È uscito un comunicato di Unionbirrai in cui l'associazione prende dura posizione contro la proposta di Serge Hercberg, creatore del Nutriscore, di bollare con una F nera tutte le bevande alcoliche: un po' come accade per le sigarette, dunque, il consumatore verrebbe così "avvertito" dei potenziali rischi per la salute insiti nel consumo di alcol - in particolare quelli legati al cancro. Non solo: una simile misura potrebbe portare gli Stati membri dell'Ue ad imporre - analogamente per quanto avviene con il tabacco - misure volte a scoraggiare la vendita di questi prodotti. L'intervento di Unionbirrai fa seguito a quello di numerose associazioni di produttori di vino e di diversi politici, che hanno bollato questa proposta come tentativo da parte dei Paesi Nordeuropei di colpire l'export italiano.
Per capire meglio dobbiamo però fare un passo indietro, e capire che cos'è il Nutriscore. Si tratta di un sistema di etichettatura degli alimenti nato in Francia – e proposto
all’Ue nell’ambito del processo di armonizzazione delle
etichettature a livello europeo – che, in base al contenuto di zuccheri, grassi e sale su 100
grammi di prodotto, assegna ad ogni cibo un colore – dal verde al
rosso, come appunto il semaforo, più il nero per l'ultimo gradino – e una lettera (da A a F) in base alla sua “salubrità”.
Il concetto di base è che meno un certo cibo contiene queste
sostanze, più è salutare: concetto mutuato appunto anche per l'acol. Peccato che la questione sia assai più
complessa di così: l’olio d’oliva ad esempio, o il parmigiano,
che in virtù del loro alto contenuto di grassi finiscono in zona
rossa o arancione, non verrebbero sicuramente definiti insalubri da
alcun nutrizionista; anzi, il loro consumo viene consigliato –
nelle giuste dosi, beninteso: e sarebbe difficile peraltro superarle semplicemente condendo l'insalata o la pasta – proprio per i loro effetti benefici.
Così come viceversa sarebbe opinabile considerare salubre un
processatissimo piatto pronto “light”, magari ricco di additivi e
conservanti. Sono stati in molti quindi a giudicare questa
etichettatura fuorviante per il consumatore; nonché, appunto, un mascherare sotto intenti salutistici la volontà politica di penalizzare le esportazioni del Sud Europa e dell'Italia in particolare.
C'è però da ricordare che l’opposizione dell’Italia si è
concretizzata in una controproposta assai meno conosciuta, il Nutrinform: un sistema di
etichettatura che riporta, non per 100 grammi (e chi mai berrebbe
100g d’olio d’oliva?), ma per porzione consigliata (poniamo un
pezzo di Parmigiano da 50g), la percentuale di grassi, zuccheri e
sale calcolata su quella che dovrebbe essere l’assunzione
giornaliera. Saprò così che con quella porzione di cibo avrò
assunto, ad esempio, il 35% della mia dose quotidiana di grassi, il
12% della mia dose di energia, il 25% della mia dose di sale, e via
dicendo. La cosa diventa quindi uno sforzo di educazione alimentare,
stimolando un approccio consapevole ad una dieta varia che bilancia i
vari nutrienti nel corso della giornata. Per quanto sarebbe più difficile ipotizzare di fare la stessa cosa con gli alcolici, dato che non c'è perfetto accordo nel mondo scientifico su quale possa definirsi una dose "sicura" - e che comunque questa varia significativamente in base al peso e al sesso -, si potrebbe per analogia ipotizzare di fare riferimento ad un livello "medio" (come del resto si fa anche per i valori di assunzioni giornaliere degli altri nutrienti) che possa essere definito un consumo "moderato e consapevole" per dare indicazioni analoghe. Certo non avrebbe la stessa efficacia di quella che è l'educazione ad un consumo consapevole a cui Unionbirrai stessa fa riferimento; ma sarebbe comunque meglio di una F che non rende affatto giustizia alla vecchia massima secondo cui "il veleno è la dose", né al fatto che il mangiare e il bere hanno anche una dimensione sociale, culturale e di piacere oltre che salutistica.
A
quanto pare, peraltro, Nutrinform sta avendo successo: almeno secondo l’indagine
“Le etichette fronte pacco in 7 Paesi: Nutriscore VS Nutrinform”,
a cura dell’Osservatorio Waste Watcher International diretto dal
professor Andrea Segrè. L’indagine offre uno sguardo
internazionale, visto che può contare su un campione statistico di
7000 cittadini di 7 Paesi - Stati Uniti, Russia, Canada, Regno Unito,
Germania, Spagna e Italia -; e riferisce che il Nutrinform nei
giudizi degli interpellati ha ottenuto 23 punti in più in termini di
utilità, 15 in termini di informatività, 13 per completezza e
chiarezza e 12 per consapevolezza. Fattore importante dato che ben il
75% degli intervistati dichiara di utilizzare le informazioni in
etichetta per decidere quali prodotti acquistare. Tenendo conto che proprio entro lo primo semestre 2022 - peraltro a presidenza francese - la
Commissione europea dovrà esprimersi su un'etichettatura
nutrizionale armonizzata nei Paesi europei, bene fanno cittadini e associazioni a farsi sentire.
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