In questo ultimo giorno dell'anno, riporto qui sotto l'intervista a Severino Garlatti Costa pubblicata ieri a mia firma su Il Giornale della Birra. Buona lettura e buon anno!
Una delle criticità che più spesso è stata lamentata dai birrai
artigiani è l’assenza di una vera e propria associazione di categoria: e
infatti in alcune Regioni ci si è mossi in questo senso, spesso grazie
anche al sostegno di Confartigianato. Tra queste c’è il Friuli Venezia
Giulia, dove nel luglio del 2015 è stata fondata l’Associazione Birrai
Artigiani Fvg: i suoi scopi, come specificato dallo statuto, vanno dalla
consulenza in campo formativo, legale e fiscale, alla promozione di
eventi e iniziative di vario genere e dei contatti tra birrai, alla
sensibilizzazione del consumatore e degli enti pubblici, alla creazione
di sorta di “gruppi di acquisto solidale” per le materie prime. Il
Giornale della Birra ha incontrato Severino Garlatti Costa, titolare del
birrificio Garlatti Costa di Forgaria, e presidente dell’Associazione –
che oggi conta una quindicina di soci, su una trentina tra birrifici e
beerfirm presenti in Regione.
Quali sono stati i principali traguardi raggiunti dall’Associazione in questo primo anno di vita?
Il risultato più immediatamente “visibile” è stato l’essere riusciti
ad organizzare numerosi eventi insieme, da Friulidoc, all’Artigiano in
Fiera; e fondamentali sono state in questo senso le collaborazioni con
Ersa (l’Ente Regionale per lo Sviluppo Rurale) e Confartigianato. Ma è
stata proficua anche la collaborazione con le istituzioni, che già da
tempo spingevano per avere un interlocutore unico: oggi abbiamo un
rapporto continuativo con diversi consiglieri regionali, che ci consente
di far presente le necessità del settore – dalle normative agricole
alla promozione del prodotto – e devo dire che abbiamo trovato ascolto.
Inoltre la Regione può porsi come mediatore tra noi e altre istituzioni,
come l’Agenzia delle Dogane.
Quali sono state invece le principali difficoltà?
Innanzitutto il fatto che ciascun birrificio, essendo tutti di
piccola dimensione, ha poco tempo da dedicare a mettere a frutto tutte
le possibilità che l’Associazione apre: senz’altro servirebbero altre
persone per sviluppare i vari progetti. Inoltre, ma non è certo un
problema dei soli birrifici, non tutti capiscono l’importanza del
mettersi insieme e fare massa critica: come singoli siamo inascoltati.
Ci sono delle specificità della Regione che possono essere utilmente messe a frutto da voi birrai artigiani?
Il fatto di essere tutti di piccola dimensione, e almeno per ora non
numerosissimi, pur essendo per certi versi un limite ci consente di
avere più agevolmente contatti diretti tra di noi. Inoltre siamo la
Regione è è partita per prima nel campo della divulgazione culturale nel
settore birrario, con la preziosa opera del prof. Buiatti
dell’Università di Udine. Altre Regioni, come la Lombardia e il Veneto,
ci hanno poi superati sotto questo profilo e mi rammarico che non si sia
cresciuti con lo stesso entusiasmo; ma rimane comunque come punto di
forza e come stimolo a dare nuovo slancio il “vantaggio d’immagine” di
essere partiti per primi.
Quali sono i progetti e prospettive per il futuro?
Senz’altro il lavoro da fare per crescere come Associazione non
manca. Alla Regione abbiamo proposto la costituzione di un tavolo
permanente con il nostro settore, e di farci conoscere attraverso le
manifestazioni a cui la Regione partecipa all’estero: il mondo del vino
già è presente, per cui possiamo esserlo anche noi. Tra i progetti che
ci sono cari c’è poi la creazione di una piccola malteria, dando seguito
alle sperimentazioni già fatte all’Università.
Come vedi invece, più al largo, il futuro del settore in Italia?
Dalle ultime analisi uscite è emerso ciò che già da qualche tempo noi
operatori avevamo visto “sul campo”, ossia che esistono tre tipologie
di birrifici artigianali: i piccoli e i brewpub, che lavorando su
piccola scala e a livello locale fanno del poter vendere direttamente
l’intera produzione il loro punto di forza; i “grandi”, che vogliono
investire per crescere pur rimanendo artigianali, e devono strutturarsi
in maniera adeguata per poter sfruttare le economie di scala; e in mezzo
i “medi”, che hanno costi fissi paragonabili a quelli dei grandi, ma
non riescono a sfruttare quelle stesse economie di scala né a basarsi
solo sulla vendita diretta come i piccoli. Per i primi vedo un buon
futuro, anche a fronte della crescita vertiginosa del numero di
birrifici artigianali, grazie al loro radicamento sul territorio; così
come sono ottimista per i secondi, purché a condurli ci sia qualcuno che
ha una visione imprenditoriale. Per i terzi, invece, vedo una
situazione più critica.
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