martedì 5 gennaio 2016

Birra vegana e pensieri in libertà

Premessa: ho amici sia vegerariani che vegani, e rispetto pienamente la loro scelta. Però, dopo l'ennesimo post pubblicitario sulla "birra vegana" che oggi mi è capitato di vedere, non sono proprio riuscita a tacermi. Ohibò, verrebbe da dire: che cosa ci sarà mai di origine animale tra malto d'orzo (o altri cereali), acqua, luppolo e lievito (sempre di non voler considerare i microrganismi responsabili della fermentazione degli animali, ma allora staremmo parlando di un vegano astemio e il problema non si porrebbe)? Va bene, esistono le milk stout - che contengono lattosio, escluso dalla dieta vegana in quanto estratto dal latte - e le birre al miele - pur sempre di origine animale -, ma si tratta di casi limitati e facilmente identificabili da chi segue una dieta di questo genere; per cui non si vedrebbe la necessità di specificare che una tal birra è vegana, perché si tratta né più né meno che della norma.

In realtà, come diversi siti di associazioni vegetariane e affini si premurano di precisare, è possibile che vengano usati elementi di origine animale nella chiarificazione e filtrazione: ad esempio colla di pesce, gelatina, caseina, carbone, terra di diatomee, insetti come la cocciniglia (un colorante), glicerilmonostearato, pepsina, zucchero bianco (il processo di sbiancamento può comportare l’impiego di ossa animali); e la stessa Guinness ha annunciato di aver eliminato l'uso della colla di pesce nei filtri. Una questione che parrebbe riguardare essenzialmente l'industria, non la birra aritigianale; e anche per quanto riguarda i grandi produttori, lo stesso direttore di Assobirra Filippo Terzaghi si era premurato di dichiarare a La Stampa che «soltanto in Irlanda e Inghilterra si usa la colla di pesce nei filtri per la birrificazione, in Italia e nei Paesi dell’Europa continentale non si è mai usata. La birra italiana è da sempre vegana».

Torniamo quindi alla domanda iniziale: posto che creare consapevolezza sul fatto che vengono usati anche questi processi di lavorazione è cosa buona, ha senso specificare che la birra è vegana, dato che si tratta della normalità? Non avrebbe forse più senso indicare chiaramente in etichetta (che comunque deve riportare gli ingredienti) quei pochi casi in cui non è così? Non stiamo forse correndo il rischio di sacrificare il buonsenso e la credibilità sul'altare del marketing? Domande che giro, in primo luogo, proprio a quei birrai che producono birra presentata come vegan: sarò felice di capirne qualcosa di più.

7 commenti:

  1. Sono pure operazioni di marketing... Ho discusso una volta con un birtificatore che si fregiava del marchio vegan e alla fine lo ha anche ammesso

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  2. Sì tratta di marketing in senso stretto: cercare di rivolgersi ad una fetta di mercato che altrimenti non usufruirebbe del tuo prodotto. Lo trovo però marketing positivo perché tendente a fornire informazioni aggiuntive, non richieste dalla normativa vigente in tema etichettatura. Faccio notare che l'alternativa suggerita (indicare in etichetta le birre non vegane) non è attualmente possibile proprio perché non previsto dalla legislazione, pertanto non è possibile obbligare un produttore a darsi la zappa sui piedi!
    Non vedo nulla di male nell'informare il consumatore sulle caratteristiche del prodotto. Prendiamo un caso che ci sta più a cuore da birrofili: l'attuale legislazione non prevede più la necessità di indicare il produttore in etichetta, quindi i beerfirm non hanno più il dovere di "dichiararsi" come beerfirm...in modo analogo il beerfirm che dichiara di esserlo oggi lo fa per scelta di "marketing",ma se non lo facesse a noi birrofili sembrerebbe quasi una mancanza di rispetto. Alla fine è solo questione di prospettive: per un vengano sapere che tra molte etichette può berne una in completa tranquillità sapendo che sta rispettando ciò in cui crede è un valore aggiunto! Non da ultimo, anche chi mette in etichetta riferimenti all'artigianalità del prodotto (spesso in modo non ammesso dalla legislazione) fa marketing, certo non ci scandalizziamo che lo dichiari.

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    1. Sì ma dimentichi la cosa fondamentale:
      I metodi di filtraggio di origine animale non sono un ingrediente e non sono nocivi!! Perché dovrebbero scriverlo??

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    2. Colgo l'occasione per invitare nuovamente a firmarsi; D'ORA IN POI NON PUBBLICHERO' POST ANONOMI DALLA PAGINA DI MODERAZIONE. Detto ciò, certo i metodi di filtraggio non sono un ingrediente, ma i vegani "puri" rifiutano qualsiasi forma di sfruttamento di materiasle di origine animale, e quindi anche questa. Pertanto una birra filtrata con quei metodi non sarebbe "vegan ok".

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    3. Scusate ma qualcuno deve dirlo, perchè la stupidaggine delle diatomee la vedo scritta ovunque... Le diatomee sono vegetali! :D

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    4. Grazie della precisazione; continuo comunque ad invitare a firmarsi....

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  3. Scusate se intervengo, ma i vegani - quelli militanti, che tendono al proselitismo e a criticare prepotentemente il prossimo (non vegano) - si rendono conto di "porgere una palla sotto rete, pronta da schiacciare" a "noi onnivori" dal momento in cui esistono birre (e vini) vegani? E' una semplice constatazione; nel momento in cui ci sono i vini e le birre vegane...non possono più nemmeno annusare i restanti vini e birre (il 99,9% della produzione mondiale) non dichiaratamente tali. Ovvero, fuor di metafora, al prossimo vegano che cercherà di farmi essere in colpa mentre degusto una bistecca, se non starà bevendo una birra od un vino "vegano"...diciamo che glielo farò "gentilmente" notare.
    PS: Un saluto a te Chiara, ci vediamo a "Cucinare" :)

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