La polemica è scoppiata questa mattina sui giornali, con il Messaggero Veneto che titolava "La guerra della birra: «Escludete la Moretti»". Il riferimento era all'obiezione sollevata da numerosi birrifici artigianali della Regione, per bocca presidente dell’Accademia delle Birre Paolo Erne, per un motivo assai semplice: se, come da nuovo regolamento approvato per questa edizione di Friulidoc, soltanto le birre artigianali friulane potranno essere vendute alla spina nei chioschi così da promuovere i prodotti tipici del territorio, allora la Moretti - che ha sede legale a Milano, produce a Taranto ed è di proprietà della multinazionale olandese Heineken - non ci deve essere anche se è storicamente nata a Udine. E invece, insieme alla Castello - che friulana invece è, avendo sede a San Giorgio di Nogaro per quanto definirla "artigianale" sia a dir poco una forzatura - sarà presente ugualmente alla manifestazione, perché - cito dalla dichiarazione rilasciata al Messaggero da Alessandro Venanzi, assessore alle attività produttive del Comune di Udine - «lo sappiamo anche noi che la Moretti fa parte del gruppo Heineken, ma quel marchio è ancora associato a Udine».
E già qui qualche perplessità si è sollevata, perché allora bisognerebbe - come ha fatto notare lo stesso Erne - quantomeno stabilire con precisione quali siano i parametri per essere "associati a Udine"; ma la cosa ha letteralmente alzato un polverone in rete tra gli oltre 40 birrifici artigianali friulani perché alcuni si erano visti negare la partecipazione a Friulidoc appunto sulla base della non totale "friulanità" della propria produzione. "Sarebbe impossibile, soltanto con i rifornimenti dei birrifici artigianali friulani, sopperire all'intera richiesta che ha già generato e genererà Friulidoc - mi ha gentilmente spiegato Luca Cum, di mestiere distributore - per cui avevo chiesto all'assessore se fosse possibile allargare alle birre prodotte sì da friulani, ma magari in altre sedi: ad esempio, uno di quelli con cui tratto lo fa in Germania".
La risposta, sulla base appunto del regolamento, è stata negativa - con il risultato, lamenta Cum, che gli sono stati annullati tutti gli ordini "mentre i chioschi spilleranno birra Castello e Moretti fornita a 89 centesimi al litro, come da accordo con il Comune"; ma se Cum preferisce non fare i nomi dei birrifici esclusi per non coinvolgerli nella polemica, uno che parla eccome c'è: il birrificio Grana 40, con il caro vecchio Emanuele Beltramini. "L'assessore ha impedito a noi, con sede legale a Ipplis, di partecipare alla manifestazione perché la produzione della nostra birra non è in Friuli, ma presso
il Birrificio Hibu di Bernareggio (MB) - scrive su Facebook - Bene, ora chiedo al nostro assessore, che ritiene la Moretti un prodotto che debba essere presente perché vanterebbe radici in città, se ha idea
di dove si trovi la sede legale e dove ovviamente
paghi le tasse, ma anche la produzione stessa della birra Moretti
notoriamente di proprietà Heineken. Questa è una vergogna! Friuli
doc? Promozione delle specialità friulane? Valorizzazione del
territorio? Ma per cortesia!".
Lo stesso Paolo Erne ha aggiunto: "Evidentemente non si sono accorti, nello scrivere il regolamento, che così facendo escludevano un colosso come la Moretti - ha affermato in una telefonata che gli ho fatto poco fa -, così hanno dovuto tornare sui loro passi. Però mi si permetta di dire che trovo più friulano della Moretti un birrificio con sede legale a Ipplis anche se produce momentaneamente altrove: basiamoci su criteri certi, come la registrazione alla Camera di commercio del luogo, non su termini come "associato" che di legale non hanno nulla".
Naturalmente a quel punto, per cercare di fare un po' più di chiarezza, non ho potuto che interpellare l'assessore stesso; il quale, pur confermandomi la versione fornita dal Grana 40 e osservando che comunque le materie prime che questo usa non sono locali - cosa però, gli ho fatto notare, comune a molti birrifici - ha spiegato che "di mantenere la Moretti me l'hanno chiesto le categorie economiche, da Confcommercio agli esercenti del centro. Non scateniamo una guerra commerciale tra lobby delle artigianali e lobby delle industriali, sennò non andiamo da nessuna parte: Friulidoc è una fiera dei prodotti regionali, e poi sta nella sensibilità della gente decidere se un prodotto come la Moretti, di cui ancora tutti ci ricordiamo il baffone in piazza XXVI luglio, rappresenti o no la friulanità". Un criterio però ci vorrà pure, no? "Il prossimo anno ci faremo dare dall'Ersa una lista dei birrifici certificati - ha ribattuto -, ma anche così già mi immagino le polemiche su chi verrà inserito e chi no e sui criteri usati per farlo". In quanto alle illazioni su come la Moretti sarebbe stata inclusa in virtù di forti sponsorizzazioni, Venanzi ha risposto infine con un "Magari. Se fossero arrivati i soldi dalla Moretti, date le ristrettezze economiche in cui versiamo, sarei stato ben felice".
Solito problema. La legge per le multinazionali e per chi ha i soldi è più "uguale" che per altri. La scoperta dell'acqua calda, lo so. Ma non è colpa nostra se le cose sono così ovvie. Dopo la barzelletta del cosiddetto made in italy e dei prodotti artigianali (volutamente tutto minuscolo) che tutto sono fuorché fatti in Italia e fatti a mano, perché ci si dovrebbe meravigliare della "questione moretti"al Friuli Doc?
RispondiEliminaCerto, non è facile stabilire delle regole proprio perché... è "friulano" un prodotto con sede fiscale in regione ma con produzione altrove? E se si, vale solo se la produzione è sempre in Italia o va bene pure se è all'estero? E se il titolare è di origine piemontese? O se è straniero? Vero è però che a "parità" di condizioni non puoi escluderne uno e mantenerne un altro...ma "mario rossi" è uno qualunque, Heineken...no ;-)
"omissis...sta nella sensibilità della gente decidere se un prodotto come la Moretti, di cui ancora tutti ci ricordiamo il baffone in piazza XXVI luglio, rappresenti o no la friulanità"; ecc, questa - a mio parere - è una cavolata. Si vuole riproporre lo spirito iniziale, lo spirito corretto dell'interpretare la manifestazione ma si accetta il finto friulano (o il non più friulano) per mere questioni economiche e di facilità ed economicità della vendita; poca spesa, tanta resa...da parte dell'esercente che la vende e a cui - se è vero che sono stati gli esercenti stessi a chiedere di pterla vendere- frega evidentemente assai poco della "friulanità" del Friuli Doc.
Concordo invece con quest'altra frase: "Il prossimo anno ci faremo dare dall'Ersa una lista dei birrifici certificati - ha ribattuto -, ma anche così già mi immagino le polemiche su chi verrà inserito e chi no e sui criteri usati per farlo". Potrebbe aver ragione...ma forse, basta stabilire dei criteri semplici e non "interpretabili", per evitare contestazioni, no? ;-)