Altri poi, come Patrice di Sognandobirra, si soffermano sui parametri - non pastorizzazione, non filtrazione e quantitativo limitato - usati per definire i birrifici e la birra artigianali: "Ognuna di queste caratteristiche perché deve identificare l'artigianalità? - si chiede - E se un'azienda industriale ne producesse una piccola quantità con le medesime caratteristiche? Per me si parte dando troppa importanza al termine artigianale: la birra va descritta andando al sodo elencando i pregi e spiegando ai consumatori le caratteristiche, e questi decideranno se ciò che bevono è buono o no. La birra o è buona o non lo è, che sia un piccolo o un grande produttore a farla. Se Sognandobirra un domani crescerà e produrrà un quantitativo che va oltre i limiti imposti mantenendo le stesse caratteristiche di ora, la birra perderà di valore? Il problema sta nella nostra italianità: è più importante mettere paletti che dare il peso alla protagonista, la birra. Ora mi tirero' dietro gli insulti di molti cultori o colleghi che tengono a questo termine. Usatelo pure ora che potete, io continuo a lavorare come ho sempre fatto".
Su una linea di pensiero simile si pone anche Ivan Borsato: "Certamente è importante identificare il prodotto artigiano sull'etichetta, e pretendere che i grandi produttori non usino a sproposito il termine - afferma -; ma questa legge saprà tirare fuori gli strumenti giusti per identificare il prodotto di qualità? Perché se birra artigianale non è un sinonimo di birra di qualità, allora cosa l'abbiamo identificata a fare? Chi ha scritto questa legge si è dimenticato di
un concetto basilare: fare la birra a mano. Un artigiano è tale se lavora con le proprie mani, se il prodotto che ne esce contiene estro e creatività per i quali siamo internazionalmente riconosciuti. Ci sono imposizioni con la microfiltrazione che sono tecnicamente labili: cos'è la microfiltrazione? Filtrare una birra per stabilizzare il suo shelf life? Allora è fondamentale per i produttori che si vogliano affacciare all'export, specie per lidi lontani. Poi resto impressionato dalle grandezze di riferimento per identificare i birrifici artigianali: 200.000 hl l'anno, quando la media dei birrifici artigianali italiani è 750 hl anni (fonte Assobirra). Ritengo la legge un'ottima base, anche perché fissa il requisito dell'indipendenza dei birrifici, ma dovremo fare un passo in più verso la qualità oggettiva, l'artigianato, l'export". Dubbi simili in quanto alla definizione di microfiltrazione e alla necessità di stabilizzare il prodotto per la spedizione li ha espressi anche Lorenzo Serroni di The Lure, che si augura che - con tutte le incertezze ancora esistenti sulla norma - non si sia "chiuso un buco, ma aperto un burrone".
Altra questione scottante è infine quella dei beerfirm, che la legge parrebbe escludere dalla definizione di birrifico artigianale in quanto non possiedono impianti propri: e su questo fronte l'unica voce che ho ricevuto è quella di Paolo Costalonga, di Birra di Naon. "Ai beerfirm credo vada riconosciuto il
merito culturale di contribuire al fenomeno della birra artigianale
italiana di questi ultimi anni - afferma -. Dal punto di vista economico-produttivo poi, credo che il merito maggiore sia quello di aiutare ad ammortizzare gli impianti dei piccoli birrifici
artigianali e ad aumentare il loro potere contrattuale (per esempio l'acquisto di
fusti, bottiglie, etichette, scatoloni). Cose che aiutano non poco. Detto ciò, al di là della definizione
legislativa, la mia domanda è se sia più artigianale una birra fatta in uno stabilimento non di proprietà che produce meno di
1000 ettolitri anno, utilizzando materie prime a filiera corta, oppure una birra fatta in uno stabilimento di
proprietà che produce 199.000 ettolitri anno utilizzando materie
prime comperate esclusivamente all'estero e processi che
escludano quasi completamente l'intervento umano. In ogni caso credo che i consumatori,
anche se non vedranno nell'etichetta la
scritta “birra artigianale”, riusciranno a percepire
l'artigianalità del prodotto. La definizione normativa è stata
creata, è vero, per riconoscere finalmente il lavoro di molti, ma potrebbe porre le basi di una nuova discrimminazione nei
confronti del lavoro di molti altri".
Bell articolo, vedremo gli sviluppi perché come sempre le leggi son fatte da chi non conosce la materia.
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