo per la birra artigianale italiana?

Sì, il titolo vuol essere provocatorio e finanche fuori luogo; ma, dopo aver letto in questi giorni di tutto di più su quanto accaduto a Birra del Borgo - l'annunciato licenziamento di una quarantina di dipendenti, la chiusura dei locali, e la cessione da parte di AbInbev del birrificio di Collerosso - devo ammettere che, da giornalista, il primo pensiero che ho fatto e quello che più mi rimane è comunque questo.


 

Se infatti osserviamo la questione dal punto di vista puramente mediatico, dalla sconosciuta (al grande pubblico, beninteso) testata MarsicaLive la notizia si è rapidamente diffusa su quelle nazionali, fino ai due quotidiani di punta del Paese - La Repubblica e il Corriere della Sera: l'acquisizione di Birra del Borgo da parte di AbInbev non aveva, viceversa, avuto la stessa risonanza. Chiunque abbia mai lavorato come ufficio stampa sa quanto può essere difficile farsi dare retta dai quotidiani nazionali, per cui è un bel risultato. Ora un pubblico nettamente più vasto conosce la vicenda, e di conseguenza a grandi linee - sempre che si sia preso la briga di leggere con attenzione, cosa ahimé sempre più rara - le dinamiche sottese al comparto birrario artigianale italiano e a quello industriale. Probabilmente molte persone hanno sentito parlare per la prima volta di questa dicotomia, di birre crafty, e di acquisizioni di marchi ex artigianali; con, si auspica, maggiore consapevolezza come consumatori. Al di là di qualsiasi valutazione nel merito di quanto è accaduto, dunque, il dato di fatto è che "il pasticciaccio brutto di Birra del Borgo" ha quantomeno fatto un favore alla causa della comunicazione in questo settore. E per quanto personalmente trovi odiosissima la massima "nel bene o nel male, purché se ne parli", ci sono casi in cui è dannatamente vera.

 

Accosterei poi questa osservazione ad un'altra che hanno fatto in tanti: ossia che il consumo di birra artigianale è oggi significativamente cambiato rispetto all'epoca in cui sono avvenute le incursioni dell'industria nel mondo artigianale italiano (non solo quindi Birra del Borgo, ma anche Birrificio del Ducato, Birradamare e Hibu). Se infatti all'epoca il profilo di chi frequentava i pub spaziava tra gli estremi di chi beveva artigianale per pura moda - erano gli anni in cui era diventato tangibile il boom partito dopo il 2010 -, e i grandi intenditori - finanche nerd e saccenti, mi si passi i termini -, adesso la moda è passata, come ogni moda che si rispetti, e complice anche il Covid è cambiato il profilo di chi è rimasto. Al di là dei grandi intenditori - che devo dire sono pure meno saccenti, forse controparte della "semplificazione degli stili" che è seguita allo sgonfiarsi della moda e del "famola strana" (la birra) - vedo tanti che non sono necessariamente adepti o consumatori abituali, ma persone che hanno trovato un genuino interesse nel farsi anche solo ogni tanto una buona pinta artigianale semplicemente perché negli anni passati hanno avuto modo di provarla e di apprezzare l'unicità di un certo produttore. E anche se per il resto bevono birra presa al supermercato, è comunque positivo che abbiano colto il messaggio della diversità tra le due tipologie. Ad un pubblico di questo tipo, dunque, è essenziale che passi anche l'altra parte del messaggio: ossia quella inerente la diversità delle strategie tra birrifici artigianali e industriali, e che cosa significhi di conseguenza supportare con i propri acquisti gli uni piuttosto che gli altri; o che cosa significhi (come del resto per ogni altro prodotto) essere informati sulla proprietà di ciascun marchio e sulle sue politiche.


Insomma, a dare un assist di rilievo alla sempre discussa comunicazione nell'ambito della birra artigianale potrebbe essere - strana ironia - proprio una multinazionale, contribuendo ad attirare l'attenzione sul settore. Certo questa attenzione deve essere ben indirizzata: se in questo caso a fare chiasso è stato fondamentalmente l'aspetto occupazionale, è chiaro che non ci si può limitare alla logora retorica della multinazionale brutta e cattiva che arriva, compra e licenzia (anche perché la situazione di fatto non è questa). Se gli artigiani sapranno sfruttare l'attenzione creata per comunicare invece le loro peculiarità - dall'unicità delle ricette e in alcuni casi delle materie prime, al legame con il territorio e con gli itinerari turistici connessi - si sarà davvero sfruttato questo assist.

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