A Friulidoc ho ritrovato anche una conoscenza che in realtà nuova non era - dato che si tratta di un birrificio ben conosciuto in Friuli -, ma che poteva dirsi tale nella misura in cui conoscevo pochissimo le sue birre: la Birra di Meni, birrificio artigianale di Cavasso Nuovo. Mi sono così fermata a fare due parole allo stand, così da conoscersi finalmente di persona dopo diversi contatti avuti tramite social network e diavolerie simili - con le quali, però, la birra non si beve.
Quello di Meni può dirsi un "birrificio di famiglia", fondato negli anni ottanta dal capostipite Domenico - soprannominato appunto "Meni" -, che ha iniziato maltando da sé l'orzo e raccogliendo con la moglie il luppolo selvatico dato che il mercato delle materie prime non era all'epoca ancora accessibile agli homebrewers; passione che col tempo - spinta anche dall'interessamento degli amici, che avevano iniziato ad apprezzare il prodotto così tanto da disegnargli e costruirgli una caldaia con motore elettrico per la miscelazione del malto - si è poi trasformata in lavoro, portato avanti insieme ai figli Romano e Giovanni. Un birrificio che è peraltro ben radicato nel paese d'origine, tanto che alle proprie creazioni ha dato i nomi di vie, contrade e quartieri della zona.
La produzione è parecchio vasta: ben sedici tipi di birra, con una buona gamma di aromatizzate - dalla Cjaranda alle mele, alla Caldan ai fionri di sambuco, alla Marals alle ciliegie; senza tralasciare qualche specialità come la Biers, un barley wine, e la "Cotta unica", una birra sperimentale che ogni volta è una sopresa. Inutile dire che mi sono trovata nell'imbarazzo della scelta, e a venirmi in aiuto è stato il fatto che alla spina non fossero naturalmente disponibili tutte: e tra queste mi ha incuriosita la Candeot, una ale chiara aromatizzata alla zucca - una birra "da cenerentola", mi è venuto appunto da pensare. Ammetto che qualche dubbio che fosse troppo dolce per rientrare nei miei canoni ce l'avevo, ma di fronte alle rassicurazioni in senso contrario mi sono fidata. In effetti all'olfatto l'aroma di zucca è appena percettibile, e non toglie spazio a quello del luppolo . Anche al primo sorso la si direbbe una lager chiara come tante altre e peraltro nemmeno troppo sbilanciata sul dolce dei malti - onestamente non l'ho nemmeno trovata molto corposa, contariamente a quanto affermato nel volantino; soltanto dopo arriva la "sorpresa", con una persistenza che dà un leggero sentore dolce di zucca. Il suggerimento è quello di accompagnarla a gnocchi e risotti di zucca, e infatti per molto tempo Meni ha rifornito la Festa della zucca di Venzone (che ora, ahimé, non si tiene più); però non mi limiterei a questo, perché il sapore di zucca non è invasivo e, pur rimanendo una birra dolce, non risulta affatto sbilanciata ed è così beverina da nascondere almeno la metà degli 8 gradi che ha.
A quel punto però, dato che la Candeot è buona sì ma ero convinta che si potesse fare di meglio, ho chiesto un suggerimento su quale fosse il cavallo di battaglia di Meni: e mi è stata indicata la Siriviela, la chiara doppio malto a bassa fermentazione che ha fatto definitivamente decidere anni addietro che era giunto il momento di trasformare la passione in lavoro. E in effetti non me ne meraviglio, perché questa no non si può definire "come tutte le altre": già all'aroma arriva una rosa di luppoli ben marcata, dall'erbaceo al floreale, e anche al palato risulta ben più corposa della media del genere - complice il grado alcolico non indifferente, 7,4. E se i malti si sentono bene, assai meglio si sentono i luppoli: il che dà poi una persistenza che ho trovato particolarmente duratura e amara, senz'altro peculiare. Insomma, una birra che si fa ricordare, e non a caso si è classificata prima nella sua categoria al concorso di Unionbirrai nel 2013. Ora non mi rimane che decidere quale sarà la prossima tra le 14 che mancano...
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