domenica 15 settembre 2013

Friulidoc, parte prima: Pan di Sorc e Tazebao


Chi conosce Udine e la sue manifestazioni si sarà forse chiesto come mai non abbia ancora scritto nulla su Friulidoc, il più celebre evento enogastronomico della regione; e in effetti la risposta è molto semplice, ossia che sono stata fin troppo occupata a bazzicare tra i vari stand – per lavoro, cosa credete? - per trovare il modo di scrivere.

Anche se la manifestazione è iniziata giovedì 12, la mia lunga maratona è partita la mattina di venerdì da via Cavour. Tra le tante bancarelle, la prima ad attirare la mia attenzione è stata quella dell'associazione dei produttori del Pan di Sorc: un pane dolce e speziato, tipico del gemonese, prodotto – mi ha spiegato con dovizia la signora dello stand – con farina di frumento, di segale e di mais cinquantino: una varietà coltivata non solo in Friuli, ma anche nel Veneto, fino agli anni Sessanta, e poi abbandonata – complice anche la credenza che provocasse la pellagra. Ora, grazie all'Ecomuseo delle Acque del Gemonese, è partito un progetto di recupero della coltivazione: ed è così possibile gustare di nuovo questa prelibatezza, tradizionalmente prodotta nel periodo natalizio. A dire il vero, è roba per palati e stomaci forti: oltre alle tre farine in questione, la ricetta prevede l'uso di noci, uvetta, semi di finocchio e fichi. Insomma, una bomba. E poi deve piacervi la polenta, perché il retrogusto del mais è abbastanza marcato. Però è roba sana, prodotta interamente con materie prime locali, tra cui le farine macinate da mulini artigianali: meglio questo che una merendina del supermercato, insomma, anche perché – diciamocelo – è davvero buono.

Proseguendo il mio giro, sono passata da via Aquileia: lì ad attirare la mia attenzione è stato il tendone del birrificio artigianale Tazebao, direttamente da Trieste – notoriamente terra nemica per gli udinesi. O meglio: ad attirare l'attenzione è stato il buon Giorgio, un personaggio tale che dargli del vivace è un eufemismo. Ancora prima che avessi finito di presentarmi, mi aveva messo in mano un bicchiere di ambrata ad alta fermentazione: e che ambrata. Nulla da invidiare a quelle belghe, con un retrogusto acidulo ma parecchio rinfrescante. Prova migliore della produzione artigianale è stato il fatto che la sera, quando sono tornata a farla provare a Enrico, la stessa birra aveva un gusto diverso: cosa che, parecchi mastri birrai mi hanno confermato, capita spesso con le birre non industriali, essendoci differenze anche rilevanti da cotta a cotta o addirittura da fusto a fusto. Unico neo, è parecchio beverina nonostante il tenore alcolico non indifferente: e tenendo conto che erano le undici del mattino ed ero a stomaco vuoto, meno male che mi è venuta in soccorso la pagnottina di pan di sorc – devo ammettere che l'abbinamento, dopotutto, non era malvagio - che avevo in borsa per tamponare l'alcol e mantenere la lucidità. Anche perché ero attesa alla Cucina Carducci per un servizio: rimanete sintonizzati per sapere com'è andata...

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