venerdì 5 settembre 2014

La prima cotta non si scorda mai...e neanche la prima degustazione

Dopo la graditissima esperienza di aver assistito ad una parte del corso per imprenditori della birra dell'Università di Udine, mi ero ripromessa di non perdermi quello di degustazione, che viene organizzato ogni autunno: e infatti, quando un paio di giorni fa ho ricevuto la notizia che si sarebbe tenuto dal 28 al 30 novembre, non ho perso tempo nel mandare la scheda di iscrizione. Grande boss del tutto è come sempre il professor Buiatti (nella foto), alla cui tenacia si deve peraltro il fatto che l'ateneo friulano sia stato il primo in Italia a dotarsi di un impianto per la produzione della birra e che venga tenuto un insegnamento di tecnologia della birra all'interno del corso di laurea in scienze e tecnologie alimentari. Insomma, se siete degli aspiranti mastri birrai, Udine potrebbe essere il posto per voi, e non solo in età universitaria: alcuni corsi, come appunto questo, sono aperti a tutti, e non a caso c'è gente che arriva anche da lontano per frequentarli. Senza contare che il volantino di presentazione recita "Il gruppo di ricerca sulla birra svolge inoltre una serie di analisi di laboratorio volte al miglioramento e al controllo qualità del prodotto finito": già mi immagino allegre bevute in compagnia a fine lavoro da parte dei ricercatori. Al di là degli scherzi, una cosa che ho avuto modo di apprezzare lo scorso maggio è stato l'affiatamento e la coesione di questo gruppo: da Buiatti al più giovane dei collaboratori, un team che indubbiamente ama il proprio lavoro, e che sa trasmettere questa passione a chi partecipa ai corsi.

Pensavo si partisse subito a stappare bottiglie, ma leggendo il programma ho dovuto - ahimé - ricredermi: il primo giorno è infatti dedicato alle "Materie prime e tecnologia della birra", ai "Principi di analisi sensoriale" e all' "Utilizzo della scheda sensoriale con degustazione" (ah ecco, qui forse c'è speranza di dissetarsi almeno un po' dopo tante fatiche in aula). Tutte lezioni tenute dal prof Buiatti e dal prof. Battistutta, entrambi docenti dell'Università. Il secondo giorno invece già si comincia a ragionare, con la "Descrizione dei difetti e prova pratica di riconoscimento" (e che significherà mai, bere birre riuscite male per poi capire che cosa non va? Bah, se è così io passo...) e soprattutto con la "Geografia e stili birrari con degustazione" - questa sì sarà di birre buone - e gli "Esercizi per il miglioramento delle capacità degustative", sotto la guida del tecnologo alimentare Paolo Passaghe e del mastro birraio dell'ateneo Stefano Bertoli. Temo dovrò farmi venire a prendere in macchina dato il tasso alcolemico che avrò alla fine, dato che anche mettersi in sella alla bici potrebbe non essere un'ottima idea. Si conclude poi l'ultimo giorno con uno degli argomenti che più mi interessano, l'abbinamento tra birra e cibo, illustrato sempre dal prof Buiatti: indubbiamente uno dei settori più promettenti, dato che - come ha ben illustrato Teo Musso nel suo intervento qui a Udine, di cui ho parlato in questo post - è grazie all'ingresso della birra nel settore della ristorazione e della gastronomia che la produzione artigianale ha iniziato a farsi strada.

Al di là della descrizione più o meno scherzosa, per la quale spero il prof. Buiatti e soci mi perdoneranno - senza vendicarsi facendomi bere l'imbevibile durante il corso -, sono curiosa e pronta a rimettermi sui banchi come ai tempi dell'università; e chi volesse unirsi o chiedere altre informazioni, non ha che da scrivere a cerevisia@uniud.it . E se vi è sembrato, più che un post, uno spot pubblicitario, lasciatemi dire che lo faccio volentieri: perché da tempo nel campo della birra artigianale si fa gran parlare della necessità di "educare" il consumatore, spiegando la differenza tra birra artigianale e industriale, così che questo possa fare una scelta consapevole non solo sotto il profilo del rapporto qualità/prezzo - perché, diciamocelo, il prezzo della birra artigianale va "spiegato", altrimenti non si capisce perché questa dovrebbe costare due o tre volte tanto - ma anche sotto quello più latamente culturale. E credo che il lavoro che l'Università di Udine fa, sia formando i giovani tecnologi alimentari che tenendo questi corsi, sia prezioso in questo senso.

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