martedì 29 gennaio 2013

Quando si dice le chiese vuote

È una bella giornata d'inverno in quel di Spoleto. Alle 12.40 un gruppo di turisti arriva alla piazza della cattedrale, presumibilmente ansioso di ammirare gli affreschi di Filippo Lippi che vi sono custoditi.
Troppo tardi: la cattedrale è aperta dalle 8.30 alle 12.30, e dalle 15.30 alle 18. Un po' seccati per la pausa pranzo piuttosto prolungata, i nostri turisti decidono di visitare nel frattempo la rocca, ossia l'unico monumento aperto nei paraggi - dato che il museo diocesano, lì accanto, apre solo nel fine settimana, e oggi è martedì.
Alle 15.30 i turisti di cui sopra si ripresentano puntuali e fiduciosi al portone della cattedrale. Alle 15.40 però nessuno è ancora venuto ad aprire, e iniziano i primi malumori: sono tre ore che aspettano, ormai sono stufi. Interpellano anche due signore uscite da una casa vicina, ma nemmeno loro ne sanno qualcosa: di solito aprono alle 15.30, aspettate e sperate. Alle 16, piccati, se ne vanno, giurando su tutti i santi di non tornare mai più.
No, i turisti in questione non siamo io e Enrico, per quanto fossimo presenti alla scena: sono degli americani, giunti fin lì da sufficientemente lontano da aspettarsi non tanto e non solo che una chiesa non chiuda per tre ore nel bel mezzo della giornata, ma soprattutto che i custodi non spariscano nel nulla.
Non conosco i motivi che hanno portato a questi orari di apertura oggettivamente disagevoli, né quelli del ritardo: fatto sta che per un disguido forse banale ha perso una decina di turisti non solo la cattedrale, ma probabilmente anche la città, senza contare il danno d'immagine che potrebbe estendersi ben oltre Spoleto. Se basta poco perché gli stranieri si riportino a casa un bel ricordo del nostro Paese, basta altrettanto poco per rovinarlo. Anche un ritardo di mezz'ora.

venerdì 25 gennaio 2013

Quando il treno parla tedesco


Lo so, lo so: parlare male di Trenitalia, di questi tempi, è un po' come sparare sulla croce rossa. Ma a vedere il servizio offerto dall'italica compagnia ferroviaria, c'è poco da scherzare se qualcuno – dalla Svp ai leghisti più o meno convinti – ci farebbe un pensierino a tornare ai bei tempi della dominazione austroungarica. Soprattutto se, per quanto pochi lo sappiano, al nord c'è modo di provare che cosa offre Vienna in proposito.

Supponiamo, ad esempio, che un baldo giovane trentino voglia raggiungere un amico a Udine (ok, ogni riferimento è puramente casuale). Se volesse farlo in treno e cercasse una soluzione di viaggio sul sito di Trenitalia, l'opzione più rapida prevede un viaggio di 4 ore e 21 minuti, con cambio a Verona e a Mestre, al modico prezzo di 53 euro e 95 centesimi. Volendo potrebbe spendere molto meno, ossia 18 euro e 5 centesimi; ma allora ci metterebbe 5 ore e 48 minuti (e forse lascerebbe perdere). Un po' troppo per un tragitto che in auto richiederebbe circa 3 ore e mezza (322 km), e una spesa di carburante stimata da Via Michelin in poco più di 30 euro.

Se però qualche amico altoatesino gli suggerisse di guardare piuttosto il sito delle Obb, le ferrovie austriache, che all'insaputa dei più servono anche alcune zone del Nord Italia, scoprirebbe che per la ragiovevole cifra di 26 euro potrebbe fare lo stesso tragitto in 3 ore e 49 minuti, con un solo cambio a Mestre. Se volesse pazientare dieci minuti in più ed impiegarci 4 ore e 1 minuto, dovrebbe investire appena 16 euro con un cambio a Verona. Insomma, non c'è confronto, e per trovare esempi simili basta solo scandagliare un po' gli orari e le offerte.

Le domande da fare su come vengono gestite le ferrovie in Italia sarebbero molte, e lasciarsi andare a frettolosi giudizi sarebbe certo poco costruttivo: ma casi come questi dimostrano che, come cittadini, possiamo fare qualcosa di più che stare a lamentarci dell'ennesimo disservizio di mamma Trenitalia. Anche solo cercare soluzioni di viaggio alternative.

mercoledì 23 gennaio 2013

La carica dei 1100

Ok, in realtà questo era un post che avrei dovuto pubblicare ieri; ma, ammettiamolo, ero troppo impegnata a passare la giornata insieme alla famiglia, essendo il giorno libero di Enrico...
L'occasione del post è, udite udite, il superamento della fatidica soglia delle 1000 visite per il blog (al momento 1100, per l'esattezza) dopo due settimane di vita: è quindi doveroso un grazie non solo ai 910 dall'Italia, ma anche agli 80 dagli Stati Uniti, ai 40 del Regno Unito, ai 26 dalla Germania, ai 17 dal Belgio, ai 5 dalla Francia, ai 3 dalla Svizzera, ai 2 da Canada e Danimarca, e a quegli unici solitari da Australia, Spagna, Portogallo e Norvegia. Davvero da questo punto di vista la rete non smette di stupirmi.
Se volete qualche altra curiosità, in merito ai browser Firefox la fa da padrone con il 50%, staccando di parecchie lunghezze Chrome con il 19%, mentre Internet Explorer con il 9% sembra avviato verso il declino...in compenso tiene Windows in quanto a sistemi operativi, con il 50%, seguito da Mac con il 20%. Peccato per Linux che si ferma al 3%, confortato però dall'8% di Android e dal 10% di altri sistemi Unix.
Ok, basta numeri: ora rilassatevi con questo articoletto che ho scritto ieri per Città Nuova, con tutte le bizzarrie del giuramento di Obama...buona lettura!

lunedì 21 gennaio 2013

Al Carnevale di Rodda

Da brava veneta, quando penso al carnevale mi viene in mente prima di tutto Venezia; ma anche qui in Friuli le tradizioni non mancano, soprattutto nelle Valli del Natisone. Così ne ho approfittato dell'invito del caro vecchio Amedeo (Moz per gli amici, in onore di Mozart) a partecipare alla prima serata del carnevale - Pust, in lingua locale - del suo paese: Rodda di Pulfero, una manciata di case abbarbicate su una montagna.
La tradizione vuole che questa prima serata consista nel fare il giro delle case del paese, mascherati o vestiti in maniera bizzarra, a divertire - o importunare, a seconda dei punti di vista - gli abitanti con musiche, canzoni (più o meno goliardiche) e scherzi di vario genere; e anche se le case in questione sono solo nove, dato che - sempre da tradizione - in ognuna viene offerto da bere, per arrivare in fondo al pellegrinaggio ci vuole fisico.
Arrivata a Rodda sotto la neve, mi sono trovata davanti - nell'ordine - due pompieri, una muratrice, una vichinga, una diavola (no, non la pizza), una specie di cespuglio con una maschera, un suonatore di fisarmonica e uno di bidonofono: ossia quello strano strumento che vedete nella foto, una cassa di risonanza cilindrica con una corda per stendere i panni tesa su un bastone, che fa le veci del basso.
Chiaramente la gente ci aspettava, ed ha sempre aperto le porte volentieri (salvo magari pentirsene quando i due pompieri impolveravano la cucina con l'estintore): dopo le prime due case avevo aggiunto al mio repertorio una serie di canzoni da osteria, il viso imbrattato di carbone, la schiena sudata per aver ballato, e il tasso alcolemico al di sopra del limite di 0,5 nonostante i ripetuti dinieghi davanti ai bicchieri: d'altronde, quando anche l'ottimo dolce tipico (la gubana) è fatto con la grappa, basta una fetta di quella per non potersi mettere alla guida.
I  buoni propostiti di rimanere non più di un quarto d'ora in ciascuna casa sono presto sfumati, e il tutto è finito a notte fonda. Il prossimo fine settimana sarà la volta di un'altra frazione del Comune, e i due giorni di festa grande con la sfilata delle maschere tipiche sono programmati per il 9 e il 10 febbraio. Per chi si trovasse da queste parti, dovrebbe esserci di che divertirsi...

sabato 19 gennaio 2013

Un compleanno...di penitenza

Ebbene sì, è accaduto di nuovo: anche quest'anno, come già nel 2002, il mio compleanno cade il mercoledì delle ceneri. Sì, sì, lo so: sono passati i tempi delle penitenze draconiane, adesso si preferiscono altri modi di iniziare il cammino della quaresima, però ammettiamolo che fa tristezza.
Me ne sono resa conto soltanto ieri sera quando io e Enrico, insieme ai nostri testimoni di nozze, siamo andati per una serata insieme dalla nostra cara amica Matilde: vale a dire, alla birreria Brasserie di Tricesimo.
E qui mi permetto spezzare una lancia in favore del locale in questione, perché davvero merita sotto molti aspetti (proprietaria compresa, che mentre vi serve vi diverte pure, tanto è estroversa).
Innanzitutto il listino: una lunga serie di birre belghe, scozzesi, tedesche e italiane, tutte rigorosamente artigianali o d'abbazia; più quelle a rotazione, alla spina o in bottiglia, sempre accompagnate da qualche stuzzichino (frutta secca, cioccolato o biscottini al caffè) per esaltarne il sapore.
Anche le iniziative originali non mancano. Per gli intenditori sarà da non perdere la gara delle birre artigianali, che inizierà tra poco: una serie di serate in cui chi brassa in casa potrà portare i risultati delle proprie fatiche, che verranno fatti assaggiare - rigorosamente senza etichetta, così da non sapere chi è l'autore - alla giuria dei clienti, che selezionerà la migliore.
Anche la cucina non è affatto male: oltre alla classica lista di panini, bruschette e fritti, Matilde e Norberto sfornano anche diversi piatti - notevole lo stinco di maiale alla birra - con tanto di birra abbinata (e qui io ho un problema: con le carni bianche, le mie preferite, si abbina - come dice la parola stessa - la blanche: che però, diciamocelo, non è birra).
La chicca poi sono le serate a tema, organizzate di solito per il mercoledì: ed è appunto così che, vedendo la serata "Aringa e polenta" subito dopo quella "Piatto di carnevale" pubblicizzata sulla bacheca del locale, mi è venuto il dubbio. E come temevo, il 13 è il mercoledì delle ceneri: quindi astinenza dalle carni (e anche dall'alcool, a rigor di logica). Ma tant'è: abbiamo deciso che andremo lo stesso a festeggiare degnamente i miei 28 anni, e pazienza se, in preda agli scrupoli di coscienza, mi farò insultare da Matilde per aver ordinato un succo di frutta. Conoscendo i suoi modi spicci, credo proprio sarà lei a farmi fare penitenza per questo.

giovedì 17 gennaio 2013

American friends, I want you

Ok, American readers: this post is for you - and, indeed, for all those interested in the subject. (Ok, se non sapete l'inglese pazientate, poi traduco...). I would really appreciate it if you gave me some feedback on the gun control measures proposed by president Obama. From what I can tell from the media, the public opinion is rather split between enthousiastic support and bitter opposition: but it's quite hard to tell from here. Apart from your personal opinion - which is more than welcome in your comments -, what is your sense of the mood in the States? Do tragedies such as Newton, Aurora or Columbine really have an impact, or is it just a matter of time before support for these measures fades? By the way, as Italians, we can't turn a blind eye on the issue of arms production and trade: according to the Stockholm International Peace Research Institute, the eighth largest arms-producing company in the world is the Italian Finmeccanica (partly government-owned), with a total arms sales of 14,410 $ m and a profit of 738 $ m.  Needless to say, most of our production is intended for the export: according to the government report on import and export of weapons for 2011, the biggest markets are Algeria (477 m euros), Singapore (395 million) and India (250 million). Moreover, several Italian banks have meade heavy investments in the sector: according to the report, Bnp Paribas Italy invested 490 m euros in 2011, Bnl 223 million, and many others are involved - albeit at a lesser degree. So, what else? I'm looking forward to hearing from you!
Ok, ora in Italiano...dicevo, stamattina mi sono trovata a fare per Città Nuova una rassegna stampa internazionale (che potete leggere qui) sulle misure per il controllo delle armi proposte da Obama. Il che mi ha portato a domandarmi come gli americani stanno vivendo questo dibattito, al di là di ciò che si legge sui media. Di qui l'invito agli amici e lettori americani ad inviarmi le loro impressioni.
L'invito però è rivolto anche agli italiani, dato che non possiamo certo far finta che la produzione e il commercio di armi non ci riguardi: secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, l'ottavo produttore mondiale di armi è la partecipata Finmeccanica, con un volume di vendita di 14.410 milioni di dollari e utili per 738 milioni. Inutile dirlo, la maggior parte di queste armi viene esportata: secondo il Rapporto 2011 del Consiglio dei ministri sull'importazione ed esportazione di armi, i maggior mercati sono l'Algeria (477 milioni di euro), Singapore (395 milioni) e l'India (250 milioni). Inoltre, diverse banche hanno generosamente investito nel settore: sempre secondo il rapporto, Bnp Paribas Italia ha ottenuto autorizzazioni per 490 milioni di euro, Bnl per 223 milioni, e molte altre sono coinvolte - seppur in misura minore. Per cui, che dire? Anche i vostri commenti sono i benvenuti!

mercoledì 16 gennaio 2013

Braccia...tornate all'agricoltura

Manco a farlo apposta. Dopo il post di due giorni fa sugli agricoltori e sui prodotti agricoli, ieri mattina ho partecipato alla conferenza stampa di inizio anno del presidente di Confindustria Udine, Adriano Luci. Come spesso accade in questi casi, il tutto è iniziato con una serie di cifre sull'andamento economico dell'anno passato e sulle previsioni per il prossimo: insomma, quel genere di cose che solitamente in un giornale o in un comunicato stampa si saltano con uno sbadiglio.
Eppure un minimo di attenzione la meritavano, dato che, a vedere i numeri forniti dal servizio statistica della regione, c'è poco da stare allegri: dopo una crescita del Pil dello 0,6 per cento nel 2011, il 2012 l'ha visto cadere del 2 per cento; e anche il 2013, per quanto (secondo un'indagine della stessa Confindustria Udine) quasi la metà degli imprenditori preveda un aumento della produzione, dovrebbe portare un timido miglioramento soltanto nella seconda parte dell'anno.

Eppure, in mezzo ad indicatori quasi interamente con il segno meno, un settore che se la cava meglio di altri c'è: guarda un po' te, è quello agricolo, che nel 2011 ha messo a segno un +1,8 per cento nel valore aggiunto, addirittura un + 4 per cento nel 2012, e prevede un +1,6 per il 2013. Forse anche i tanti disoccupati dovrebbero farci un pensierino, visto che le assunzioni sono cresciute del 15,2 per cento. Numeri che stridono con quelli del settore industriale: ha perso il 5,1 per cento lo scorso anno, prevede un – 0,5 per il 2013, e ha visto le assunzioni diminuire del 17,6 per cento; per non parlare di quello delle costruzioni, il cui valore aggiunto è diminuito del 5,8 per cento nel 2012, e ha tagliato addirittura del 24,7 per cento le assunzioni. Non a caso anche l'industria alimentare, che a rigor di logica si suppone strettamente collegata, è stata uno di quelle che se l'è passata meglio: a trainarla sono state soprattutto le esportazioni, cresciute dell'8,9 per cento. In fondo, lo sapevamo che le bontà italiane all'estero fanno gola.

I prodromi di un ritorno alla terra? Presto per dirlo, anche perché come sempre i numeri vanno interpretati prima di trarre conclusioni; però ci sono diversi casi di giovani che ci fanno un pensierino. Mi limito a citare il caso dei fratelli De Rosso di Farra di Soligo (di cui ho parlato in questo articolo su Città Nuova, insieme a Maddalena Maltese), che dopo aver preso in mano il vigneto di un anziano agricoltore hanno aperto la loro cantina, lanciando il proprio brand (le Volpere) con tanto di sito internet. A sentir loro, le nuove generazioni possono giocare un ruolo importante nel rilanciare il settore, con la loro volontà di aprirsi al nuovo pur senza stravolgere le tradizioni e saperi atavici appresi dai più vecchi: magari le famose braccia rubate all'agricoltura torneranno davvero nei campi, non in senso dispregiativo, ma per fare quel lavoro in cui possono dare del loro meglio.

lunedì 14 gennaio 2013

L'agricoltore suona sempre due (anzi, tre) volte

È un tranquillo pomeriggio nella periferia udinese, quando squilla il campanello. È una coppia di agricoltori-allevatori di mezza età, che vogliono vendermi le uova fresche di giornata delle loro galline. Rifiuto con cortesia, spiegando che, per mia fortuna, posso contare su alcuni familiari che hanno il pollaio in casa (e senza doppi sensi, non pensate sempre male). Riaggancio il citofono, ma i due insistono: davvero non voglio? Sono fresche, davvero buone. No, ho già detto di no, e riaggancio nuovamente. Inutile, fanno un terzo tentativo, dopodiché desistono.
Ohibò, mi dico: che i prezzi dei prodotti agricoli pagati al produttore siano una vera miseria mentre quelli al consumo fanno rizzare i capelli, non è una novità; che sempre più gente si rivolga direttamente agli agricoltori e viceversa, per avere un rapporto qualità-prezzo più equo per entrambe le parti, nemmeno; ma qui siamo davvero alla canna del gas.
La cosa però ormai mi ha incuriosito, tanto più che un mio amico americano su Facebook inveisce contro i limoni venduti a 1 dollaro al pezzo defininendo la cosa «un crimine verso chi li ha coltivati»; così mi dico che, visti i fiumi di dati periodicamente riversati in proposito su diversi media, non dovrebbe essere troppo difficile recuperarne qualcuno.
I più aggiornati sono quelli dell'Ismea, che li offre praticamente in tempo reale. Secondo quanto riportato nel sito, il prezzo medio mensile delle uova al produttore è di 14,94 euro ogni cento unità. Otteniamo quindi, spostando la virgola di due cifre come ci insegnava la maestra alle elementari, circa quindici centesimi a pezzo. Secondo l'Istat, i prezzi al medi al consumo sono di 22,5 centesimi a pezzo (ed è d'accordo anche un sito come smsconsumatori.it, che raccoglie le segnalazioni di chi fa la spesa): un rincaro dunque nel 50% circa. E fin qui potremmo anche rimanere nell'ambito dell'accettabile. Ma su altri prodotti, in effetti, c'è da rimanere più perplessi. Volendo tornare ai limoni, Ismea parla di un prezzo medio mensile al produttore di 44 centesimi al kg, mentre quello medio al consumo è di 2 euro; discorso simile per le arance (30 centesimi all'origine e circa 2 euro al consumo) e per il latte che, a fronte di una media di 1,42 euro nei supermercati, viene pagato al produttore 37 centesimi al litro. Poco più, insomma, delle 700 lire che mio nonno racconta pagavano a lui quando ancora teneva la stalla (dismessa ormai da quasi vent'anni). E il discorso potrebbe continuare.
Che i costi della filiera siano pesanti, non è una novità; però mettere qualche cifra, giusto per ricordarlo meglio, non guasta. C'è poi ancora più soddisfazione nell'andare dal macellaio di fiducia, che acquista la carne direttamente dagli allevatori del luogo (quella che al supermercanto verrebbe venduta a peso d'oro come biologica, per intenderci), pagandola tanto quanto quella del Despar.

domenica 13 gennaio 2013

Giglio, un ricordo a modo mio

Sì, lo so, Enrico ha ragione a lamentarsi: a tenermi compagnia durante i pasti sono solo le rassegne stampa di RaiNews, e così anche oggi, come ogni mattina, ho fatto colazione con la Tv sintonizzata.
Come presumibile, buona parte della rassegna era dedicata all'annivesario del naufragio della Concordia, e alle celebrazioni sull'isola del Giglio. Per carità, giusto e doveroso ricordare: il dolore dei parenti delle vittime non è certo diverso un anno dopo, né chi ha vissuto quei momenti li ha meno vivi nella propria memoria. Però suppongo siano in tanti a trovare limitativo raccontare soltanto di Schettino, inchini e riverenze: personalmente preferisco ricordare questo anniversario con le parole di uno dei pescatori che quella notte c'era e non si è fatto domande prima di mettersi in mare per dare una mano, riportate in questo articolo di Città Nuova.
Sia chiaro: le parole dell'articolo non aggiungono nulla al già detto, né possono rendere giustizia fino in fondo a quanto parlare con lui mi abbia colpito; ma al di là di ciò che il pescatore mi ha raccontato, si capiva come nell'animo non solo suo, ma di tutta la popolazione del Giglio, non c'era né ci sarebbe stato tempo né intenzione di andare a distribuire colpe: anche il clamore mediatico sul comportamento dell'equipaggio è notevolmente ridimensionato nelle parole di chi ha visto di persona.
Per questo, piuttosto che ricordare quella «piccola parte dell'equipaggio che non ha fatto il suo dovere», preferisco ricordare i molti di più che nel cuore della notte sono saliti sulle loro barche, hanno aperto le porte delle loro case, e offerto cibo e coperte ai superstiti. Credo lo meritino molto di più. Non è questione di buonismo: giustizia non è solo riconoscere le responsabilità di chi ha sbagliato, ma anche i meriti di chi ha fatto il bene.

venerdì 11 gennaio 2013

In tutte le bugie c'è una parte di verità

Giusto per fare invidia agli amanti del cinema: ieri sera ho visto nientemeno che Giuseppe Tornatore, al cinema Visionario per presentare il suo ultimo film, La migliore offerta. Biglietti per la proiezione esauriti già poco dopo l'apertura del botteghino, a dimostrazione che il cinema di qualità non è necessariamente elitario, anche nella tanto vituperata "provincia" (per quanto Udine, sede del Far East Film Festival, possa costituire un'eccezione in questo senso).
Non mi lancerò in critiche cinematografiche, non voglio rubare il mestiere a nessuno: mi limiterò a dire che la trama senz'altro prende ed ha ritmo, la recitazione di Geoffrey Rush (premio Oscar per Shine) si conferma impeccabile e che, per quanto il tema della donna nascosta in casa faccia un po' troppo Jane Eyre, il finale inaspettato (a parte per Enrico, che aveva indovinato tutto....ma come fa???) salva assai degnamente l'originalità del tutto. Insomma, per quanto il film non fosse il mio genere, devo riconoscere che dietro c'è un grande regista e dei grandi attori.
Ovviamente la presentazione di Tornatore ha dato tutto un altro sapore alla visione del film: dal racconto di come le riprese si siano dovute trasferire da Vienna a Trieste a causa di alcuni ostacoli burocratici ai permessi per girare - a quanto pare, una volta tanto abbiamo fatto meglio degli austriaci - con relativi elogi alla Fvg Film Commission, ai retroscena sulla ricrescita dei capelli di Rush (guardate il film e capirete), il regista è riuscito a condensare negli appena 15 minuti in cui si è trattenuto in sala diverse "chicche" per gli appassionati.
Ma la parte più significativa è stata ila spiegazione del leitmotiv del film, "In ogni falso c'è qualcosa di vero": «Ogni volta che diciamo una bugia, e ci infiliamo in mezzo anche solo una parte di verità, possiamo riuscire a far passare tutto per vero; così come, se nella verità c'è anche solo una parte di bugia, rischiamo che tutto passi per falso». Un'ulteriore elaborazione del «Una bugia ripetuta a sufficienza diventa una verità» di Lenin, che senz'altro fa pensare. Al di là del forse scontato riferimento alla politica (sì, lo so che anche voi avete pensato ai discorsi nelle aule parlamentari, ammettetelo...), una riflessione del genere non ha potuto fare a meno di colpirmi come giornalista: quante volte un solo errore - voluto o meno - in un articolo rischia di compromettere la veridicità del tutto, o quante volte - e le bufale in questo senso non si contano, basti pensare a quella sul presunto annuncio di Hollande sull'eliminazione delle auto blu e il taglio degli stipendi ai parlamentari - basta un solo elemento verosimile per far credere che sia tutto vero?

giovedì 10 gennaio 2013

Il Friuli verso il riordino delle province

Riporto qui sotto un mio articolo pubblicato ieri su IlNordest.eu, sul tema della riforma delle province in Friuli: a livello nazionale, infatti, l'accorpamento è stato congelato, ma qui il dibattito ferve perché, essendo la provincia di Udine a fine mandato, la legge impone il commissariamento per poter procedere con la riforma entro fine anno. La proposta sul tavolo è, in soldoni, quella di mantenere le quattro province così come sono a livello territoriale, ma di lasciar loro solo funzioni consultive e di rappresentanza (esercitate dalla conferenza dei sindaci), trasferendo le funzioni amministrative e relativo personale alla regione. Buona lettura!

Province, il Fvg va avanti
Bozza Pedicini in aula il 17
di Chiara Andreola

Antonio Pedicini, presidente della commissione speciale per il riordino delle Province, è ottimista circa l'iter della proposta di legge che trasforma le attuali province in enti di secondo grado. «Abbiamo definito il testo base – ha riferito –, giovedì 17 gennaio procederemo al voto, articolo per articolo, e all’esame di eventuali emendamenti dopodiché la proposta di legge potrà essere calendarizzata, per l’approdo in aula, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio». «Sono aperto a proposte di modifica: ma se giovedì si tirerà a campare - avverte -, il regolamento mi permette di inserire il testo senza emendamenti all'ordine del giorno per la discussione in aula».

Il Friuli Venezia Giulia sulla questione province va dunque avanti. Il testo base è pronto. Si tratta della riforma delle quattro province attuali, che alla scadenza dei rispettivi mandati elettorali assumeranno solo funzioni consultive e di rappresentanza; quelle amministrative saranno - stando al testo Pedicini - invece trasferite alla Regione, così come il personale, i beni, i tributi e tutte le altre entrate. Intervento volto a «semplificare e riordinare» l'attuale assetto istituzionale, consentendo un risparmio quantificato da Pedicini in 15 milioni di euro.

L'adozione non è stata esente da critiche: in primo luogo quella della fretta, dati i tempi stretti imposti sia dalla legge di stabilità – che, pur avendo congelato per un anno il riordino delle province nelle regioni a statuto ordinario, pone un limite di sei mesi per le regioni a statuto speciale e il commissariamento delle amministrazioni in scadenza nel 2013 – che dalla fine della legislatura. «Ma abbiamo ascoltato tutte le parti sin dal mese di agosto – ribatte Pedicini – e il risultato è una sintesi dell'orientamento maggioritario elaborato da una commissione paritetica: questa è una riforma necessariamente trasversale, non può essere inserita nel medagliere di una sola forza politica. Ma se questo non sarà possibile nei tempi previsti, non avrò alternative a chiedere la discussione in aula senza modifiche: il consiglio si assumerà poi le sue responsabilità. E se qualcuno, per ragioni elettorali, intende discostarsi dalla proposta scaturita, i cittadini giudicheranno».

Una critica ai modi in cui si è giunti a questa sintesi arriva infatti dal Pd, che ieri in commissione si è astenuto: «Quello su cui ha messo la firma Pedicini, che non condividiamo, è solo uno dei quattro testi in esame – spiega il consigliere Franco Iacop – e ci siamo astenuti semplicemente perché anche noi ne abbiamo uno. Sulla base di quello, il 17 presenteremo i nostri emendamenti».

A rimanere contraria è invece la Lega: «Non è la campagna elettorale il momento migliore per riforme come questa – ribadisce il segretario regionale Matteo Piasente – perché qualunque intervento assume un sapore politico. Ad ogni modo, la proposta sarà sicuramente bocciata in aula». Se la Lega promette quindi voto contrario, Pedicini osserva come il comportamento del Carroccio sia contraddittorio: «Formalmente chiede il superamento dell'istituto delle province – afferma – ma poi, siccome ha problemi in casa, frena».

Il riferimento è all'imminente scadenza elettorale della provincia di Udine, che dovrebbe andare al voto in primavera: ieri Iacop ha invitato la giunta Tondo a disporre il commissariamento in tempo utile (entro il 7 marzo) in modo da non rinviare ulteriormente il processo di riforma, assumendo un atteggiamento passivo di fronte alle richieste dell'alleato leghista che avrebbe interesse a rinnovare l'amministrazione provinciale. Invito che Piasente bolla come mossa pre-elettorale, «visto che il Pd è all'opposizione».

Critica vivacemente respinta al mittente dall'interessato, che vi vede una nascosta volontà conservatrice nella posizione leghista: «Il problema è casomai di Fontanini e della Lega da un lato e di Tondo e il PdL dall'altro: mi chiedo come l'attuale maggioranza risolverà la questione quando in aula arriverà la proposta Pedicini, sulla quale i due partiti sono divisi».

(Pubblicato su ilnordest.eu, mercoledì 09 Gennaio 2013)

mercoledì 9 gennaio 2013

Una giornata per...ricarburare

Mi pare giusto e doveroso iniziare questo post con un grazie a tutti coloro che hanno letto e commentato il mio esordio su web (ho visto anche 5 visualizzazioni di pagine dalla Germania e 4 dalla Francia...ahò, chi siete?): davvero un'accoglienza calorosa, e un ottimo incoraggiamento a proseguire.
Mi scuso anche per non aver risposto alle mail ricevute: ieri era la giornata libera di Enrico (per chi non lo sapesse, la mia dolce metà; o il mio dolce doppio, come alcuni ironizzano, data la statura che rasenta il metro e novanta), per cui l'abbiamo dedicata a sbrigare un po' di faccende domestiche.
Tra queste la periodica gita carburante in Slovenia, a 35 km da qui, dato che, come ho spiegato in questo articolo pubblicato su Città Nuova, in Friuli vige l'abitudine di attraversare il confine per fare rifornimento: anche i buoni benzina concessi ai residenti infatti, di fronte ai prezzi attuali, non costituiscono un incentivo sufficiente ad evitare il viaggio.
La meta più popolare è appunto la Slovenia: basta entrare nel sito della Petrol, l'ex compagnia petrolifera di Stato ora privatizzata (nonché praticamente l'unica che si vede in giro), per visualizzare i prezzi correnti e fare i conti se conviene mettersi al volante. Ieri abbiamo trovato un ottimo 1,395 per il diesel, il più basso da mesi (per quanto abbia ricordi anche di 1,320), che confrontato con i prezzi dei distributori udinesi, che viaggiano verso i 1,800, è un affare.
Ma l'Austria può riservare sorprese anche migliori: se appena passato il confine di Tarvisio i prezzi si attestano sui 1,500 per il diesel - giusto per accalappiare i turisti del rifornimento, insomma - quando il mese scorso ci siamo addentrati fino a Klagenfurt per i mercatini di Natale, di fronte all'ottimo 1,365 offerto dalla Shell non abbiamo saputo resistere a riempire quel mezzo serbatoio che già era vuoto (peccato non essere arrivati lì a secco). Insomma, il prezzo pare essere inversamente proporzionale alla distanza dal confine.
A quanto ammonta, dunque, non solo il volume di accise che se ne va all'estero, ma anche tutto l'indotto (dato che le stazioni di servizio vendono a prezzi competitivi una serie di altri articoli di interesse al turista)? Difficile quantificarlo senza chiedere a ciascun avventore se è lì a fare rifornimento per puro caso o di proposito e che cosa ha eventualmente acquistato, ma la domanda sorge spontanea...

lunedì 7 gennaio 2013

Il taglio del nastro

Ebbene sì, da oggi anch'io sono online. A quanto pare le feste hanno portato consiglio, e - complice la forzata inattività sportiva causa assenza neve, almeno per ora...maledetto riscaldamento globale - ho finalmente portato a termine qual progetto tanto a lungo rimandato: entrare nell'affollatissima galassia dei blogger, dato che ormai, a quanto pare, se non ne hai uno puoi anche lasciare tutto ed andare a fare l'eremita da qualche parte in Amazzonia (ma credo anche la Carnia profonda possa offrire soluzioni interessanti a questo scopo).
Proprio perché il blog in sé è solo un contenitore, il lavoro più grande è stato capire che cosa esattamente volevo farmene di questo indirizzo web: l'idea è quella di mettere a disposizione di chi legge una vetrina sui miei lavori, sulle mie competenze professionali, ma anche su di me come persona - dato che, in fin dei conti, anche dietro una partita Iva c'è sempre qualcuno in carne ed ossa.
In sostanza, ho pensato il blog come un supporto per mettere a frutto ciò che ho imparato e praticato in questi anni nel campo del giornalismo e della comunicazione in genere, ma anche delle traduzioni (sia da che per l'italiano) per i media e per le aziende.
Per questo troverete, oltre ad una raccolta dei miei lavori passati, post con dei link a ciò che pubblico sulle testate con cui collaboro (se disponibili online), corredati di qualche riga di spiegazione; ma anche pensieri non necessariamente destinati alle pagine web o cartacee di un qualche giornale, stimolati principalmente dagli avvenimenti d'attualità.
Spero di stimolare il vostro interesse con quanto troverete su questi schermi...buona lettura!