lunedì 29 giugno 2015

Una birra per l'estate

Qualche sera fa sono ritornata dopo tanto tempo al Samarcanda di Plaino: ed è stato peraltro un piacere trovarlo rinnovato nell'arredamento interno, con tanto di alcune simpatiche chicche che trovate nelle foto. Insomma, Beppe e Raffaella sanno unire professionalità e ironia sia nel servire le birre e nell'accogliere i clienti, sia nell'arredamento e accessori - dato che la collezione di bottiglie e di altri oggetti legati alla birra rimane tra le più curiose e ricche della zona.


A dire il vero non era una giornata proprio caldissima, ma il calendario comuqnue diceva che era estate: e così, dato che era lì alla spina che mi invitava, ho approfittato per aggiungere alla mia lista birre la Rulles Estivale ("estiva", letteralmente), che - orrore orrore - non avevo mai provato. Trattasi di una saison pensata appunto per le giornate calde, di facile beva e grado alcolico contenuto (5 gradi); ma una saison del tutto originale, che si discosta abbastanza dai canoni del genere. Il colore è di un giallo paglierino carico, tendente al dorato, e la schiuma è di grana sottile con una buona tenuta; e se all'aroma si sentono i profumi di frutta - in particolare pesca - e una leggera nota speziata tipica delle saison, il corpo snello e rinfrescante che inizialmente ricalca la dolcezza della frutta lascia poi spazio ad una luppolatura erbacea ed amara tanto decisa da far pensare a birre di ben altro genere, quasi più di stile britannico che belga. Insomma, si parte alla belga e si finisce all'anglosassone, lasciando la bocca piacevolmente pulita e la gola dissetata con un amaro parecchio persistente.

Approfitto, parlando di Samarcanda, per ricordare agli homebrewers di mettersi all'opera: dal 1 agosto e per tutto il mese è infatti possibile consegnare le birre per la seconda edizione del concorso Luppolando, secondo le categorie indicate nel bando. Insomma, se avete ambizioni di questo tipo e ancora non avete iniziato a brassare, affrettatevi...




martedì 23 giugno 2015

Miele, alloro e ginepro

Tra le (tante) bottiglie riposte in cantina, in attesa di quella "occasione speciale" che molto spesso si rivela essere semplicemente una serata sul divano in cui ti viene lo sfizio di stapparla, c'era la Nardons di Meni: una ale ambrata al miele di castagno che si annunciava come una particolarità all'interno del genere, essendo aromatizzata con ginepro e alloro.

La schiuma densa e generosa non si è rivelata molto persistente, ma la cosa non ha comunque pregiudicato la conservazione degli aromi: i toni di un resinoso e quasi amaro del miele di castagno erano ben pronunciati, e si sposavano bene con quelli balsamici del ginepro. Anche nel corpo ben pieno è il miele a farla da padrone, bilanciando con eleganza grazie all'amarognolo del castagno i sapori caramellati del malto; e il finale rimane sorprendentemente secco per una birra di questo genere grazie all'alloro che arriva a dare il suo tocco in chiusura. Una birra complessa e "da meditazione", dato che le note liquorose al palato fanno sentire tutti i suoi 8 gradi alcolici e anche più; e che farà la felicità degli amanti del dolce, ma che allo stesso tempo rifuggono lo "stucchevole" e ricercano qualcosa di diverso dal "caramello puro e semplice" (come mi trovo a etichettare certe non meglio definite "rossadoppiomaltoinstilebelga"). Unica nota di perplessità, la carbonatazione che ho onestamente trovato eccessiva: non voglio però farne una critica diretta a Meni dato che suppongo possa aver influito la rifermentazione in bottiglia, nonché la conservazione della bottiglia stessa (mea culpa, in tal caso).

In tutto e per tutto, comunque, una birra piacevole: magari approfittando delle giornate un po' più fredde di questi giorni, per poi darsi ad altri generi durante l'estate...

lunedì 22 giugno 2015

E' Joyce...ma non viene da Dublino

Anche quest'anno la Brasserie di Tricesimo ha onorato la tradizione di salutare l'arrivo dell'estate con il Festival della birra artigianale: per un weekend il locale si sposta all'esterno, per così dire, sotto i gazebo allestiti per l'occasione. Ospiti i birrifici Foglie d'Erba, Antica Contea, Camperstre e Garlatti Costa, con i birrai presenti; mentre la Brasserie ha messo a disposizione le birre di Toccalmatto e del Ducato, marchi per i quali il locale fa da distributore in zona. Ammetto che quest'anno non ho purtroppo potuto presenziare all'evento se non per poco, per cui non posso offrirvi una descrizione dettagliata come gli anni scorsi; però facendo un rapido giro tra i gazebo ho potuto constatare come i birrifici in questione abbiano portato sì i loro grandi classici, senza grosse novità - eccetto quelle estive di Garlatti Costa Riff e Slap, di cui ho parlato in questo post - ma che dopotutto sono i loro pezzi forti: un "andare sul sicuro" che non è mancanza di volontà di sperimentare, ma che, almeno stando alle chiacchierate che mi capita di fare con i birrai, è piuttosto quella di affinare sempre più le ricette esistenti per crescere in termini di qualità prima che di ampiezza dell'offerta.


Spero non me ne vogliano gli altri birrifici se mi soffermerò sulla Joyce di Foglie d'Erba, non per fare torto ad alcuno, ma semplicemente perché non l'avevo mai provata: una birra di frumento con ben il 40% di frumento non maltato che Gino (nella foto sopra insieme a Severino Garlatti Costa e Costantino Tesoratti di Antica Contea) ha recentemente rivisto, con l'uso di lievito da champagne. Già all'aroma si nota l'acidulo tipico di questo lievito, che risalta sui profumi tra il pane e il citrico caratteristici del genere senza però rompere l'armonia; armonia che si mantiene anche nel corpo, vellutato e leggero - senza però essere annacquato -, che la rende dissetante come del resto ci si aspetta. Occhio però che non è una birra di frumento qualsiasi: e lo si nota bene in chiusura, dove si conferma l'abilità di Gino nell'usare i luppoli, con un finale di un amaro erbaceo che unito alla leggera acidità data sia dal frumento non maltato che dai lieviti lascia la bocca incredibilmente pulita e fresca. Ci siamo trovati così a commentare, più o meno scherzosamente, che potrebbe accompagnare bene un frico: una birra del genere è ottima per "sgrassare", per quanto l'abbinamento possa apparire un po' eterodosso.

Parlando di novità, invece, attendo la nuova american amber ale di Antica Contea, di cui Costantino mi ha anticipato il nome bizzarro "What Stay In The Soup?", assicurandomi che "poi ti spiego perché l'abbiamo chiamata così": appuntamento su questi schermi dopo la "Notte Arrogante", il 3 luglio al Mastro Birraio di Trieste, in cui verranno proposte una serie di birre acide alla spina o in botte - dalle ormai celebri Godzilla e Rinnegata, alla Soursina, alla Vingraf. Rimanete sintonizzati...

martedì 16 giugno 2015

Eventi in arrivo

Dopo una lunga assenza dovuta a motivi di lavoro (eh sì, a volte mi tocca pure lavorare...), rieccomi qui. Diverse volte mi è stato chiesto di dedicare una sezione del blog, o quantomeno qualche post, all'annuncio di eventi in arrivo - invece che soltanto a resoconti di quelli a cui ho partecipato -, così che eventuali interessati possano averne notizia: compito a cui mi presto volentieri, mettendo comunque in chiaro che la cosa è a puro scopo informativo e non pubblicitario (dato che eventuali incarichi promozionali che ricevo hanno sede diversa dal mio blog), e che non è né diventerà il tema principale di queste pagine.

Inauguro quindi questa attività dando notizia dell'Orobie Beer Festival al The Dome di Nembro (Bergamo), di cui ho avuto il piacere di conoscere il publican Michele Galati all'Arrogant Sour Festival di Reggio Emilia - e di apprezzarne le doti nel campo della spillatura, come ho raccontato nel post precedente. Il Festival è ormai alla sesta edizione, per cui stiamo parlando di un evento "collaudato": chi si trovasse a passare da quelle parti - o facesse in modo di passare da quelle parti - dal 19 al 21 giugno potrà dilettarsi con le birre di Carrobiolo, Il Birrone, Loverbeer, Il Mastino, Etnia, Almond 22, Hammer, De Glazen Toren e Bfm. Il clou del festival sarà sabato 20 con "Tutto in una botte", giornata dedicata agli homebrewer che si cimentano con le fermentazioni spontanee, e che potranno confrontarsi in merito alle loro creazioni con Walter Loverier di Loverbeer, Teo Musso di Le Baladin, Riccardo Franzosi di Montegioco, Jérôme Rebetez de la BFM, Jef van den Steen di Brouwerij De Glazen Toren, Lorenzo Dabove - meglio noto come Kuaska - e Andrea Camaschella; il tutto coronato dalla presentazione della nuova saison Cardosa di Loverbeer. Trovate tutte le informazioni del caso e altri dettagli sulla pagina Facebook dell'Orobie Beer Festival. Che dire, i numeri mi pare ci siano tutti, e Michele Galati ha dato prova di saper fare il mestiere: tra gli ormai innumerevoli eventi dedicati alla birra artigianale, direi che è uno di quelli da mettere in calendario.


Così come lo è, il 20 e 21 giugno, il terzo festival della birra artigianale alla Brasserie di Tricesimo, che quest'anno si arricchisce di nuovi partecipanti: oltre a Foglie d'Erba, Garlatti Costa e Antica Contea, che già avevano presenziato nelle scorse edizioni, quest'anno ci saranno il Birrificio Campestre, Birrificio del Ducato e Toccalmatto, nonché l'Associazione Homebrewers Fvg. Anche in questo caso trovate tutte le informazioni sul sito. Insomma, non avendo il dono dell'ubiquità, la scelta potrebbe essere ardua...

lunedì 1 giugno 2015

L'arroganza dell'acido

Diciamocelo: ormai mi avevano fatto un tale lavaggio del cervello col fatto che l'Arrogant Sour Festival di Reggio Emilia - il più grosso evento italiano dedicato alle birre acide - era una cosa imperdibile, che ci ho voluto credere. E così mi sono messa in viaggio verso la Pianura Padana, fiduciosa che le aspettative non venissero deluse. In realtà, la cosa poteva un po' scoraggiare: 140 birre a rotazione da 70 spine, più quelle spillate direttamente dalla botte, sono più di quanto un essere umano possa affrontare senza che il fegato ne risenta gravemente: ma si tratta comunque di una selezione del meglio a livello europeo, con nomi che andavano da Cantillon a Baladin, più altri meno noti ma non da meno in quanto a qualità. Inutile dire che non le ho provate tutte, e altresì che ne ho provate più di quante potrei descrivere qui senza annoiarvi e farvi deciedere che non berrete mai più una birra acida in vita vostra (o che non ne proverete mai una); mi limiterò quindi a segnalarne alcune che mi hanno particolarmente colpita, vuoi per la qualità, vuoi per la cchiacchierata istruttiva col birraio o col publican che le spillava.

Per prima cosa mi sono diretta in bottaia, per provare le creazioni di Paolo Erne in quel momento disponibili. Ho iniziato con la Soursina (ha-ha), un lambic barricato per un anno in rovere, sei mesi in ciliegio e due in ginepro, con prugne lasciate macerare per tre mesi. Più che una birra, quasi un brandy: all'olfatto risaltano i sentori alcolici e di prugna, a cui il ginepro conferisce una nota del tutto particolare che in bocca amalgama la dolcezza della frutta con un finale secco. Paradossale da dire, ma vi piacerà se, più che la birra, vi piacciono grappe e liquori - o se amate entrambi. Interessante anche la Hybrida Rubra, un lambic del 2013 a cui nella terza giornata di fermentazione è stato aggiunto mosto di vino Terrano - e che il suo creatore ha definito "l'anello mancante tra birra e vino": in effetti si avvicina parecchio ai vini liquorosi, con note dolci tra il fruttato e il caramellato molto spiccate.

In bottaia ho poi vissuto uno dei momenti più istruttivi della giornata: Michele Galati, publican del The Dome di Nembro (Bergamo), ha infatti - a scopo puramente didattico - spillato Vecchia Bastarda, birra alle castagne affinata in botti di Bolghieri del Birrificio Amiata, prima normalmente dalla pompa, e poi avvitando sotto il beccuccio un affarino - lo sparkling - che non avevo mai visto - o notato - prima, ma che ha praticamente la stessa funzione della retina per fare il cappuccino: incorporare microscopiche bole d'aria nel liquido, così da creare una schiuma cremosa. Non l'avrei mai detto, ma sembrava di bere due birre diverse: quella senza schiuma più liquorosa e maltata sia all'olfatto che al palato, mentre quella con la schiuma faceva risaltare meglio gli aromi di tostato e nocciola e amalgamava meglio le note di castagna e di malto al palato. A 'nvedi tu, che non si finisce mai di imparare.

Sempre accanto alle botti ho avuto un interessantissimo dialogo con Oreste Salaorni di Birra Mastino - che merita un post a parte, per cui rimanete sintonizzati - che mi ha fatto assaggiare la Fruit Experience #Mad Braggot, un blend - "mistura", per i non bilingui - di una ale al miele affinata in botti di acacia e rovere per 18 mesi e un fermentato di miele, acqua e frutta tropicale, poi riaffinata in botte e con aggiunta di lievito da saison. Sì, lo so che siete confusi, lo ero anch'io: però devo dire che anche questa è un pezzo unico, che se al naso fa risaltare di più l'acidità, il corpo piatto sprigiona tutta la dolcezza del miele d'acacia.

Non sono mancate nemmeno le conoscenze internazionali, nella fattispecie monsieur Stéphane della francese Brasserie des Vignes: mentre chiacchieravo col birraio, ho degustato la loro Vent d'Anges 2012, affinata per due anni in botti di vino bianco in cui ho apprezzato gli aromi fruttati che preludono ad un corpo dolce, mentre l'acido ritorna poi per dare una chiusura secca. Ho dovuto poi risfoderare, invece che il francese, le mie reminescenze di accento romano, per farmi illustrare da Marco del birrificio Stavio il loro Birrozzo del campo 2014: una fermentazione mista con luppoli del loro luppoleto sperimentale in provincia di Viterbo, che ho trovato distinguersi per i delicati toni fruttati. Ho poi avuto il piacere di conoscere di persona Riccardo Franzosi del birrificio Montegioco, e di farmi illustrare direttamente da lui la loro Quarta Runa: una belgian ale stagionale in quanto vengono aggiunte in fermentazione le pesche di Volpedo raccolte a maturazione completa - e quindi nei mesi di luglio e agosto. Il nome "Quarta Runa" vuol essere un riferimento al "Quarto Stato" del pittore Pellizza da Volpedo: immagine che infatti campeggia - simpaticamente rivisitata - nell'etichetta della bottiglia.

Dulcis in fundo, ritornando in bottaia, ho avuto la gioia di concludere con La Rinnegata in compagnia degli artefici, Costantino Tesoratti di Antica Contea e Paolo Erne: una porter tagliata con il 20% di kriek, brettata, e affinata un anno e mezzo in botti di ciliegio con aggiunta di amarene. Una birra che è una scoperta man mano che si scalda, dal profumo di amarena che sale al naso insieme a qualche nota tostata, ai toni maltati e di mandorla che fanno capolino al palato, fino alla chiusura calda in cui si sentono tutti gli aromi dati dal legno. Insomma, posso dire di aver davvero chiuso in bellezza un festival che, per quanto offra birre non adatte a tutti i palati, ha il merito di riunire all'interno di pochi metri quadrati - quelli dello splendido Chiostro della Ghiara, nel centro della città - il meglio della produzione italiana ed europea in questo settore.