giovedì 3 marzo 2016

Spiriti liberi in quel di Trieste

Ho avuto occasione di partecipare ieri, alla Tavera ai Mastri d'Arme di Trieste, alla serata con il birraio tedesco Sebastian Sauer di Freigeist Bierkultur (Colonia): un incontro sotto l'egida di Andrea Camaschella con questo "spirito libero" - traduzione letterale del nome del birrificio - che, alla mia provocazione su come nemmeno una delle sue birre sia "convenzionale", ha risposto "il mio secondo nome non è mica Reinheitsgebot" - il "decreto di purezza" emesso da Wilhelm IV di Baviera nel 1516 che imponeva di usare solo acqua, malto d'orzo, e luppolo per fare la birra.

In realtà Sebastian alla tradizione attinge a piene mani, ma la reinterpreta in una maniera che sa stupire. La prima birra che ho assaggiato è stata una berliner weisse alle fragoline di bosco - ben 800 kg su una cotta da 400 litri: tralascio le vicissitudini che hanno accompagnato il reperimento di una quantità così massiccia di frutti - in cui sia l'aroma che il sapore della fragola sono così intensi da cancellare del tutto l'acidità che caratterizza lo stile. Sebastian sostiene però che le "vere" berliner weisse - coerentemente alla tradizione tedesca che chiede tendenzialmente birre da poter bere con facilità - abbiano un'acidità assai meno pungente di quelle che generalmente oggi conosciamo: per cui, a suo modo di vedere, la sua "Berliner Scheisse" - così l'ha chiamata - non è uno snaturamento dello stile, ma una piacevole e fresca reinterpretazione. Faccio poi notare il colore marrone-rossastro, come si nota nela foto: oltre che ad una piccola percentuale di malti scuri, è dovuto - Paolo Erne docet - al ph non eccessivamente basso, caso in cui la fragola avrebbe un colore rosso vivo.


Accanto alla Berliner Scheisse ho poi assaggiato la Preussen Weisse, una weizen al pepe: anche qui aromi e sapori speziati tanto intensi da imporsi - pur senza cancellarli - su quelli di banana e lievito tipici delle weizen; lasciando peraltro una persistenza assai lunga e un aroma finale quasi "selvatico", da campagna, dato dall'unione tra speziato e cereale.

Parlando di tradizione merita una nota particolare la Gruit Vibration, una pale ale in cui Sebastian ha recuperato l'uso del gruit - miscela di erbe o bacche variabile a seconda delle zone in uso prima del luppolo - al posto di quest'ultimo. Nella fattispecie ha qui usato rosa canina, bucce d'arancia e bacche di olivello spinoso: un insieme che, unito al lievito speziato, al naso ricorda un incrocio tra una blanche e una saison, mentre al palato - aspetto di cui Sebastian va particolarmente fiero - i vari sapori si amalgamano in maniera armonica prima edlla chiusura fresca tra il fruttato e lo speziato. Una birra del genere, peraltro, in Italia non si potrebbe nemmeno chiamare birra non utilizzando luppolo: contraddizioni nostrane, se teniamo conto che questa pianta era inizialmente del tutto sconosciuta nell'arte brassicola.

Da ultimo ho provato la Salzspeicher, una porter aromatizzata con frutti rossi e sale: il canonico tostato dello stile lascia immediatamente lo spazio all'acidulo della frutta, peraltro abbastanza persistente, che sotto diversi profili la fa avvicinare ai gusti degli amanti delle birre acide. Rimane comunque ben equilibrata, senza calcare la mano su questi sapori; ed è assai interessante come l'acidulo si sposa con la punta di sale, andando al smorzarlo e valorizzarlo al tempo stesso.

Un incontro curioso e istruttivo, che mi ha fatto scoprire birre decisamente fuori dall'ordinario.

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