Dato che Gabriele non era ancora rientrato, abbiamo intanto fatto conoscenza con l'altra metà della società, la moglie Renata: una tipa tutto pepe intenta a servire birre alla spina agli avventori discretamente numerosi - che chiamava tutti per nome: o è una clientela di affezionati, o lei ha una memoria spaventosa. Tanto per cominciare, ci ha offerto un bicchiere: questa volta mi sono buttata sulla Panera, una weizen particolarmente dissentante. Chiedo venia per la mia scarsa sensibilità a Unionbirrai, che nel 2008 l'ha scelta come terza classificata per "Birra dell'anno", ma - per quanto buonissima - non sono riuscita a percepire quel "tocco" speciale; tocco che invece questa volta ho colto nella Liquentia (scelta da Enrico: il nostro patto è prendere sempre birre diverse, e condividere, oltre alla buona e alla cattiva sorte, anche il bicchiere), il cui retrogusto erbaceo mi ha lasciata davvero stupita e me l'ha fatta ampiamente rivalutare.
Tra una Panera e una Liquentia, quindi, Renata ci ha raccontato la storia del birrificio, aperto nel 2007. All'epoca Gabriele, che lavorava come tecnico manutentore nei birrifici, aveva avuto da un cliente l'offerta di acquistare a prezzi convenienti i fermentatori che avrebbe dismesso. E così è partita la scommessa, a cui si è unita anche lei dopo anni passati a servire nei pub. «All'inizio brassavamo a Padova perché qui le strutture ancora non erano pronte - ha raccontato -, con l'aiuto di un mastro birraio da Cuneo: poi, pian piano, abbiamo iniziato a farci conoscere alle fiere e alle feste, si è avviata la produzione qui, e alla fine abbiamo aperto il punto vendita». Punto vendita peraltro assai vario: accanto alle bottiglie si trovano diversi prodotti tipici locali - dalla farina per polenta, agli asparagi sott'olio, al miele - che arrivano direttamente dagli agricoltori dei dintorni. Insomma, non ce n'è solo per gli appassionati di birra.

Finito il tour, Gabriele ha insistito per invitarci a sedere sui tavolini all'esterno e stappare una bottiglia di Valscura, nonostante le nostre perplessità dato che poi ci saremmo dovuti mettere alla guida. Ma ne è valsa davvero la pena: non solo perché è una scura dall'aroma di caffè e retrogusto di liquirizia davvero notevoli; ma anche perché è stato un momento assai piacevole con Gabriele e Renata, sentendoli descrivere la produzione delle loro birre quasi come un gioco, un esperimento «per assaggiare che cosa ne esce», con tutta la passione del caso. «Adesso è pronta la Patriarcale, un'ambrata a tripla fermentazione a cui ho fatto più di trenta luppolature - ha riferito entusiasta Gabriele -: l'abbiamo assaggiata qualche giorno fa, ed è riuscita davvero speciale. Da bere sul divano, però, perché è forte». Un po' come se stessero brassando per se stessi più che per i clienti, che sono per la maggior parte privati: solo il 20% della produzione arriva in birreria, per il resto passa tutto da questo punto vendita. Oddio, mica tutto: «Ma dov'è che Renata ha messo l'ultima bottiglia di Canipa? Accidenti, me la nasconde sempre, perché vuole che ne rimanga anche per noi». Ecco, appunto.
Nessun commento:
Posta un commento