Si sa che una delle doti dei cronisti è la velocità; e devo ammettere che stavolta su questo fronte ho lasciato a desiderare, dato quella di cui sto per parlare è una conoscenza che risale a Fa' la cosa giusta - la fiera del consumo critico, chi non sapesse di che cosa si tratta clicchi qui - gli scorsi 13, 14 e 15 marzo. Poco male comunque in questo caso, dato che il birrificio in questione è (fortunatamente) ancora in attività; e la bella stagione in arrivo potrebbe costiture un ottimo incentivo alla visita.
Trattasi infatti di un birrificio agricolo, La Stecciaia, adagiato sulle crete senesi a Rapolano Terme e nato da poco all'interno dell'azienda agricola Podere del Pereto: questo è stato la base perché l'agricoltore e mastro birraio Claudio D'Agnolo (nella foto) mettesse a frutto la sua lunga esperienza di homebrewer partendo dai cereali coltivati in azienda secondo il metodo biologico da quasi vent'anni, così che La Stecciaia può vantarsi di essere il primo birrificio agricolo ad ottenere la certificazione biologica in Toscana. Il nome stesso, del resto, vuol essere segno del legame con la terra: le "stecce", in quel di Siena, stanno ad indicare i resti della paglia piantati nel terreno dopo il taglio dei cereali.
Mastro Claudio ha - almeno per ora - tre birre all'attivo, ma tutte quante con la loro caratteristica peculiare che le lega al podere in cui nascono. Alla Farzotta, una ale dal colore quasi ramato e dagli aromi intensi di banana e pera, viene aggiunto il farro dicocco coltivato al Pereto: il risultato è una birra che in bocca è un tripudio di cereale, con sentori che vanno dalla crosta di pane al miele; e che riserva una sopresa nel finale, in cui il luppolo arriva in maniera inaspettata a bilanciare la dolcezza del corpo pur senza soverchiarla.
Ancor più peculiare è la Senatrice, una saison di ispirazione belga, con l'aggiunta di una particolare varietà di grano duro - la "Senatore Cappelli", da cui prende il nome: all'olfatto mi ha ricordato quasi una blanche, con la schiuma abbondante a racchiudere i profumi di chiodi di garofano, fiori e agrumi; in bocca e nel finale risulta però nettamente più secca e con toni speziati che Claudio ha spiegato essere dati dal lievito, per chiudere con quelli erbacei dei luppoli.
Da ultima ho provato la Mandarina B., ispirata alle Golden Ale, con l'aggiunta di avena e il tocco del dry hopping con la varietà di luppolo Mandarina Bavaria: luppolo che le dà non solo il nome ma anche le intense note agrumate che questo suggerisce, e che oltre ad essere ben presenti all'aroma ritornano soprattutto nel finale; lasciando un amaro acre ma assai dissentante, dopo i brevi tocchi di malto del corpo.
Nel bilancio finale, direi che non posso non spezzare una lancia a favore de La Stecciaia: non solo perché le birre sono di qualità - complice, oso credere, quella delle materie prime -, ma anche perché il mastro birraio è riuscito a dare il suo tocco di unicità partendo da queste ultime senza strafare. Un equilibrio che, come già più volte mi sono trovata a dire, non tutti riescono a raggiungere e mantenere.
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