Nel rendere conto delle nuove conoscenze fatte al Cucinare inizio dai più lontani, i siciliani di Birra Tarì, birrificio nato a Modica nel 2010. Territori non associati, almeno tradizionalmente, con l'arte brassicola; ma che stanno conoscendo - mi si perdoni il luogo comune - un certo fermento, anche grazie al contributo di chi, come Tarì, sta cercando di fare delle specificità dell'isola una nota distintiva della propria produzione.
Farsi raccontare da Luca e Fabio - che mi hanno accolta allo stand, insieme al loro collaboratore Federico - come sono nate le loro birre e gli aneddoti curiosi che stanno dietro ad alcuni dei nomi è già di per sé un piccolo show. La più curiosa sotto tutti i punti di vista - genere di birra, storia della ricetta e storia del nome - è indubbiamente la Qirat, una stout alla carruba. Luca, durante la degustazione che ho condotto, ha così raccontato di come siano andati a scovare da un'arzilla signora novantenne la tecnica giusta per raccogliere, essiccare ed utilizzare un prodotto tipico della loro terra come la carruba - il cui seme in arabo si chiama appunto Qirat, come ha suggerito un loro amico (nome che, curiosamente, è "Tarì" al contrario se si eccettua la q - vabbè, non si può avere tutto). Altro aneddoto curioso sta dietro al nome della Apa For Sale, birra brassata per il decimo anniversario de Il Sale Arte Cafè di Catania, inizialmente battezzata "X Sale" (dove X sta per il 10 in numero romano); di lì il salto all'espressione inglese "for sale", in vendita, è stata breve. Il Tarì ha poi colaborato anche con la Bonajuto, la più antica fabbrica di cioccolato di Sicilia, per l'omonima birra alle fave di cacao brassata in occasione dei 150 anni della cioccolateria e dell'unità d'Italia; nonché con alcuni viticoltori locali per la Giacché, una Iga - ebbene sì, adesso lo si può dire - con mosto d'uva giacché. Il legame con la terra d'origine costituisce quindi un filo rosso nell'attività del Tarì.
Ho avuto occasione di assaggiare per prima la Oro, una pilsner semplice e pulita, che ad una luppolatura fresca e delicata abbina un finale discretamente secco per il genere; a colpirmi di più è stata però la Trisca ("la versione buona della tresca, nel senso di gruppo di amici" nella definizione di Luca), una wit che sia all'aroma che al palato amalgama in maniera encomiabile coriandolo, zenzero e basilico in maniera tale che nessuno dei tre sovrasti sugli altri ma si uniscano in un unico sapore fresco con un finale acidulo e dissetante. Il trucco, a detta dei birrai, è la scorza di limone: e si sa che la Sicilia, in quanto ad agrumi, non ha nulla da invidiare a nessuno.
Da ultima la Qirat, di fatto quella che mi incuriosiva di più. All'aroma si impone nettamente la dolcezza della carruba, tanto da coprire quasi il tostato tipico delle stout; che però ritorna in forze non appena il primo sorso arriva in bocca, per virare verso il caffè sul finale. Mi sono trovata a commentare che, se altre stout che mi è capitato di assaggiare sono il caffè amaro, questo è il caffè zuccherato: solo che - a differenza del caffè zuccherato - è il dolce a dominare all'inizio, per poi svanire a vantaggio di una persistenza tostata abbastanza lunga ma non aggressiva. Una birra che, come da noi proposto nella degustazione, si abbina bene al cioccolato fondente forte, così da andare ad accompagnare ulteriormente il passaggio dal dolce all'amaro.
Nel complesso, il Tarì mi ha dato l'impressione - almeno a questo primo acchito - di essere un birrificio che sa giocare bene anche con toni forti e con birre più sperimentali, riuscendo a mantenere un equilibrio anche laddove si rischierebbe di strafare; senza prestare il fianco alla critica di "farlo strano" per nascondere i difetti, dato che hanno dato buona prova anche con una birra semplice come la Oro. Insomma, chi l'avrebbe mai detto che a Modica di buono non c'è solo il cioccolato.
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