No, questa volta non vi parlo di una birra che ho degustato, e perdonate la digressione; ma sono giornalista, e come tale tengo d'occhio i titoli del giorno. Tiene banco oggi su tutti i giornali la notizia di una possibile fusione tra InBev e Sab Miller, due colossi dell'industria birraria mondiale - basti dire al primo fanno capo marchi come Bud, Corona, Stella Artois, Leffe e Beck's, e al secondo Peroni, Nastro Azzurro, Raffo e Pilsner Urquell. L'operazione porterebbe alla nascita di un colosso di 275 miliardi di dollari e che coprirebbe il 30% del mercato mondiale: prevedibile quindi il gran fermento - è il caso di dirlo - in cui è stato gettato il settore, con balzi in borsa del 24% per Sab Miller e del 12% per In Bev.
Non sono un'analista finanziaria né un'esperta di indagini di mercato, per cui non mi lancerò in simili operazioni che altri già hanno fatto e faranno ben meglio di me; né mi azzarderei a sovrapporre in tutto e per tutto le dinamiche di mercato della birra industriale a quelle della birra artigianale, che seguono per molti aspetti logiche e canali diversi. Però alcune considerazioni riguardo ai birrifici artigianali mi sono venute alla mente, al di là di quelle più immediate - che anche in questo caso già altri hanno fatto - della possibilità che un tale colosso si dia con più facilità allo "shopping" dei concorrenti più piccoli - anche artigianali -, o si imponga in maniera massiccia nei canali di distribuzione a scapito dei concorrenti.
E' notizia recente che i birrifici artigianali in Italia hanno raggiunto quota 1000, con conseguente rilancio del dibattito sulla sostenibilità di un tale "affollamento" e della taglia "troppo piccola per la sopravvivenza " - almeno secondo i teorici della soglia minima di produzione per poter rimanere sul mercato a lungo termine - di buona parte di questi. Che per stare in piedi - o stare in piedi meglio - sia necessario fare squadra pare essere di conseguenza una consapevolezza sempre più diffusa: qui in Friuli, giusto per citare un esempio che mi è vicino, si è recentemente arrivati alla costituzione dell'Associazione artigiani birrai Fvg, dopo un paio d'anni che se ne parlava. La domanda a questo punto è che forma assumerà questo fare squadra, al di là del dividere oneri e onori della partecipazione alle manifestazioni - come fatto recentemente e con successo a Friulidoc. Fare ordini in forma congiunta per le materie prime, se questo può portare ad ottenere prezzi migliori? Organizzarsi in maniera coordinata per la distribuzione, così da renderla più efficace? Certo chi l'associazione l'ha costituita le idee ce le avrà, e saprà esporle meglio di me; ma quello che personalmente auspicherei per i birrifici artigianali, come controparte della tendenza alla concentrazione da parte dei grandi gruppi, è di portare avanti una strategia comune dalla produzione al marketing - dal coordinarsi per le tempistiche del lancio delle nuove birre così da non danneggiarsi l'un l'altro, al "cedere" a prezzo onesto il proprio impianto diventato ormai troppo piccolo a chi invece è ancora di taglia più modesta, a campagne promozionali e di stampa comuni e affidate magari a professionisti. Certo non è facile, e non avendo mai gestito io un birrificio lascio la parola a chi invece lo fa ogni giorno (i commenti su questo spazio sono i benvenuti); ma se queste notizie di grandi acquisizioni saranno lo stimolo a dare forma strutturata a quella collaborazione che già si vede nel settore, il mondo della birra artigianale potrà auspicabilmente trarne beneficio.
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