sabato 27 luglio 2019

Nuove conoscenze in Zardin Grant

Per i non udinesi, specifico che "Zardin Grant" ("giardino grande", trattandosi di fatto di un parco) è l'antico toponimo di Piazza Primo Maggio; dove anche quest'anno si è svolta la festa della birra. Mi permetto di osservare che mi ha lasciata assai perplessa il balletto che c'è stato tra il chiamarla "festa della birra artigianale" in alcuni contesti, e semplicemente "festa della birra" nelle locandine; e l'aver visto circolare comunicati stampa che parlavano di "artigianale Ichnusa" tra le birre presenti. Della serie, una comunicazione corretta in questo campo è purtroppo ancora ben al di là da venire, e sono pochi gli addetti stampa e comunicazione adeguatamente formati. Il tema richiederebbe comunque ben più di un semplice post, e quindi chiudo, giusto per la semplice e narcisistica soddisfazione di essermi tolta il sassolino dalla scarpa.

Nella veloce toccata e fuga che ho fatto ho avuto modo di conoscere un birrificio del vicentino, il Kraken, aperto da Massimo Cracco e Nicola Randon nel 2017. I due si definiscono "birrai per passione"; tuttavia, per tornare al punto secondo cui la storia dell'homebrewer che passa direttamente dalle pentole nel garage alla sala cotta è ormai storia passata, anche in questo caso ci sono altre competenze di base oltre al saper fare la birra in casa. Massimo è infatti un tecnologo alimentare che ha studiato a Udine con il noto prof. Buiatti, mentre Nicola ha competenze in ambito commerciale. La loro filosofia è quella di fare birre che abbiano sì un tocco di originalità, principalmente orientato alla facilità di beva, ma che comunque non stravolgano gli stili; e al momento ne hanno sei a listino - di cui una stagionale, una strong ale al miele di castagno. A destare la mia attenzione per prima è stata la Horny, una Alt - stile non molto diffuso in Italia. Si tratta, come desumibile dalla filosofia del birrificio che mi era stata appena illustrata, di una Alt in stile, dagli aromi tra il biscottato e il caramellato come da manuale; e con un corpo leggermente più snello e un finale meno amaro delle Alt classiche, che lascia il maggior evidenza la componente maltata pur rimanendo secco e chiudendo la bevuta.

Su proposta di Massimo ho poi assaggiato la Saison, aromatizzata con coriandolo e arancia dolce. Correttamente per lo stile, la parte del leone nell'aroma la fa la speziatura del lievito, lasciando arancia e coriandolo solo sullo sfondo a dare una punta di ulteriore complessità; in bocca risulta poi assai più delicata di quanto il naso lascerebbe supporre, con un corpo decisamente scorrevole e forse ai limiti dell'esile - irrobustirlo un pochino credo renderebbe meglio giustizia ai cereali, ed eviterebbe il passaggio brusco rispetto alla forza dell'aroma - per poi chiudere su toni tra il dolce e lo speziato. Mi ha infine incuriosita la summer ale Frida, senza glutine grazie all'utilizzo di un enzima che lo degrada. Al naso domina l'amarillo con i suoi aromi agrumati e floreali, per poi lasciare il posto ad un corpo estremamente scorrevole senza troppe note di cereale e ben carbonato. Interessante la chiusura netta e secca ma delicata e non persistente data dal Saaz usato in amaro. Nel complesso definirei quindi il Kraken un birrificio giovane, ma che può riservare sviluppi interessanti sia in quanto a consolidamento delle birre già prodotte che a nuove produzioni.

Parlando invece di birrifici a me già noti, ho provato la nuova "sperimentale" di Cittavecchia, la "Sex-ion Ipa" (il cui nome già rivela lo stile). Non vi tedio con la lunga lista di luppoli utilizzati sia in amaro che in aroma, che Giulio mi ha elecato con dovizia (roba da far impallidire la Millemilaluppoli della Poretti, verrebbe da ironizzare); il risultato è comunque un mix ben bilanciato che all'aroma evidenzia soprattutto la componente di frutta tropicale, prima di un corpo ben carbonato e snello pur senza disdegnare qualche leggera nota tra il maltato e il caramellato; e un finale tra il citrico e l'erbaceo mediamente persistente. Fresca e beverina, in stile, ma senza voler fare i fuochi d'artificio in quanto a luppolatura come da filosofia di Cittavecchia.

Da ultimo ho ritrovato il birrificio La Ru con la sua nuova Ruby, session ipa a cui la barbabietola dona un tenue colore rosato. In realtà la barbabietola dona anche una leggerissima punta di vegetale all'aroma dai toni agrumati e una certa aura tra il dolce e l'acidulo al corpo, che smorza l'amaro finale; fondamentalmente comunque rimane una ipa, dato che questi tocchi "eterodossi" sono comunque gestiti con parsimonia.

Al di là delle criticità a livello comunicativo che ho rilevato sopra (intendiamoci, non sto dicendo che non è legittimo fare un festival che unisca birre artigianali e non; però l'importante è la chiarezza), direi che un po' di buon materiale per appassionati c'è (gli altri birrifici artigianali presenti sono Zahre, Beerbante, Aqua Alta e Trevigiano).  L'auspicio è che, anche eventualmente su impulso dei birrifici stessi, in futuro la comunicazione sia migliore.

lunedì 15 luglio 2019

Riflessioni su birre, eventi e montagna

Questo fine settimana sono stata, come del resto molti altri, all'annuale "Happy Beerday Foglie d'Erba" organizzato dal birrificio di Forni di Sopra (Udine). Un evento che dal 2015 attira, in questa località delle pittoresche Dolomiti friulane non certo agevolissima da raggiungere, appassionati e professionisti del settore da tutta Italia; e che riesce a coinvolgere birrifici da tutto lo Stivale, con svariate decine di birre ospiti. La cosa mi ha dato modo di riflettere su come birra artigianale e sviluppo della montagna possano coniugarsi, dato che il Friuli - regione in cui questo tema è molto sentito - presenta due casi interessanti in questo senso rappresentativi di due percorsi diversi.

Il primo è quello dell'ancor meno agevolmente raggiungibile Sauris, nelle sue due frazioni abbarbicate in cima a 13 km di tornanti su strada stretta e a volte pure chiusa d'inverno. Qui il birrificio Zahre, tra i pionieri in regione, già da quasi vent'anni è sostanzialmente parte del brand del Paese: sotto l'egida degli enti e associazioni locali, infatti, tutto il Comune con aspetti economico-turistici annessi e connessi si presenta sotto un unico portale - sauris.org - per promuoversi. Che si tratti di organizzare qualcosa in loco, o di fare trasferte altrove (come ad esempio alle fiere) tutti gli attori si muovono (o almeno dovrebbero muoversi) insieme, questione vitale in un Comune di poco più di 400 abitanti: insieme alla birra troverete così il celebre prosciutto, o se salite fin lassù potrete passare agevolmente da una visita al birrificio, ad un'escursione organizzata, al trovare ospitalità nell'albergo diffuso.

Naturalmente in tutto ciò si inseriscono anche gli eventi - basti dire che la Festa del Prosciutto, anch'essa in luglio, porta lassù 20.000 persone, 50 volte la popolazione residente -; ma l'idea è quella di un lavoro che vada avanti tutto l'anno e preveda continuità. Prova ne è il fatto che Zahre è tra i birrifici artigianali che contano la maggior capacità produttiva (40 hl di sala cotta e 1370 di cantina) pur producendo birre che per loro natura hanno una shelf life breve, e distribuendo per la maggior parte su corto raggio. Qui la cosa notevole è stata quindi a mio avviso la creazione del brand che - pur tra alti e bassi - ha consentito di promuovere prodotti locali, territorio e in generale tutte le attività che vi hanno sede sotto un unico pacchetto: non a caso la Zahre è conosciuta come "la birra di Sauris", il prosciutto Wolf come "il prosciutto di Sauris", e via discorrendo.

Il secondo caso è appunto quello di Forni di Sopra, con il birrificio Foglie d'Erba. Anche qui esiste un portale turistico unico e una regia a livello di enti locali, anche se non si può dire che si sia creato un brand analogo a quello di Sauris; la cosa più notevole, al di là delle collaborazioni che esistono tutto l'anno tra il birrificio e gli altri attori economici locali, è appunto l'evento di luglio. Smentita qualunque teoria secondo cui "non si può portare la gente fin quassù", la gente arriva: appassionati del settore, certo, ma arrivano, dimostrazione del fatto che - vuoi per la reputazione consolidata di Gino Perissutti e della sua squadra, vuoi per la selezione di birre - il festival è considerato di qualità.

Inoltre mi sono resa conto, parlando con i presenti, che diversi di loro - anche persone che so non essere appassionate di montagna - si erano avventurate in passeggiate, escursioni, o in qualche attività organizzata in loco alla scoperta del territorio (io stessa, da montanara di lunga data, ero di ritorno da un rifugio). Una risposta calzante alla questione sollevata nell'ultimo editoriale del presidente generale del Club Alpino Italiano (Cai), Vincenzo Torti, sulla rivista Montagne 360°; lamentando come troppo spesso le montagne vengano usate da scenografia ai grandi eventi, ma senza entrare davvero nell'evento stesso - in altri termini, tenere l'evento in un qualsiasi altro luogo paesaggisticamente appetibile sarebbe stata la stessa cosa. Aggiungiamoci pure il fatto che l'evento è sì frequentato, ma non è "di massa": tutti aspetti di non secondaria importanza per un birrificio che, sin dagli inizi, ha fatto della sostenibilità ambientale e del rispetto e integrazione con il territorio uno dei principi non solo del suo lavoro, ma anche della comunicazione verso i clienti.

 

Questo non per tessere una lode fine a sé stessa di due birrifici che conosco: so bene che né a Sauris né a Forni tutto funziona alla perfezione, e che ci sono in Italia altri birrifici artigianali in zone montane che si stanno spendendo con altrettanta passione per una valorizzazione accorta del territorio. Però ho preso due casi che conosco perché mi hanno fatto riflettere su come nell'Italia dei campanilismi, delle montagne che spesso vivono una realtà di declino e di abbandono - e che magari tentano semplicemente di far rivivere improbabili glorie dei tempi andati, non più riproponibili oggi - non farebbe male prendere maggiore coscienza di come la collaborazione tra attori del territorio e tra birrifici artigianali possa dare un contributo. Unionbirrai, Cai, aziende di promozione turistica: le basi per lavorare insieme ci sono - ciascuna con la sua sensibilità e competenza specifica -, non serve creare attori nuovi. Anzi, proprio il Cai potrebbe essere un interlocutore rimasto sinora sullo sfondo, ma assai interessante: quale gruppo alpinistico, alla fine dell'escursione, non si ferma a reintegrare con una birra? Occasione giusta quindi per farlo in maniera consapevole, con la birra artigianale del luogo - e magari con una visita al birrificio, se possibile. Un'occasione che già c'è, non serve crearla: basta unire i pezzi del puzzle.