venerdì 13 dicembre 2019

620 Passi tra Marano e Latisana

Ho avuto il piacere di fare visita di persona al nuovo stabilimento del birrificio 620 Passi - conosciuto a Ein Prosit e di cui avevo parlato in questo post - a Gorgo di Latisana (Udine). Come già avevo scritto, dopo 5 anni di beerfirm l'impianto di proprietà - uno Spadoni da 12 hl - è ora avviato; e, per quanto manchino ancora alcuni dettagli nell'allestimento dello stabile e non ci sia quindi ancora stata un'inaugurazione ufficiale, le birre escono ora da lì. E' stato interessante innanzitutto farsi raccontare dal birraio, Roberto Regeni, la storia sua e del birrificio: gli anni da homebrewer, la decisione di avviare un'attività brassicola dopo un periodo in Australia, la formazione sul campo con il birraio Andrea Liessi di Bradipongo e il periodo di beerfirm presso di loro, l'apertura del locale a Marano Lagunare, le difficoltà che hanno rinviato l'apertura, il coinvolgimento di nuovi soci e finalmente l'avvio dell'attività. Ancora una volta, comunque, non un homebrewer - per quanto bravo - che fa il grande salto da zero: c'è stato un periodo di formazione, e l'allargamento della compagine societaria ai finanziatori che hanno creduto nel progetto.

Dopo un breve tour, con Roberto ho assaggiato le birre giunte a fine maturazione direttamente dai tank. Siamo partiti dalla versione "alternativa" della Arsura, nata come lager chiara, ma che - a fronte delle richieste - Roberto ha prodotto anche nella "controparte" ale, che necessita di tempi di maturazione più brevi. Se la sfida era ottenere comunque un prodotto quanto più possibile simile all'originale, lavorando a temperature leggermente più basse delle ale sia in fermentazione che in maturazione, direi che è riuscita: appena spillata dal tank risalta il classico profumo di cereale fresco che ricorda le Zwickel (così come la torbidità), forse meno evidenti Hersbrucker e Premiant data la bassa temperatura, ma non è percepibile comunque (neanche a temperature elevate) alcun fenolico da lievito inappropriato. Interessante anche l'assaggio della ipa Fipa, che in virtù della freschezza esibisce aromi tropicali e fruttati di mosaic ancora più intensi, per quanto questo renda forse più netto e tagliente il contrasto con l'amaro resinoso finale.

Ragione principale della visita era però l'assaggio della nuova nata, la imperial stout Daracò: termine dialettale maranese che significa "fallo di nuovo" - frase che, mi ha riferito Roberto, il suo socio gli ha detto dopo averla assaggiata la prima volta. In realtà l'etichetta "imperial stout" potrebbe un po' stonare, dato il tenore alcolico basso per la categoria - 6 gradi - e un profilo organolettico relativamente delicato sempre rispetto alle birre classificate come tali; è altrettanto vero però che già da fredda esibisce aromi intensi di tostato e di torbato (è presente infatti anche una piccola quantità di malto torbato), a cui si aggiungono poi con la temperatura i classici caffè, cioccolato e liquirizia; che persistono nel corpo pieno ma vellutato e scorrevole, prima di un finale di un secco amaro da malto persistente ma non invasivo. Una birra che ho comunque trovato più complessa delle stout "medie", e ben equilibrata in questa complessità, per quanto non del tutto accomunabile neanche alla imperial stout da manuale. Una birra che abbinerei volentieri a del pesce alla griglia - a anguilla allo spiedo, suggeriva Roberto - dati i toni torbati.

Mi si conferma quindi l'idea di un birrificio che, pur essendo appena avviato e con conseguente necessità di affinare man mano i propri prodotti, ha saputo comunque non improvvisarsi e partire con il piede giusto; non resta che attendere futuri sviluppi...

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