"Abbiamo una missione: redimervi. Bere birra industriale è peccato mortale". No, non è il motto di una nuova setta, ma quello del Piccolo Birrificio Ateo, beer firm di Longare (Vicenza) che ho conosciuto questo fine settimana al Festival della birra artigianale di Fiume Veneto. Mi ha incuriosita in quanto new entry - nonché per la simpatica serie di magliette con frasi sul tono di quella citata prima che decoravano lo stand -, dato che i due ragazzi hanno trasformato in impresa la loro passione solo lo scorso marzo; e dato che, per loro stessa ammissione più o meno scherzosa, l'altra loro grande passione è youporn, hanno dato alle tre birre attualmente in produzione il nome di tre canali del noto sito.
Ho iniziato dalla Milf, una helles - anzi, "protohelles bavarese", come da etichetta - dagli aromi di luppolo molto leggeri, quasi impercettibili, ben custoditi da un buon cappello di schiuma fine. Nel corpo predomina il cereale, con note di crosta di pane, ma sempre molto delicate; per chiudere con un amaro altrettanto delicato e non molto persistente. In sostanza, una birra pulita, gradevole e soprattutto versatile, che si presta - non presentando alcun sapore o aroma invadente - ad essere abbinata ad un gran numero di piatti - tanto è vero che la lista suggerita dalla brochure è molto lunga, e va dai primi piatti di verdure a quelli al curry.
In seconda battuta ho provato la Pov, una ipa che si distingue perché predilige agli aromi acri tipici della luppolatura di questo stile quelli più tendenti alla frutta esotica, che si confermano anche al palato insieme ad un leggerissimo tocco di malto, per virare poi sull'amaro molto persistente in chiusura - sempre una ipa è, dopotutto. Direi che l'ho apprezzata - al di là del gusto personale - soprattutto perché sa trovare la sua originalità a costo di apparire "eterodossa" (e infatti uno dei ragazzi, Michele, ha affermato di aver scelto il nome "Ateo" per il birrificio proprio in virtù del loro "non avere dogmi" nel brassare) in un panorama come quello delle ipa che oggi è piuttosto inflazionato, e in cui si trova un po' di tutto a scapito delle birre davvero eccellenti che rischiano di sparire nella massa.
Veramente alla spina avevano solo queste due, ma Michele ha stappato una bottigia di Cougar, la loro bock. Qui a predominare è la dolcezza del malto con le sue note di caramello e biscotto, che accompagnano la bevuta dall'aroma fino alla chiusura discretamente persistente; con un leggerissimo contrappunto amaro, comunque, che evita di renderla stucchevole.
Nel complesso le tre birre in questione hanno fatto una buona impressione non solo a me, ma anche ad altri birrai presenti che si erano riuniti per un bicchiere insieme: staremo a vedere, e del resto non posso che augurarmelo, se siamo di fronte allo sbocciare di una buona promessa nel folto gruppo dei tanti nuovi microbirrifici.
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