La prima birra che Matilde ci ha messo davanti è stata la Howling Gale Ale, dall'aroma ben agrumato e dalla convivenza piuttosto insolita tra un corpo discretamente dolce ed una luppolatura ben decisa (tre diversi luppoli, American Chinook, Amarillo e Centennial per la precisione) che mi ha ricordato quella delle Ipa, anche se Ipa non è. Per quanto abbia apprezzato da subito l'accostamento con il crostino alla crema di merluzzo, date le note di agrumi che ci andavano a pennello, ci ho messo decisamente di più ad apprezzare la birra in sé, che all'inizio mi ha lasciato - appunto - l'amaro in bocca, dato il contrasto marcato con quel "sottofondo" di dolce. In realtà poi, sorso dopo sorso, ho iniziato a lodarne le virtù, fino a concludere che era decisamente degna di nota. Mai come in questo caso, direi, la mia opinione su una birra è cambiata così tanto in corso d'opera.
In seconda battuta è arrivata la Sunburnt Irish Red, una rossa come dice il nome stesso. Abbastanza "classica" nel suo genere direi, dagli aromi dolci e corpo caramellato, pur bilanciato nel finale da una luppolatura non troppo pronunciata. Indovinato anche in questo caso l'abbinamento con il Dublin Coddle, un crostino di salsiccia, carote e patate, dato che carni rosse e birra di questo tipo si riciamano l'un l'altra; birra che però, per quanto apprezzata, non mi ha impressionata.
Dulcis in fundo, in tutti i sensi, ci siamo dati alla Knockmealdown Porter (un nome, un programma, si direbbe, dato che significa letteralmente "Porter abbatti pasto", quindi si presume ottima come digestivo) insieme alla Porter cake. Perdonatemi se mi soffermo prima su quest'ultimo, piccolo grande capolavoro di Matilde: una torta al cioccolato e porter con una crema di formaggio dolce, che oserei definire libidine pura. Generalmente gli abbinamenti per accostamento mi lasciano un po' perplessa, preferisco di gran lunga quelli per contrasto, meno "ripetitivi" anche se più difficili da fare; però questa volta devo ammettere che le note di caffè - che definirei la particolarità di questa porter, che per il resto, checché ne dica la descrizione che la vuole come un'evoluzione delle stout inglesi di epoca vittoriana, non mi è sembrata differenziarsi molto dalle altre del suo genere - erano il degno coronamento del cioccolato della torta, "sgrassando" peraltro ben bene.
Dovendo, ma proprio proprio dovendo, azzardare una valutazione finale, direi che la Gale Ale vince come birra in sé e per sé, e la porter con relativa torta come abbinamento. Ma, si sa, sono scelte difficili: per cui meglio non farle, ed assaggiare un po' di tutto...
Nessun commento:
Posta un commento