sabato 3 maggio 2014

A tutta birra, parte prima: il fascino della volgarità

Fino a questa sera, appuntamento imperdibile per gli amanti della birra in quel di Udine è "A tutta birra", che occupa ben tre padiglioni della fiera. In realtà, non la definirei una fiera nel senso classico del termine, ossia un momento di incontro tra operatori del settore: più che altro un'occasione per i birrifici di distribuire generosamente le loro creazioni agli appassionati, in un tripudio di spine, fusti e bottiglie. Un appuntamento estremamente informale insomma, in cui ho peraltro ritrovato parecchi amici - da Tazebao, a Zahre, a Baracca Beer.

Nuova conoscenza è invece stato il birrificio Ottur di Salgareda (Treviso), nome che può risultare piuttosto misterioso finché non se ne vede il logo, in cui la r finale è rovesciata a specchio: chiaro invito a leggere la parola al contrario, che si svela così essere "rutto". "Perché la birra è una cosa semplice, da bene in compagnia, senza pretese né galateo - ha sentenziato il birraio Federico -. E soprattutto in gran quantità, senza doverci pensare". Anche lui, mi sono detta, è della stessa scuola di pensiero di Gino Peressutti di Foglie d'Erba. Tenendo conto che di formazione è sommelier - oltre che istruttore di scuola guida di professione, il che potrebbe porsi in serio conflitto di interessi con l'attività di birraio - si capisce perché, come lui stesso ha ammesso, abbia preferito darsi ad un mondo con meno lustrini.

Non a caso la linea di birre che escono dai loro due fermentatori - per ora piccoli, appena un centinaio di litri l'uno - è stata battezzata "Volgare": c'è la bianca, la rossa, la nera e la bionda, a cui si aggiunge - fuori catalogo, diciamo così - la ipa. Tutte quante, ha precisato Federico, "con una nota decisa di acidità: perché a me piace così, le trovo più bevibili".

In effetti l'acidità si pone come nota distintiva della bionda - una ale chiara che per il resto non ho in realtà trovato distinguersi particolarmente da altre dello stesso genere - e della bianca; questa sì invece merita una nota a parte, perché questa persistenza, sposandosi con l'aromatizzazione al coriandolo, ne fa una blanche indubbiamente diversa dalle altre. Insomma, l'ho apprezzata nonostante i miei preconcetti verso l'acido, come ho ammesso io stessa a Federico.

Assai curiosa poi la nera, in cui - acidità caratteristica a parte, che di solito non è presente nelle birre di questo genere - si distingue un certo aroma di oliva che Federico ha ammesso essere non intenzionale, ma "una sorpresa degli ingredienti". Ammetto che, non essendo un'appassionata di olive, non mi ha entusiasmata; però, se siete alla ricerca di aromi e sapori insoliti, indubbiamente fa al caso vostro. Meno luppolata rispetto alle altre dello stesso genere e soprattutto molto più beverina è poi la ipa, tanto che l'altro birraio, Zarko, completamente calvo, mi ha messa in guardia: "Attenta che è parecchio alcolica: io, prima di berla, avevo i capelli lunghi e biondi". Beh, almeno la collaudano: e se la bevono loro, è una garanzia...

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