martedì 17 novembre 2015

In trasferta a Cuneo

Uno degli inviti che con piacere ho onorato è stato quello di Elio parola, deus ex machina - come il sito stesso del locale lo definisce - del Baladin Cafè di Cuneo, a visitare la "succursale cittadina" (chiamiamola così, dato che Piozzo è a pochi km dal capoluogo di provincia) del noto birrificio. L'occasione era il festival Scrittoincittà, di cui il Baladin ospitava alcuni dei ben 176 incontri (nella foto vedete il concerto del gruppo funk Link Quartet, con letture da scritti di Bukowski dell'attore Francesco Mastandrea).


Tra i tanti appuntamenti - consentitemi la breve digressione in proposito - ho seguito quello tenuto appunto da Elio con la blogger Jeanne Perego, autrice di www.insalatamente.com (nonché di diversi libri di ricette e consigli di ogni genere su come preparare, condire e gustare le insalate). Mi permetto di precisare che non stiamo parlando di "quattro foglie di lattuga sbattute lì", cosa che, secondo la stessa Jeanne, "non è un'insalata, è una tristezza": ma di piatti anche elaborati, che sotto al denominatore comune di essere serviti freddi uniscono verdure, carne, pesce, vari tipi di cereali, semi, e molto altro ancora, il tutto condito - è il caso di dirlo - in maniera originale. Manco a dirlo, mi sono trovata a parlare con lei anche di possibili abbinamenti tra le sue insalate e le birre: ed è appunto alle birre e alla cucina del Baladin che vengo ora.

Il locale ha una decina di spine, dedicate non solo alle Baladin, ma anche ad alcune birre "ospiti". Elio ci ha quindi fatto iniziare la serata con la Wee Heavy (una scotch ale: ho scoperto che questo è il nome di una particolare "famiglia" di questo stile, guarda te non si finisce mai di imparare), prodotta da Baladin su ricetta di David Serrano e Oscar Pujol della birreria spagnola Eth Refugi. Per quanto al naso non offra grandi aromi, i malti torbati e affumicati si fanno sentire in forze una volta messo in bocca il primo sorso, accompagnandosi alle note di caramello e liquore prima di chiudere con un deciso sentore alcolico, accentuato anche dalla carbonatazione abbastanza elevata. Undici gradi e sentirli tutti, dato il corpo piuttosto importante, ma apprezzattissimi.

Dato che era ora di cena, siamo passati ad ordinare piatti e birre. Premessa: cenare al Baladin Cafè è affar serio. Non vi basterà ad esempio ordinare un hamburger, dovrete anche decidere se lo volete di manzo piemontese, di pezzata rossa valdostana o di chianina, e con che cottura; nonché con quale serie di formaggi e salumi tipici dei territori di cui sopra lo volete eventualmente accompagnare. Al di là dell'ironia, come da filosofia Baladin, tutto ciò che passa nel piatto ha un suo perché e una sua storia, tanto che lo stesso menù si definisce "della biodiversità": per cui dai marchi d'origine, ai presidi Slow Food, alle sezioni speficificatamente dedicate a vegerariani e vegani, tutto è curato e definito nel dettaglio.

Mio fratello non si è fatto sfuggire la tagliata piemontese, mentre io ho preferito provare la tartare di tonno con songino e melograno (che vedete sopra). Avevo pensato di abbinare una blanche, ma la Isaac già la conoscevo; così Elio mi ha consigliato la Open White, la witbier del progetto Open Baladin. Per essere una birra di frumento è decisamente limpida, e su tutti gli aromi - dall'arancia al coriandolo - spicca nettamente la radice di genziana, aggiunta in dry hopping. Una presenza floreale importante che si mantiene anche in bocca lasciando una senzazione dolce al palato, per poi chiudere sullo speziato come da stile. Una birra fresca e dissetante, adatta a chi è in cerca di qualcosa che non sia "la solita blanche" - ma d'altronde si sa che la reinterpretazione è una delle cose che gli italiani sanno fare meglio.

Ho chiuso con la Super Tramp, una ale scura con nocciole delle Langhe. Ed è proprio la nocciola a risaltare via via di più all'aroma da sotto il denso cappello di schiuma man mano che la birra si scalda, spiccando su più generiche note di frutta secca. Note che si mantengono anche nel corpo ribusto amalgamandosi con il malto, con un risultato finale che per certi versi mi ha quasi ricordato alcune stout, apparendo nell'insieme quasi tostato. Il tutto accompagnato anche da una leggerissima punta di acido da malto, sia al naso che in chiusura. E qui chiudo io, riservando una nota di merito ad Elio e a tutto lo staff per la cortesia, il calore e la professionalità; perché, se si mangia e si beve cibo e birra di qualità in un posto in cui si sta bene, lo si fa più volentieri.

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