giovedì 15 novembre 2018

Cremona, che bontà

L'altra manifestazione a cui ho partecipato recentemente è stato il BonTà di Cremona, fiera dedicata all'enogastronomia in senso lato, che dall'anno scorso prevede anche un'area specificatamente dedicata alle birre - Special Beer Expo. Anche in questo caso ho condotto degli eventi, e anche qui rivolti ad un pubblico generico: e di nuovo ho avuto il piacere di vedere come ad avvicinarsi fossero anche tanti curiosi, persone che non necessariamente avevano una formazione pregressa nel campo birrario, ma che si sono poi fermati interessati e mi hanno riferito di aver con sorpresa scoperto un mondo nuovo - giusto per tornare sull'ultima parte del mio precedente post sulla fiera di Pordenone.


Il primo evento, in collaborazione con l'Associazione Le Donne della Birra - che colgo l'occasione per ringraziare - è stato dedicato al ruolo delle donne nel campo brassicolo, nella storia ed oggi; e si è concluso con l'assaggio di alcune birre "in rosa" scelte tra i birrifici espositori - in realtà non birre fatte da mastri birrai donna, ma alla cui creazione le donne avevano comunque contribuito. Tra queste la "Acqua Passata" di Retorto, una sorta di birra che birra non è (è stata definita "herbal beer", in assenza di uno stile di riferimento), nel senso che - mi ha spiegato Marcello, il birraio - ad una base di strong ale sui generis è stato aggiunto solo un etto di luppolo, ma ben 11 kg di erbe e spezie - su tutte l'assenzio, ma la lista è lunga. Ne risulta una bevanda ispirata al vermouth, non a caso elaborata insieme ad un mixologist; e il tocco femminile - nella fattispecie quello di Monica, sorella di Marcello - è entrato in gioco nell'elaborare, insieme al grafico, l'etichetta con figure tratte da un antico libro di animali fantastici e la bottiglia, simile a quella degli amari e dei liquori, con tappo in vetro. Profumatissima al naso, su toni balsamici, in bocca unisce la componente maltata con quella erbacea e speziata, per finire con una lunga persistenza sempre sul balsamico. Le note alcoliche riescono a "mimare" bene quelle date da un liquore, pur trattandosi di una birra di 13 gradi - e quindi più bassa in gradazione: la troverei quindi un ottimo fine pasto, per chiudere dopo il caffè - ancor più che come aperitivo, altro suggerimento dato per il servizio.

Particolare interesse ha suscitato poi la degustazione "Ogni birra ha la sua pizza, ogni pizza ha la sua birra", che ho condotto insieme ad Antonio Pappalardo de La Cascina dei Sapori di Rezzato (Brescia) - che ringrazio per l'ottimo lavoro svolto. Va detto che Antonio non è, e mi perdoneranno tutti i pizzaioli in lettura per l'espressione infelice, "un pizzaiolo qualunque" (nonostante la giovane età): La Cascina dei Sapori vanta infatti una lunga serie di riconoscimenti - l'inserimento in diverse prestigiose classifiche delle migliori pizzerie in Italia, i due spicchi del Gambero Rosso, e collaborazioni con nomi del calibro di Gordon Ramsay, solo per citarne alcuni. Potremmo quindi definire le creazioni di Antonio un'ulteriore dimostrazione (se mai ce ne fosse stato bisogno) che, almeno nell'alta ristorazione (ma non solo), la distinzione tra pizzaiolo e chef è ormai da tempo caduta: lungi dal replicare semplicemente le farciture classiche, le pizze sono diventate dei veri e propri piatti in cui si esprime la creatività dell'autore così come si esprimerebbe in una qualsiasi altra ricetta, sia come ingredienti che come impiattamento. Per questo devo ammettere che alcune di queste creazioni hanno rappresentato per me una bella sfida nel trovare un abbinamento birrario adatto: su tutte quello per la pizza con seppie, caco, macadamia e liquirizia, che alla fine ho accostato alla robust porter del Birrificio Curtense. Profumi di tostato, caffè e cacao come d'ordinanza, corpo - appunto - robusto sugli stessi toni, che non indugia però sul cioccolato preferendovi le note torrefatte, prima di un finale sì amaro ma morbido, che riprende i toni di cioccolato: un accostamento appropriato non solo alla liquirizia e alle noci, ma anche alla dolcezza del caco - che ha accompagnato e contrastato al tempo stesso quella del cioccolato - e ai toni più neutri e pastosi della seppia, valorizzati dalla tostatura.

Più classica la pizza con pomodoro San Marzano e burrata, che ho abbinato con la Marzen sempre del Curtense: classici toni di biscotto e caramello all'aroma, con un leggerissimo accenno di erbaceo dal luppolo, corpo pieno e rotondo ma scorrevole nonostante la maltatura importante, e chiusura di nuovo sull'amaro pulito, accompagnando e contrastando al tempo stesso la dolcezza grassa della burrata. Sempre del Curtense ho assaggiato - ma al di fuori della degustazione - la Km0, una lager sui generis prodotta con materie prime locali e in particolare con l'aggiunta di tarassaco: del tutto peculiare l'erbaceo all'aroma, quasi di fieno - ammetto di aver colto anche un leggero acidulo, poi però sparito -, prima di un corpo avvolgente sui toni del caramello che chiude di nuovo sull'erbaceo del tarassaco senza persistenze dolci. Da ultimo la pizza cipolla e taleggio abbinata alla Ipa de La Moncerà - una ipa "classica", peraltro non eccessiva come luppolatura sia in aroma che in amaro -, che con il taglio resinoso finale ben chiudeva con la bevuta una farcitura decisamente importante in quanto a sapidità.

Nell'ultima degustazione ho invece coinvolto, oltre che Retorto con la sua Daughter of Autumn - di cui ho già parlato qui - altre due nuove conoscenze per me, il birrificio Kuhbacher con la sua Keller e la sua Weizen, e il birrificio Il Conte Gelo con la sua golden ale Gragnola. La prima è una Marzen fondamentalmente in stile, e decisamente beverina se la consideriamo in rapporto al corpo che è discretamente robusto: il cereale riempie la bocca, ma scorre via, prima di un finale di un amaro erbaceo lieve, pulito e poco persistente. La seconda, la Schloss Weizen, devo ammettere di averla trovata molto più in forma alla spina che in bottiglia e può essere definita un'interpretazione decisamente "verace" dello stile: schiuma pannosa d'ordinanza, aromi intensi ed avvolgenti di banana e chiodi di garofano, corpo pieno che fa sentire il frumento in tutta la sua forza e finale fresco. Sempre di Kuhbacher ho assaggiato anche la loro Red, pensata - mi ha spiegato Egon Beck Peccoz, l'amminisratore di Kuhbacher Italia - specificatamente per le esigenze del mercato italiano dove era stata registrata la richiesta di una birra che - e Beck Peccoz mi perdonerà la definizione - corrispondesse all'idea della generica "rossa doppio malto". In realtà, lungi dall'essere una birra "generica", si sente bene che il birraio non ha sacrificato l'impronta rigorosa degli stili tedeschi sull'altare dei gusti italiani, tanto che in una degustazione alla cieca non avrei probabilmente esitato troppo ad identificarla come una Bock a tutti gli effetti: aromi di caramello e quasi liquorosi di malto, corpo caldo, mieloso ed avvolgente, e chiusura che pur rimanendo dolce rende giustizia anche alla luppolatura lieve ma che fa il suo lavoro di non lasciare persistenze stucchevoli.

Da ultimo la Gragnola, che con la sua luppolatura agrumata di Mandarina mi aveva ingannata nel credere che ci fossero anche luppoli americani: il birraio Davide si è infatti strettamente attenuto ai luppoli continentali e alla scuola inglese, per una birra sì profumata tra il fruttato e il floreale ma non sopra le righe, corpo scorrevole e fresco e finale di un amaro tra il fruttato e il resinoso. Ben costruita, da bere in quantità.

Chiudo ringraziando di nuovo tutti i birrai e i membri dello staff dei birrifici, e la Fiera di Cremona; nonché tutti i partecipanti alle degustazioni, per le quali ho anche qui quest'anno riscontrato un interesse crescente: che credo dovrebbe stimolare gli operatori del settore sì a ripensare modalità di eventi che hanno fatto il loro tempo, ma anche a non trascurare questi segnali lanciati dal pubblico.

Nessun commento:

Posta un commento