mercoledì 15 aprile 2015

Un tris di Jeb

A Santa Lucia ho ritrovato anche una vecchia conoscenza, il birrificio Jeb; è quindi stato un piacere incontrare di nuovo la mastra birraia Chiara Baù - che tiene alta la bandiera delle quote rosa nel settore, perché per quanto non siano poi così poche le donne che vi lavorano, assai meno sono invece quelle ad essere titolari di un birrificio e di un brewpub.

L'offerta alla spina era peraltro assai varia, per cui sottrarsi sarebbe stato un vero peccato. Pur essendo passata la Pasqua erano ancora disponibili le birre di Natale - che comunque, a mia modesta opinione, con la colomba vanno benissimo -: la Stella e la Cometa (sì, siete liberi di ridere), una ale ambrata di orzo, segale e frumento aromatizzata con zenzero e vaniglia la prima, e una ale scura di orzo, farro e frumento la seconda. Compensibile che mi abbia incuriosita di più la Stella, essendo un'amante dello zenzero: spezia che si fa sentire con forza sia all'olfatto che in bocca, pur senza risultare eccessivo né male armonizzato con i malti, e che rende assai dissetante una birra che, dato lo stile, probabilmente non lo sarebbe un granché. Quasi nascosta invece la vaniglia, che ritorna a sorpresa con una punta di dolce quando ormai avete deglutito e non vi aspettereste più nulla.

Sempre per rimanere in tema invernale mi sono poi diretta sulla Brulé, un'altra ale ambrata, questa volta però aromatizzata con le spezie tipiche del vin brulé - cannella, chiodi di garofano, arancia dolce e anice stellato. Assolutamente da bere a temperatura ambiente, per apprezzarla meglio: il freddo mi ha inizialmente impedito di sentire tutta la rosa di profumi di cui sopra, così come i primi due sorsi sono purtroppo morti in bocca per lo stesso motivo. Su tutti spicca indubbiamente la cannella - tanto che ho trovato quasi sovrastasse il resto -, ma anche l'anice, pur senza farsi notare né all'olfatto né nel corpo, lascia una punta di freschezza finale.

A sentire Chiara, però, il suo pezzo forte è la Maya, una ale bionda con miele di rododendro. L'ho assaggiata fiduciosa in quanto lei stessa ha assicurato di condividere la mia opinione secondo cui, se bere un sorso è come mettere in bocca un cucchiaio di miele, allora prendo il vasetto e non il boccale: e in effetti devo riconoscere che è ben equilibrata, tra note floreali, erbacee e di miele all'olfatto, e un corpo dolce ma non stucchevole che non lascia una persistenza da melassa sul palato . Anche il fatto che il miele sia di una varietà meno consueta come il rododendro conferisce una sua particolarità.

In tutto e per tutto un tris da ricordare, e che si fa riconoscere all'interno del panorama delle birre speziate e di quelle al miele: terreno non facile per il rischio di strafare, ma su cui Chiara pare sapersi muovere con competenza.

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