Anche in Friuli Venezia Giulia, come in altre zone d'Italia, stiamo vivendo una fase di serrata; quella che, come già segnalato dalla Confederazione Italiana Agricoltori, sta costando al settore birrario fino al 90% del fatturato - spingendo alla richiesta di inserimento dei birrifici tra i codici Ateco che hanno diritto a ristori, dato che nel primo non vi erano compresi. Ok, questa è la stima più pessimistica tra le diverse che ho trovato; comunque anche la più ottimistica parla di un -40%, non noccioline.
Tralasciamo sulla maniera in cui la zona arancione è "piovuta" sulla Regione - appena prima di un weekend in cui numerosi operatori si erano già organizzati per riuscire a lavorare in sicurezza e salvare almeno parte del fatturato, alla luce delle rassicurazioni ricevute soltanto il giorno prima - e che, al di là di ogni valutazione sulla necessità di queste misure, pone il problema della rottura del rapporto di fiducia tra cittadini (operatori economici soprattutto) e istituzioni; fatto sta che più o meno tutte le realtà del mondo birrario si sono, meritoriamente e con fantasia, attrezzate per affrontare al meglio il momento tra asporto, delivery, e iniziative che possano suscitare la curiosità di un pubblico anch'esso - ahimé - ormai stanco di vivere la propria passione per la birra solo nel chiuso di casa e davanti ad un computer.
Appena prima della serrata sono riuscita ad accordarmi con il birrificio Zahre per andare a procurarmi una bottiglia della loro ultima creatura, la Weiss (ovviamente quando si va a Sauris è sempre d'obbligo la levataccia all'alba, per poter approfittare di una camminata in questi luoghi spettacolari prima di darsi al duro lavoro). Accolta con il solito calore nonostante il distanziamento sociale (leggi: tre tavoli di distanza tra l'uno e l'altro nello spazio all'aperto fuori del birrificio) da Sandro e Slavica, mi sono quindi fatta raccontare un po' di questa birra.
Che in realtà, tecnicamente, non è una Weiss. La cosa è nata infatti (come spesso accade) casualmente, da un errore nell'etichettatura da parte del produttore di una confezione di lievito; facendo finire quello appunto da Weiss nel mash della loro Pilsen. Passato il primo momento di perplessità (e anche di ira funesta, oso immaginare, davanti alla concreta prospettiva che toccasse buttare via tutto), in casa Petris hanno comuqnue assaggiato e concluso che l'idea di mettere il lievito da Weiss nella ricetta della Pilsen non era poi così male - per quanto ai limiti dell'eresia; e così, con gli opportuni aggiustamenti, è nata questa sui generis.
Una creazione del tutto particolare, dunque, di cui mi verrebbe da dire: non bevetela se siete dei patiti delle Weiss "ortodosse". Però sicuramente può risultare di gradimento a chi cerca una birra appunto fuori dagli schemi, ma allo stesso tempo all'interno di quella semplicità ed equilibrio d'insieme e facilità di beva tipica della filosofia di Zahre.
Un grazie a Sandro, Slavica e tutto lo staff!
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