E' di poche ore fa la notizia dell'annuncio del vincitore di Birraio dell'Anno 2020, titolo riconosciuto a Giovanni Faenza di Ritual Lab: non una sorpresa nella misura in cui era tra i più quotati della disfida, e in generale uno dei birrai più stimati in Italia (cosa che del resto si può dire anche degli altri candidati). Non posso (ahimé) dire di conoscere bene la sua produzione perché mi è di difficile reperibilità per ragioni geografiche, per cui non mi lancio in considerazioni in questo senso; mi limito dunque alle congratulazioni a lui e a tutti gli altri.
Qualche riflessione mi è sorta ascoltando le interviste ai birrai. In primo luogo è emersa per tutti una tendenza che già dalla scorsa primavera ha preso piede, ossia quella di utilizzare il tempo di lockdown o di aperture limitate per avviare progetti a lungo rimandati o elaborati ex novo (per quanto fare investimenti non sia facile in questo frangente) e che tra questi occupino un posto di rilievo, giocoforza, quelli relativi a bottaie e affini: aspettiamoci dunque un significativo incremento di barricate e più in generale birre da invecchiamento, di cui si è fatto di necessità virtù in tempi di pub chiusi o semichiusi. Certo si tratta di birre che presumono quantità più basse e costi più alti, nonché un tipo di pubblico più ristretto (per quanto meno di un tempo): per cui difficilmente potranno costituire la panacea nel far quadrare di nuovo i conti. In ogni caso promettono di essere un segnale di rilancio, e sarà interessante vedere quanti e quali tra questi progetti sopravviveranno anche oltre.In secondo luogo, mi ha colpito vedere tra i birrai intervistati notevoli differenze nella maniera in cui affrontano le difficoltà di questo momento nonché nell'entità delle difficoltà stesse. Se da un lato l'abruzzese Luigi Recchiuti di Opperbacco ha parlato di un calo del 24% nella produzione e di una situazione tutto sommato gestibile, Pietro Fontana e Matteo Bonfanti del Carrobiolo hanno invece affermato di essere poco sopra il 10% delle loro possibilità; e anche un nome blasonato come Marco Valeriani di Alder, pur non avendo dato numeri, ha tracciato un quadro che dell'ottimismo per il futuro evidenziato da Ritual Lab, Opperbacco e Mastino aveva ben poco. Mi ha dato da pensare come i due, se non più pessimisti, quantomeno dagli umori più bassi, siano lombardi: a conferma di come la pandemia abbia colpito duro in questa Regione non solo sotto il profilo dei contagi, ma anche economico e psicologico. Non dimentichiamo ad esempio che anche l'Abruzzo è stato zona rossa, ma per molto meno tempo e quindi con un impatto di minore entità: anche, ribadisco, sotto il profilo psicologico, sia per i produttori che per i consumatori. E credo che anche questo fattore peserà nel momento in cui - che sia il 2022 come pronosticano i più ottimisti, o il 2023 come sostengono altri - si ritornerà ad una parvenza di normalità e quindi a frequentare pub e affini ai ritmi pre-Covid.
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